San Giovanni Battista de La Salle e l’abito dei Fratelli delle Scuole Cristiane

don Marcello Stanzione

Giovanni Battista de La Salle (1651-1719) è il Fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane, laici consacrati con i voti all’insegnamento scolastico e alla catechesi dei fanciulli e dei giovani, nominato da Pio XII nel 1950 patrono universale degli Educatori cristiani. Il santo francese, del quale nel 2019 si celebrano i 300 anni dalla morte, era il primo di dieci figli, dei quali tre divennero sacerdoti e una religiosa. Dopo l’ordinazione sacerdotale conseguì il dottorato in teologia. La sua vita era avviata all’insegnamento accademico, ma una serie di coincidenze lo introdussero nell’ambiente della scuola per i ragazzi poveri, dove colse due realtà per lui importanti. Anzitutto, l’importanza di dare una formazione integrale a tutti i ragazzi, specialmente ai più poveri, e poi di preparare maestri all’altezza della loro missione, sia dal punto di vista intellettuale e pedagogico che sotto il profilo spirituale. Gradualmente tra mille difficoltà ed incomprensioni si fece strada in lui l’idea di formare una nuova congregazione di laici consacrati a Dio nell’apostolato dell’educazione scolastica. Trovò un gruppo di dodici maestri disposti a seguirlo in questa avventura e nacque il primo nucleo di “ Fratelli delle Scuole Cristiane” che istituirono le prime scuole popolari. Il santo educatore ebbe il coraggio di introdurre l’insegnamento usando la lingua corrente al posto del latino e, dopo le “piccole scuole” parrocchiali, fondò anche le scuole professionali, aperte a chi voleva imparare un mestiere. Per formare gli insegnanti fondò anche le scuole per i maestri, precorrendo di molto gli attuali istituti magistrali. Per venire incontro agli ex carcerati e ad altri disadattati sociali, creò le scuole di recupero e i corsi serali e domenicali. Il santo, patrono degli educatori, riguardo all’abito dei suoi religiosi così scrive sui motivi per cui vuole che i Fratelli delle Scuole Cristiane abbiano un loro abito religioso specifico nel suo “ Memoriale sull’abito” affermando: “ Motivi che hanno portato alla scelta di un abito singolare e che possono consigliare a conservarlo. Nelle Comunità, i cui membri non hanno nulla in proprio e che conducono una vita uniforme in tutto come avviene in quella delle Scuole Cristiane l’abito è singolare al momento dell’inizio o può diventarlo  in seguito. Se si vuole il bene della Comunità, sembra molto opportuno che l’abito sia singolare all’inizio, anziché in seguito perché cambiarlo in seguito non è poi tanto facile e anche perché questo abito, singolare fin dall’inizio, elimina ogni motivo di seguire la moda e di vestirsi secondo il gusto della gente di mondo.  I soggetti di questa Comunità sono, nella maggioranza, senza eleganza, senza pretese e senza un’elevata formazione intellettuale; di solito, inoltre, si lasciano guidare solo da ciò che fa impressione. Bisogna che qualcosa li impressioni per convincerli che fanno parte di una Comunità: sia per entrarvi che per rimanervi e far loro osservare le Regole. Nulla aiuta più efficacemente a conseguire questo risultato, quanto un abito singolare che è tipo di una Comunità e che è in uso sia ora che in futuro. M. Vincent pensava che un abito singolare e, in qualche modo, necessario a trattenere i soggetti nella loro congregazione. E’ evidente che questo principio ha maggiore importanza in una Comunità di persone i cui soggetti non hanno fatto gli studi classici. Questo abito singolare consente a quelli che entrano in Comunità di non angustiarsi più per sapere se la Comunità è stabile e fondata ( finanziariamente) o no. Questo abito singolare consente anche ai sacerdoti di considerare i soggetti di questa Comunità come persone che si sono allontanate e ritirate dal mondo. E’ molto opportuno che abbiamo questa opinione di loro; così i Fratelli saranno più attenti a non  frequentare la gente di mondo, a non ricercarne troppo frequentemente la compagnia e, comunque, a sapersi controllare meglio. Prima che questo abito singolare esistesse, quando si parlava di osservanza regolare, molti affermavano di non sentirsi obbligati a osservare le Regole, più di quanto non lo fossero le persone del mondo, perché nulla, finora, li distingueva da essi. Ricevuto questo abito singolare, ogni difficoltà in proposito svaniva, perché ognuno si considerava ora una persona di Comunità. Prima che venisse adottato questo abito singolare, si entrava in Comunità come si andava da un qualsiasi direttore di scuola  che trattava i maestri alla stregua dei suoi domestici. Allora non esisteva neanche l’idea di Comunità. . diversi vi entravano per ricevere una certa formazione e lavorare poi indipendentemente. Altri chiedevano un salario, altri ancora pensavano che la Comunità doveva essere molto riconoscente se si accontentavano di accettare il genere di vita e l’abito. Una volta assunto questo abito, nessuno ha più messo in dubbio che, chiedendo di far parte della Comunità, potessero avere altre idee oltre a quella di restarvi per il resto della vita. Non si pensava neanche lontanamente a chiedere un salario; tutti si consideravano fortunati di esservi stati accolti. E’ stato senz’altro l’abito a produrre questi risultati. Prima che esistesse l’abito, molti abbandonavano la Comunità, portandosi via quello che era dato loro. Attualmente l’abito aiuta i Fratelli a non cedere a questa tentazione. Alcuni, infatti, hanno poi confessato di essere stati, più di una volta, sul punto di andarsene, e l’avrebbero sicuramente fatto se non fosse stato questo abito a trattenerli. Inconveniente che potrebbe causare l’abito ecclesiastico. Non è proprio il caso di dare un abito esclusivamente ecclesiastico ai laici che non hanno fatto studi ( teologici) e che non li faranno mai; che non possono portare la cotta, né compiere alcuna funzione in chiesa, come avviene a quelli della Comunità delle Scuole Cristiane. Non è credibile che i Signori Vescovi, che hanno o avranno questi Fratelli nelle loro diocesi, accetteranno o permetteranno che persone di tal genere indossino l’abito ecclesiastico. Né si può immaginare cosa potrà ragionevolmente replicare chi è a capo di questa Comunità, quando gli verrà chiesto perché si è creduto autorizzato a dare e a permettere di portare l’abito ecclesiastico a persone che ecclesiastici non sono. Quali ragioni potrebbero addurre per giustificarsi? Si era pensato di far loro ricevere la tonsura, ma diverse persone tra le quali M. Baudrand non furono d’accordo. Risulta anche difficile credere che i Signori Vescovi siano propensi ad ammettere alla tonsura persone che non possono né potranno mai iniziare regolarmente i loro studi, né esercitare alcuna funzione in chiesa. Eppure è proprio questo che si richiede ai membri di questa Comunità. E’ dunque molto importante che sia l’abito a distinguerli dagli ecclesiastici. Vanno ogni giorno nella parrocchia, perché di solito le loro scuole sono nelle vicinanze di esse; vi conducono i ragazzi per farli assistere alla santa Messa e al servizio divino. I signori parroci non li accetteranno mai con i loro lunghi mantelli, li obbligheranno anzi a indossare la cotta, se ne serviranno nelle funzioni ecclesiastiche, almeno quando la necessità ve li costringerà. Questa necessità potrà presentarsi con una certa frequenza, perché molte parrocchie cittadine hanno pochi ecclesiastici: spesso c’è solo il parroco che, al massimo, ha con sé un viceparroco. I maestri si considererebbero onorati di indossare la cotta in chiesa, di stare con il clero e di esercitare le funzioni proprie degli ecclesiastici. E così trascurerebbero facilmente l’assistenza ai ragazzi in chiesa che, fin dei conti, deve essere l’unico motivo che li spinge, anche se come è risaputo è molto penoso per la natura. Quanto ho fin qui detto è confermato dall’esperienza di Saint-Jacques, di Laon e di Chateau-Porcin. Se i Fratelli di questa Comunità indossassero l’abito  ecclesiastico, potrebbero facilmente credere alla tentazione di studiare, di ricevere la tonsura e gli ordini minori e trovare, così, una sistemazione in parrocchia. Si legherebbero facilmente e stringerebbero rapporti con i signori parroci e con altri ecclesiastici, trovandosi quotidianamente in mezzo ad essi; questa frequenza troppo libera potrebbe provocare molte tentazioni contro la vocazione e cedimenti nell’adempimento dei doveri professionali. Il mantello lungo sarebbe dunque d’impaccio nell’adempimento di questi doveri. Indossando questo abito non potrebbero muoversi in mezzo ai ragazzi: a metterli bene in fila e a farli procedere bene ordinati quando li accompagnano in chiesa o mentre vi sono. Ci si è resi conto, inoltre, che con questi abiti addosso, potrebbe capitare di far cadere da una parte o dall’altra molti di quei bambini, proprio mentre cercano di metterli in fila. in molte città le scuole si trovano in quartieri diversi e i maestri sono obbligati a trascorrervi l’intera giornata: tre ore e mezza di mattina e altrettante di pomeriggio. In queste scuole, per proteggersi dal freddo invernale, i maestri avranno bisogno di abiti diversi da quelli che indossano ordinariamente. Un mantello lungo non darebbe loro alcun giovamento; il cappotto, invece, può servire come veste da camera, quando sono in classe”.