San Luigi Guanella e gli angeli

don Marcello Stanzione

Il 24 ottobre la Chiesa festeggia la memoria liturgica di san Luigi Guanella. Il santo nacque a Campodolcino (Como) il 19 dicembre 1842 e morì a Como il 24 ottobre 1915. Ebbe una madre dolce e spirituale ed un padre severo e autoritario che per un periodo riveste anche una carica importante come sindaco del paese. L’Italia è ancora soggetta al governo austriaco, ma con l’unificazione conosce un valore che per secoli aveva solo sognato: Luigi è ormai adulto, ha studiato nel collegio Gallio di Como e ha seguito i seminari diocesani. I programmi teologici sono di scarso spessore, ma come è tradizione nelle terre del Lombardo – Veneto, sono importanti sugli aspetti pratici e pastorali e vogliono che la formazione cristiana si alimenti sulla fede della gente comune. Luigi studia e approfondisce i temi religiosi, si interessa di medicina, approfitta delle vacanze estive per tornare al suo paese e avvicinare bambini e anziani, per dare parole di conforto ai prigionieri rinchiusi nelle carceri. “Vicino alla gente”. Questo era il principio alla base dell’insegnamento ricevuto dal giovane Luigi che per tutta la vita sarà per tutti Don Guanella. Un principio cui lui  ne accosterà un altro, frutto del suo personalissimo percorso spirituale: “senza eccezioni”. La  sua poetica religiosa si basa sul concetto della paternità di Dio. Il fatto cioè che ogni aspetto della nostra vita non possa prescindere dal legame filiale che ci lega a chi ci ha creati al profondo, inscindibile rapporto che Dio stabilisce con ogni suo figlio, senza eccezioni appunto. Non esistono distinzioni sociali, di razza o nazionalità, non esistono idee politiche o religiose, migliori di altre. Esistono le persone che, in quanto tali, hanno bisogno di Dio e quindi, di chi agisce in suo nome. Alla parole dunque, che sapeva comunicare entusiasmo e coraggio, dovunque e sempre, accostò le opere di bene, le fondazioni di centri per accogliere derelitti e bisognosi. Secondo la linea guida di don Giovanni Bosco,, il grande educatore dei giovani, l’ideatore delle prime scuole professionali , dei primi laboratori, colui che raccolse attorno a sé un nucleo di giovani sempre più ampio per donargli lavoro e denaro. Egli lavorerà tre anni al suo fianco e guarda a quelle fasce che possono ancora essere recuperate e magari risultare utili socialmente; bambini e giovani, emarginati, ma anche ciechi, sordomuti, storpi. Le ossa più fragili dell’ossatura sociale, a che non si sono ancora spezzate. Principio questo, che gli deriva direttamente dallo sfondo culturale di provenienza: quelle delle Alpi Retiche, cui il suo paese natale appartiene, è una terra aspra, impervie, dove il lavoro manuale è tutto e senza di esso non sopravvive. Questo significa sacrificio, rinuncia, dolore, ma anche profonda tolleranza, perché la sofferenza insegna a saper godere di ciò che si ha. La sua opera culmina nella fondazione nel 1881 dei Servi della Carità e delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza: l’educazione religiosa dei giovani da una parte, quella morale e sociale dei suoi parrocchiano dall’altra. Ovunque venisse inviato era pronto a partire. Valtellina, Olmo, Pianello Lario, Savogno, mentre le sue due principali fondazioni, grazie al sostegno di Pio X e di collaboratrici come le sorelle Marcellina e Chiara Bosatta, potranno estendere la loro attività in svariate città italiane, senza contrare la Svizzera e gli Stati Uniti d’America. Qui si recò per assistere gli emigranti, poi lo ritroviamo in Calabria, a Messina , nella Marsica, a fianco dei terremotati, sempre con un piglio battagliero e sagace che già in passato gli aveva attirato contro non poche ostilità, facendolo finire  fra i soggetti pericolosi (“legge dei sospetti”). Le case da lui fondate hanno portato nel mondo un concetto di Dio Padre misericordioso, un “Dio che fa” e alla cui paternità bisogna affidarsi ciecamente, anche quando tutto sembra sottile e incomprensibile. Energia e tenacia, ma anche semplicità e contemplazione: accostamenti solo apparentemente in contrasto, perché frutto di un unico, ardente desiderio, quello di portare Dio dentro di sé e agli altri.

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