Europa: quale futuro?

Giuseppe Lembo

L’Europa, in paesi come l’Italia, in una condizione di crisi assolutamente irrisolvibile, ha smesso il ruolo creativo, scientifico e di lungo respiro; ha smesso, mettendo da parte il suo ricco patrimonio di saperi e di conoscenza, risorse importanti per il cammino dei popoli della Terra. Ha smesso non innovando, non creando, non attivando nuovi processi ideativi. Priva di spinta vitale, soprattutto l’Italia (ma non è la sola), è rimasta, ferma su se stessa, a gestire il presente, ormai privo delle energie necessarie al cambiamento ed allo sviluppo possibile. Decidendo di suicidarsi l’Europa, con l’Italia in testa, è rimasta ferma; è rimasta priva della spinta necessaria per produrre cambiamento e sviluppo. Da qui una forte crisi economico-sociale ed una crescente indifferenza per il futuro, non più considerato, vivendo ormai di solo presente. L’Italia dell’indifferenza per il futuro, è di fatto un Paese dal futuro negato. Quando si sveglia e si cala nella realtà, purtroppo sarà  troppo tardi per accorgersi dei suoi mali inguaribili; mali maturati nel tempo che hanno portato il Paese sull’orlo di un disastro ormai inevitabile, ma da tempo annunciato. È di oggi 7 agosto 2014, l’allarme recessione; con il PIL in calo è per il nostro Paese allarme rosso. Occorre cambiare e da subito; occorre individuare nuovi percorsi per uscire dalla crisi che, come un macigno, pesa sul futuro del Paese e non promette niente di buono al mondo dei giovani, sempre più dal futuro negato. Non è assolutamente un problema inventato, il solo frutto di un inopportuno allarmismo; l’Italia è realmente in crisi. Una forte crisi che rende tragicamente le condizioni italiane prive di prospettive di futuro; tanto, prima di tutto, per la grave crisi del mercato interno, a causa, tra l’altro, delle tante tasse da pagare e di una politica industriale senza senso, avvitata su se stessa, per cui senza concrete prospettive di sviluppo possibile. Troppo i formalismi; troppe le cose dette ma di fatto non fatte; troppi i decreti governativi solo annunciati e come tali, decreti di carta bugiarda formalmente approvati. C’è da non stare allegri; c’è da allarmarsi sul futuro italiano. Chi governerà il futuro italiano non ha davanti a sé un clima sereno. Tante, tante, sono le ombre visibili; bisogna far tornare al più presto il sereno e ridare quella fiducia necessaria per costruire insieme il futuro possibile. Il governo deve fare intelligentemente la sua parte; senza allarmismi o comportamenti confusi per il panico conseguente al pericolo del declino, con fermezza il Paese deve essere chiamato alla mobilitazione; ciascuno, per la sua parte, deve e da subito, fare il proprio dovere. In questa situazione di emergenza Italia, devono, prima di tutto, essere chiamate a responsabilità tutte le componenti della società italiana che, uscendo dal clima diffuso delle lagnanze, devono assumere nei confronti del Paese, impegni veri e di lunga durata, creando così un clima di convinta fiducia nel futuro possibile. In Italia la recessione oltre che tecnica è reale; è compagna di viaggio di gran parte delle famiglie italiane, per le quali è sempre più difficile campare ed anche credere nella speranza di un futuro possibile. All’annuncio recessione, con il PIL sempre più in affanno, la prima reazione del Premier Renzi, è stata quella del rilancio basato sulla strategia di 10 scelte per crescere. Con una lettera-programma inviata ai deputati ed ai senatori, ma di fatto indirizzata a tutti gli italiani, Matteo Renzi chiede un’adesione convinta al fare del Governo; chiede, altresì, una altrettanto attiva collaborazione sia individuale che collettiva. Tanto, per cambiare l’Italia; tanto per uscire dalla crisi e ridare la necessaria fiducia nel futuro al Paese, con un’Italia diversa; un’Italia più efficiente e competitiva per effetto delle riforme strutturali delle principali amministrazioni pubbliche del sistema Italia. È questa, l’unica strada per portarci fuori da una crisi che può spingere il Paese al declino; è l’unica strada, Renzi ne è convinto, per trasformare il Paese, avviando un nuovo corso, prima di tutto, nel rapporto cittadino/macchina politica. Tutto questo in mille giorni, un tempo utile per cambiare; un tempo che deve consentire una strategia globale per un’Italia rigenerata; per un’Italia nuova che non può assolutamente morire e che, con l’orgoglio dell’italianità, pretende ed a ragione un futuro possibile, con attivamente protagonisti, tutti, tutti gli italiani, attrezzati anche per i miracoli impossibili.

                                                                                                                     

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