Scomparso Catello Nastro, genius loci cultura cilentana

Giuseppe Lembo

Per scrivere, da amico dell’anima, della triste scomparsa a 75 anni di età del prof. Catello Nastro, un cilentano di Agropoli, pianto dalla città che lo ha visto protagonista di vita in tante occasioni culturalmente ed artisticamente importanti, ho preferito dedicargli questo mio iniziale pensiero al fine di ricordarne il ruolo da genius loci così come l’ha vissuto, esprimendosi ed esprimendo il meglio di se stesso. Il prof. Catello Nastro oltre ad amare il Cilento, amava fortemente l’umanità cilentana ed i simboli che l’hanno espressa nel corso del tempo. Catello Nastro, è stato il simbolo agropolese del “genius loci”, di un mondo che vivendolo, ha cercato di scoprire, scoprendo tutto quanto di magico era in esso contenuto. Ha avuto, soprattutto e prima di tutto, come maestro dell’emergente pensiero antropologico italiano, Ernesto de Martino che, con il suo pensiero a distanza, ha saggiamente guidato i “saggi” genius loci del Cilento popolare e contadino. La figura simbolo dell’etno-antropologia italiana era conosciuta ed amata dai tanti cilentani, come Catello Nastro, impegnati a scoprire il valore umano di un’anima popolare e contadina, purtroppo, assolutamente indifferente ai più. La guida di un maestro del pensiero etno-antropoligico italiano ha dato i suoi buoni frutti anche nel Cilento con i genius loci, impegnati, tra l’altro, a scoprire le condizioni umane dei tanti tartassati di sempre, interessandosi al sistema di vita della loro civiltà, non solo materiale, ma anche e soprattutto, dei valori fondanti in essa contenuti, come parte di un insieme umano da vivere, per meglio conoscerlo e capirlo nella sua identità, generando vita di insieme. A Catello Nastro, come in generale per il mondo italiano, de Martino, Annabella Rossi, Amalia Signorelli e lo stesso Marino Niola con Roberto De Simone e più oltre Tullio De Piscopo, piaceva conoscere tutto della gente cilentana; tanto, attraverso la loro condizione umana, attraverso il loro lavoro, attraverso l’insieme familiare, le tante espressioni della loro creatività, il loro stare insieme, compreso lo stare a tavola, i vecchi mestieri e le tante tradizioni sia religiose che della vita civile più in generale, con grande attenzione per i tre momenti (nascita, matrimonio e morte), di rilevante importanza per l’insieme umano di tutto il mondo popolare e contadino cilentano. I percorsi di vita dell’umanità cilentana hanno avuto antropologicamente la loro anima, tra l’altro narrante, proprio nei genius loci del Cilento, bravi come Catello Nastro, Peppino Stifani, Pietro Carbone ed altri, impegnati a recuperarne un mondo di insieme fatto di una sofferenza che produce umanità. Catello Nastro, partendo dal ruolo di educatore, è poi fortemente cresciuto nel suo ruolo di etno-antropologo, scoprendo attraverso le cose perdute, i documenti e le tante testimonianze ritrovate, percorsi di vita cilentana prossimi ad essere dimenticati, perché sempre più indifferenti al progressivo ed inarrestabile cambiamento di una società cilentana in divenire, con le sue crescenti e diffuse caratteristiche di un fare fluido che, così come teorizzato da Zygmunt Bauman, andava velocemente e sempre più, annullandosi anche nel Cilento, in un fluido sociale che, come altrove, cammin facendo, è andata compiacendosi di perdere i collegamenti con l’umanità del passato, non fluido, ma in carne ed ossa, dove anche le sole testimonianze sono importanti storie di vita vissuta; sono la nostra storia a cui il presente ed ancor più il futuro, proprio non possono rinunciare, se vogliono diventare futuro. Tanto, hanno fatto i genius loci del Cilento; tanto, ha fatto per decenni anche Catello Nastro che si è calato nelle diverse realtà cilentane scavando, raccogliendo, mettendo insieme materiali e testimonianze, sottraendo così alla dimenticanza del tempo ed all’indifferenza della gente, sempre più fortemente presa dai simboli di un mondo nuovo e smaniosamente impegnata a liberarsi del passato, tra l’altro, simbolo di sofferenze diffuse e di umanità negata. Le cose vecchie, le tante testimonianze, oggi anche per il forte impegno di Catello Nastro, sono gli archivi della memoria cilentana; tanto, con ambienti-sacrari di un passato che, sarebbe oltre che un errore, un vero e proprio delitto cancellare, negando così al futuro le radici di un mondo che deve essere necessariamente conosciuto anche da quelli che verranno. Molti di questi materiali sono oggi custoditi nel mondo incantato delle “cose inutili”, costruito con grande amore da Catello Nastro, come angolo della memoria cilentana assolutamente da conservare al futuro. Tanto, serve come non mai al Cilento; tanto, abbiamo, tra l’altro, ereditato dalle cose fatte per il Cilento da Catello Nastro; tanto, è necessario per tenere vivo anche sui nostri territori, quel filo sottile che unisce il passato al presente per poi diventare futuro. Anche le “cose inutili” raccolte e conservate da Catello Nastro, sono parte del nostro futuro.  Nel suo piccolo angolo della sua CASA MUSEO, oltre alle tante interessanti e sempre vive cose, circondate dal fascino di musiche dell’anima, con i sigilli della carboneria, ci sono documenti importanti della Rivolta del Cilento del 1828 e del 1848; molte le riproduzioni di ritratti di martiri e patrioti del territorio cilentano. A 75 anni Catello Nastro ci ha lasciati; solo qualche anno fa andava dicendo, ricordandolo a tutti, di essere come professore un pensionato della scuola, ma non della vita attivamente vissuta in una molteplicità di ruoli (scrittore, giornalista, critico d’arte, poeta, esperto di mobili antichi e delle tante cose vecchie cilentane). Soprattutto, a queste che, oggi fanno parte dell’archivio della memoria cilentana, Catello Nastro ha saputo dare un’anima; la sua anima che non morirà mai. Catello Nastro poeta, scriveva affidando ai suoi versi il suo mondo con alla base tanta sofferenza dell’anima, parte viva del suo intimo di poeta. Non si preoccupava, scrivendo e/o poetando dei suoi lettori. Andava spesso, convintamente ripetendo che era “meglio un poeta senza lettori che un popolo senza poeti”. Voglio, concludendo, ricordare una sua Mostra sulla civiltà del Cilento del 2008 ad Agropoli, nel suo studio di Arte e cultura, oggi un luogo della memoria, ricco delle “cose inutili” tanto care a Catello Nastro, illuminato padre fondatore di questi luoghi incantati e carichi di saperi. Gli oggetti simbolo della Rivolta, tanto cari a Catello Nastro, esposti in quella importante rassegna erano due; un ceppo da carcerato ed un fucile a pietra focaia, detto a trombone, risalente alla fine del Settecento. Caro Catello ho tralasciato i tuoi 41 libri e le tante altre cose del tuo mondo.