Senato e costi della politica: cosa cambierà col Referendum d’autunno?

I fautori del “SI” al referendum di ottobre (?) dicono abitualmente: “abbiamo abolito il Senato ed abbiamo abbassato i costi della politica”. Perchè prenderci in giro e non affrontare con onestà di intenti la realtà delle questioni? Con le modifiche costituzionali in proposta il Senato e tutte le strutture che gravitano intorno allo stesso (palazzi, dipendenti, autisti, con relativi costi di rappresentanza e di mantenimento, ecc. ecc.) restano intatti. I senatori scenderebbero a cento ma arriverebbero in qualche modo, più o meno discutibile, dalle Regioni e godrebbero anche di impunità parlamentare. Morale della favola: il Senato resta quasi intatto ed i cittadini vengono estromessi dal diritto più elementare cioè quello di scegliersi gli uomini più degni e rappresentativi. Una saggia soluzione era quella di lasciare intatto il Senato della Repubblica facendo eleggere direttamente dai cittadini i suoi componenti, attraverso i collegi uninominali, mediante i quali venivano inviati a Roma gli uomini migliori presenti sul territorio, buoni conoscitori delle esigenze delle locali popolazioni da cui trarre istanze e spinte innovative da proporre con intelligenza e lungimiranza in Senato. D’altro canto, i nostri padri costituenti a suo tempo ebbero consistenti ragioni storiche e pratiche per concepire una seconda assemblea legislativa – il Senato per l’appunto – che all’occorrenza avesse “compensato e contrastato” eventuali “atteggiamenti irresponsabili” da parte della Camera dei deputati, poco ispirati all’essenziale bene della Nazione. In quanto alla riduzione dei costi della politica – se questa era l’effettiva, genuina volontà degli attuali “manutentori” della Costituzione – bastava ridurre il numero complessivo di deputati e senatori dagli attuali 945 (630 + 315) ad un massimo di trecento. La produttività degli addetti e la qualità del lavoro legislativo probabilmente avrebbero registrato significativi miglioramenti e minori occasioni di pretestuosi contrasti. Il tutto a carico di cittadini allo stremo delle risorse, alle prese con l’attuale giungla legislativa, con l’insopportabile pressione fiscale e con una burocrazia astiosa e disincentivante.

Sàntolo Cannavale