Il califfo sotto casa

Angelo Cennamo

Quando la compianta Oriana Fallaci denunciava la mollezza dell’Occidente di fronte alla crudeltà dell’integralismo islamico, e la sudditanza ossequiosa dell’Europa – luogo oramai desertificato di ogni valore o radice spirituale –  nei confronti della dilagante cultura araba (Eurabia), erano trascorse poche ore dall’abbattimento delle torri gemelle di New York. L’editoriale apparso sulla prima pagina del Corriere della sera l’indomani di quel vile attentato lo ricordiamo tutti. Era intitolato: “La rabbia e l’orgoglio” proprio come il best seller che di lì a poco la scrittrice fiorentina avrebbe dato alle stampe per sfogare i sentimenti che milioni di lettori in tutto il mondo hanno condiviso con lei per quella barbara sequela di orrori. Da quell’11 Settembre di acqua sotto i ponti ne è passata; guerre, missioni di pace – vere o fasulle – nuovi attentati. Ma soprattutto la nascita di un nuovo fenomeno e cioè : la statualizzazione del terrorismo islamico. Con il califfato, infatti, il terrorismo ha smesso di colpire in ordine sparso e si è fatto un suo Stato, con leggi proprie, confini ed armamenti. In principio era l’Isis – acronimo di Stato Islamico tra Siria e Irak . Oggi il cancro jihadista ha però allargato la sua giurisdizione estendendola fino alla Libia, Paese praticamente irriconoscibile dopo la caduta di Gheddafi, essendo  governato ( si fa per dire) da oltre due anni da centinaia di tribù e da altrettante bande armate. E dalla Libia, che dista da Lampedusa appena 300 km, questo mostro di ferocia minaccia Roma, il suo governo ed il Papa. Non ci dilungheremo ora sull’opportunità o meno di esserci fatti trascinare dalla Francia di Sarkozy nella sciagurata guerra contro Gheddafi – dittatore sì ma in quanto Rais,  capace di governare un comprensorio sconfinato di piccole organizzazioni tribali arginando il pericolo jihadista e frenando, negli ultimi anni, i flussi migratori verso l’Europa. Ci sia solo consentito abbandonarci ad una breve riflessione sul declino di una civiltà, la nostra, dall’identità più che sbiadita e completamente annichilita per suo stesso volere. E sulla condizione rovinosa di un’Europa, inerme e silente di fronte a qualunque tragedia (l’ultima la rinnovata e vergognosa diaspora di cittadini ebrei che fuggono da Parigi  e da altre città del continente per bypassare un incredibile rigurgito antisemita sul quale in molti tacciano) che ha perso memoria di sé e che, in nome di una sorta di indefinita tolleranza autodistruttiva, non riesce neppure a difendere l’ultimo valore che le è rimasto: la libertà.