Sacralità non per boss!

di Rita Occidente Lupo

La religiosità, fenomeno popolare, che si tinge anche dell’ambiente. Ma permane comunque il culto o la venerazione, come elemento di rispetto alla sacralità. Le processioni, spesso momento d’aggregazione e di visibilità. Chi sfoggia l’abito alla moda, per far bella figura, impettito, come trionfante, dietro o davanti il simulacro. Ma c’è anche chi vive con fede tale momento penitenziale, affidando intenzioni e preghiere. L’episodio d’Oppido Mamertina, in occasione della processione della Vergine delle Grazie, altra miccia mediatica nella Chiesa. Durante il tragitto, i portatori avrebbero fatto sostare la statua presso la dimora di un boss, a capo della ‘ndrangheta, per circa 30 secondi. Le Forze dell’ordine, ritirate in buon ordine, dinanzi ad una siparietto fuori canovaccio. Alla luce anche della recente visita del Papa in Calabria, con sferzanti parole ai mafiosi, condannando corruzione ed invitando al pentimento, il gesto ha sollevato un mare di polemiche. Le autorità ecclesiastiche, sincerandosi dell’accaduto, interverranno in merito, anche se al momento, lo stesso vescovo ha palesato il proprio dissenso su tale atteggiamento. Il boss ultraottantenne, sotto accusa anche d’omicidio, personaggio noto che, a detta di Bergoglio, suscettibile di scomunica. Un dubbio generale: la motivazione della sosta. Occasione di pentimento per il reo?

2 pensieri su “Sacralità non per boss!

  1. Con questo mio intervento non voglio creare polemiche o accendere vecchi rancori.
    Basta con chi vuole speculare sul sangue, giovane, versato per valori oggi Dimenticati, Rinnegati, Traditi.
    Tuttavia senza la VERITA’ non c’è Giustizia e non ci sarà PACE.
    -7 Luglio 1972-
    Era il mese di giugno del 1972, da poco si erano chiuse le scuole e, mentre alcuni si erano rifugiati sulle spiagge giù al porto, fra le acque del lido i “ Savoia” e del “fico”, molti di noi si preparavano agli esami di stato o ai primi esami universitari.
    Insieme con noi c’era Carlo, che riusciva,con il suo modo di comportarsi concreto e leale, a fare gruppo.
    Non era un “capo”, era uno di noi, certamente il migliore tra noi.
    Condividevamo gli stessi ideali: l’Onore, la Famiglia, la Patria.
    Vivevamo un periodo Drammatico ed Esaltante.
    Per questi ideali, durante l’anno scolastico, più volte ci eravamo confrontati e scontrati contro altri giovani che, con le loro bandiere rosse e al grido di “ Lenin, Stalin, Mao Tsè-tung, “ bramavano condurre l’Italia e l’Occidente Cristiano oltre quella “Cortina di Ferro” che rappresentava il confine invalicabile fra lo Spirito e la Materia.
    Quel lontano mese di giugno, era il culmine di un anno di lotte politiche e, a Salerno, si festeggiavano le prime vittorie elettorali dell’allora neonata Destra Nazionale.
    Si pensò ad un’affissione massiccia di manifesti per le strade della città; ma non c’era denaro e come sempre i giovani del Fronte della Gioventù si offrirono per tale incarico.
    Furono formati alcuni gruppi per “coprire” meglio la città; si sapeva che il compito era difficile perché c’erano state delle scaramucce durante la giornata.
    Infatti un gruppo di studenti del F.d.G e del FUAN-Azione Universitaria, Carlo era con loro, che stavano affiggendo dei manifesti nel quartiere di Torrione, nei pressi della Camera del Lavoro, si vide aggredito da un foltissimo gruppo di persone più che mature e solo l’intervento di un gruppo di camerati di Cava dei Tirreni, alcuni erano degli esperti in arti marziali, evitò il “peggio “ mettendo in fuga le “orde” degli aggressori. In quell’occasione solo un giovane studente fu ferito al volto.
    Eravamo tutti giovani e la sera ci ritrovavamo sul lungomare.
    I “comunisti “ si ritrovavano, solitamente, davanti al bar Nettuno mentre noi di “Destra” c’incontravamo tutte le sere davanti al bar Nazionale. Ci dividevano poche decine di metri ma per tutti, quelle due aiuole erano un limite invalicabile.
    Era stato sempre così, ma non in quelle sere e con quel clima di tensione.
    Un tardo pomeriggio, un foltissimo gruppo di giovani di sinistra fece un presidio davanti al bar Nettuno; la tensione era moto alta e si preferì momentaneamente lasciare il campo. Un giovane di “Destra”, inconsapevole del fatto, era solo sul lungomare: fu circondato e picchiato selvaggiamente e riportò una brutta ferita alla testa. In pochi minuti tutto il “mondo giovanile di Destra” seppe dell’aggressione e si ritrovò in via Diaz (la sede del F.d.G.). Eravamo indignati e si voleva dare una risposta a quella vile aggressione, ma i dirigenti del Fronte riuscirono a calmare gli animi.
    Sembrava che l’episodio fosse finito così ma un gruppetto di giovani camerati (sei o sette) non volle sentire ragioni. Si allontanarono e non ebbero remore ad aggredire un numero tanto elevato (80-100) di avversari. Seguì uno scontro furibondo che fortunatamente non portò gravi conseguenze, un paio di rossi all’ospedale con qualche ammaccatura e qualche punto di sutura, i suppellettili del bar Nettuno (tavolini,sedie ed ombrelloni) distrutti.
    Carlo era fra quelli che sempre cercava di trovare delle risposte politiche alle aggressioni che erano perpetrate nei nostri confronti: non era un vile, ci diceva che dovevamo rispondere in modo politico alle prepotenze, denunciando all’opinione pubblica ogni provocazione e noi lo ascoltavamo perché sapevamo che non ci avrebbe mai lasciato soli nel pericolo.
    Quella sera di Luglio, infatti, quando stava rincasando, il suo amico fu aggredito e ferito a colpi di pugnale ed egli non esitò a frapporsi fra lui e i suoi aggressori, salvò il suo amico, lui ricevette due pugnalate al cuore e morì.
    L’avrebbe fatto per tutti noi. Chissà se noi l’avremmo fatto per Lui.
    Dopo trent’anni, questo è il ricordo che ho di Carlo Falvella.
    Un ragazzo normale che in un momento particolare si è comportato da Eroe.
    in bocca al lupo

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