Il Demagogo

Angelo Cennamo

Tra una scelta cattiva, il SI, ed una pessima, il NO, i greci hanno preferito la seconda. Il referendum di ieri segnerà probabilmente la storia di Atene e di tutta l’Europa. In quale direzione, lo scopriremo solo vivendo: da oggi, infatti, si naviga a vista verso l’ignoto, con il premier Tsipras nei panni di un improbabile Ulisse, che riesce a resistere, forse, alle sirene di Bruxelles, ma che difficilmente farà ritorno nella sua Itaca da vincitore, come fece l’eroe della mitologia omerica. La Grecia quasi sicuramente non resterà nell’euro e lo spettro di una nazionalizzazione generale dei pochi siti produttivi rimasti nel Paese prende sempre più corpo. Questa domenica di luglio la ricorderemo come una straordinaria prova di partecipazione, ne siamo certi, ma il voto è stato caricato di simbolismi eccessivi e fuorvianti: da un lato la raffigurazione grottesca del capitalismo feroce delle banche e della tecnocrazia germanocentrica – come se le colpe dell’arretramento e dell’impoverimento ellenico fossero tutte riconducibili al rigore della Merkel o al dirigismo di Juncker –  dall’altro la dignità di un popolo che invoca giustamente democrazia e libertà dopo aver perso tutto, ma per ragioni troppo spesso taciute. Il quesito indicato sulla scheda quanto di più demagogico e fasullo si potesse immaginare: “Siete d’accordo con le misure di austerità che i creditori europei vogliono imporci?”. Scontata la risposta. L’euforia della folla festante in piazza Syntagma, mescolata a qualche comunista nostrano e alle immagini di Che Guevara, ci mostra un popolo stordito dalla grande illusione che i problemi si possano cancellare di colpo, con un tratto di penna e con le  promesse roboanti del demagogo di turno. Ma nascondere la polvere sotto al tappeto e girare la testa dall’altra parte, servirà a poco. Finita la sbornia, tutto sarà come prima, se non peggio di prima. Chi finanzierà da oggi la Grecia? E a quale costo? Ce lo dica, l’Ulisse di Syriza. foto infooggi.it