Vallo di Diano: Grotta, Briganti e Cacio ed il ritorno dei “piemontesi”?

“Grotta, Briganti e Cacio”, l’evento rivelazione dell’estate 2015, non solo del Vallo di Diano, ma dell’intero Sud, provoca il ritorno dei “piemontesi”.La storia, non quella dei libri di scuola, ci ha insegnato che l’Unità d’Italia è stata ottenuta a suon di saccheggi e violenze, fisiche e morali, dai piemontesi ai danni di tanti uomini, donne e bambini, del nostro amato Sud, che volevano semplicemente evidenziare il senso d’appartenenza, salvaguardare le proprie terre e la propria libertà. Questi sentimenti, questo senso d’appartenenza sono la linfa vitale del progetto, evidenziato, e non nostalgicamente, attraverso lo spettacolo “La Ballata del Brigante”, scritto e diretto dal Maestro Enzo D’Arco. Purtroppo, l’inciviltà, la poca Cultura e l’invidia, sono il male del nostro Territorio. Già nei mesi scorsi, siamo stati costretti a registrare atti di vandalismo nei nostri confronti. Nei giorni seguenti alle prime repliche di giugno, ignoti, o per meglio dire ignoranti, persone che ignorano la civiltà, hanno divelto e rubato pali di legno che servivano a sorreggere i fari per lo spettacolo, balle di paglia e quant’altro. La stessa cosa si è ripetuta dopo le repliche di luglio e domenica scorsa ci siamo accorti che, sono stati rubati i caciocavalli messi a stagionare nella grotta in zona Vallicelli del Monte Cervati. I formaggi erano protetti da gabbie in acciaio e posti a circa sei metri d’altezza, ma nonostante questo, persone organizzate, dobbiamo supporre, non si sono lasciati intimorire. Ora non possiamo rimanere più in silenzio. Ora vogliamo urlare a tutti questo ulteriore segnale di degrado della nostra società. Ora ci vediamo costretti a pensare che i “piemontesi” li abbiamo in casa? In ogni modo, se pensano di intimorirci, questi ignoti ignoranti, se pensano di farci demordere, se pensano di averla avuta vinta e fatta franca, si sbagliano e di grosso. Il progetto “Grotta, Briganti e Cacio” così come lo spettacolo, vuole anche essere una provocazione positiva, nel senso, proviamo a sentirci briganti, ma senza armi, “briganti moderni” o meglio ancora, “armati” di sani ideali, di senso d’appartenenza, di orgoglio e proviamo, tutti insieme, a ripartire per affermare con forza: “Chesta è ‘a terra mia” e nessuno deve mai più umiliarla e noi non dobbiamo permettere a nessuno di poterlo fare, perché il Sud è uno spettacolo più unico che raro, nonostante qualche piccolo idiota.