Salerno: Figli delle Chiancarelle vittoriosi contro box Piazza Cavour

Il Lungomare è salvo, piazza Cavour anche. Dopo due anni di battaglie legali il Tar da’ ragione ai Figli delle chiancarelle, costituitisi in giudizio ad opponendum con l’avvocato Gaetano D’Emma, e respinge il ricorso dei privati che volevano realizzare un’autorimessa in una delle piazza più caratteristiche e storiche della città. Il tutto iniziò quando i Fdc scoprirono che la carta dei vincoli redatta del Comune non riportava il vincolo paesaggistico gravante sul Lungomare cittadino. Errore di colori? Forse. In ogni caso proprio quell’errore consentì al Comune di dare l’ok alla realizzazione dei box nella piazza antistante il Palazzo della Provincia, bucando parte del lungomare. Dopo infiniti tentativi da parte dell’amministrazione, attraverso innumerevoli conferenze dei servizi succedutesi in questi anni, dopo finte mobilitazioni di commercianti illuminati a sostegno del folle progetto di devastazione del Lungomare, il Tar di Salerno ha finalmente chiuso la questione.
Vincenzo De Luca ora stia sereno e se ne faccia una ragione; dopo aver distrutto la storica spiaggia di Santa Teresa non potrà continuare la sua opera di devastazione del Lungomare. Per “quattro sfessati davanti ad un pc” (in realtà gli “sfessati” sono di più: il gruppo facebook conta quasi 11 mila iscritti) è un risultato eccezionale. Di seguito il dispositivo del Tar Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 27 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Andreozzi Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria dell’A.T.I. “Andreozzi Costruzioni S.r.l. – Vittorio Forte Costruzioni Generali S.r.l. – Fenice Immobiliare S.r.l.”, rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Fortunato, con domicilio eletto in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, n. 31; contro

a) Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Salerno, al corso Vittorio Emanuele N.58; 
b) Comune di Salerno, in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Aniello Di Mauro e Alessandra Barone, con domicilio eletto in Salerno, alla via Roma, n. 36; e con l’intervento di ad opponendum: Associazione FDC, in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dall’avv. Gaetano D’Emma, con domicilio eletto in Salerno, alla via Roma, n. 16; per l’annullamento

a) del provvedimento di cui alla nota prot. n. 35686 del 19.12.2012, con il quale è stato reso parere contrario sul progetto volto alla realizzazione di un parcheggio completamente interrato nell’ambito dell’area di Piazza Cavour del Comune di Salerno;

b) del provvedimento di cui alla nota prot. n. 34752 del 13.12.2012, con il quale è stato “revocato in regime di autotutela” il parere favorevole precedentemente reso con nota prot. n. 2953 del 30.01.2012;

c) del verbale conclusivo della conferenza dei servizi n. 2 del 12.03.2013, con il quale il Comune di Salerno, preso atto del parere contrario reso dalla Soprintendenza, ha definito negativamente il procedimento di riesame disposto con ord. n. 38/2013 sul progetto volto alla realizzazione di un parcheggio completamente interrato nell’ambito dell’area di piazza Cavour del Comune di Salerno.

d) di tutti gli atti comunque presupposti, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita’ Culturali e di Comune di Salerno in Persona del Sindaco P.T.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con ricorso notificato in data 3 gennaio 2013 e depositato in pari data, la società Andreozzi Costruzioni s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria della costituenda associazione temporanea, premetteva che, dando seguito ad una proposta di iniziativa privata formulata ai sensi dell’art. 153, comma 19 d. lgs. n. 163/2006, il Comune di Salerno, ritenendone la meritevolezza all’esito di apposita istruttoria preliminare, aveva attivato l’iter per la realizzazione, con la procedura del project financing, di un parcheggio completamente interrato nell’ambito della locale Piazza Cavour, inserendo, con delibera di C.C. n. 18 del 25.07.2011, la relativa realizzazione nella programmazione triennale delle opere pubbliche ed attivando il procedimento volto alla individuazione del soggetto attuatore ed all’approvazione del progetto.

A tale ultimo fine, con provvedimento del 16.11.2011, era stata indetta apposita conferenza di servizi, ai sensi degli artt. 58 D.P.R. n. 207/2010 e 14 bis L. n. 241/1990, cui aveva, come prescritto, preso parte, per quanto di competenza, la locale Soprintendenza.

A fronte di un primo parere contrario del 06.12.2011, la ricorrente, in data 12.12.2011, aveva proposto apposite modifiche progettuali, esaminate le quali la Soprintendenza, con nota del 19.12.2011: a) aveva espressamente dato atto che “i grafici allegati […]configura [ssero] delle soluzioni che in parte rimuov [ano] alcune delle obiezioni mosse”; b) si era dichiarata “disponibile ad esaminare più approfonditamente le proposte progettuali rielaborate nella ricerca della soluzione maggiormente compatibile con le particolari condizioni e peculiarità, non solo paesaggistiche, che l’area individuata rivest [iva]”.

Tale maggiore approfondimento era stato, di fatto, effettuato in occasione della seduta di conferenza dei servizi del 20.12.2011, nel corso della quale il soggetto delegato: a) aveva depositato il parere reso dal Soprintendente, il quale confermava che le modifiche apportate al progetto rimuovevano le obiezioni sollevate, superando di fatto il parere negativo precedentemente reso; b) aveva, tuttavia, richiesto ulteriori modifiche ai fini di un ottimale inserimento dell’opera nell’area in questione, in quanto dichiaratamente assoggettata a vincolo.

Tali modifiche venivano, a dire di parte ricorrente, soddisfatte mercè la predisposizione di nuovi elaborati progettuali, depositati in data 03.01.2012.

Per l’effetto, in data 17.01.2012, si era tenuta un’ulteriore seduta di conferenza di servizi, in occasione della quale era stata acquista la nota della Soprintendenza Regionale, con la quale si era dato atto che “per quanto riguarda [va] la competenza paesaggistica, si rimanda[va] alla nota nel merito della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici Territoriale prot. n. 32656 del 19.12.2011”, già citata. Attesa la necessità di acquisire il parere definitivo della locale Soprintendenza, veniva quindi fissata per il 30.01.2012 la seduta conclusiva dei lavori. Il suddetto parere, di tenore positivo, veniva, quindi, reso in data 30.01.2012. Acquisiti, per tal via, tutti i prescritti pareri, in data 30.01.2012 veniva definito l’attivato procedimento di conferenza di servizi, con l’approvazione del proposto progetto preliminare, successivamente posto, ai sensi dell’art. 153, comma 19 del D. Lgs. n. 163/2006, a gara, all’esito della quale la ricorrente era risultata aggiudicataria.

Sennonché, in seguito all’aggiudicazione, la Soprintendenza, con nota del 26.10.2012, aveva ritenuto: a) di dover precisare che il rammentato parere fosse da ritenersi reso ex art. 45 D.lgs. n. 42/2004, ovvero ai fini di un dichiarato vincolo culturale indiretto; b) di dover perciò, su tale formalizzato presupposto, invitare l’Amministrazione Comunale ad attivare il procedimento di cui all’art. 146 D. Lgs. n. 42/2004, ai fini dell’acquisizione del (distinto) parere paesaggistico.

A riscontro della nota, l’Amministrazione Comunale attivava, perciò, il procedimento ex art. 146, sottoponendo il progetto all’esame della Commissione locale per il paesaggio, la quale, per parte sua, aveva dato atto (con verbale del 14.11.2012) della asserita totale irrilevanza del progetto ai fini paesaggistici.

Il suddetto parere era stato trasmesso alla Soprintendenza con nota del 20.11.2012, ai fini dell’acquisizione del parere ex art. 146, comma 5.

Nel contempo, con atto del 26.11.2012, la stessa Amministrazione Comunale aveva convocato una nuova conferenza di servizi, ai sensi dell’art. 14 bis della L. n. 241/1990, in relazione alla quale la Soprintendenza: a) con provvedimento del 13.12.2012 aveva revocato, ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, il parere favorevole precedentemente reso; b) con successivo provvedimento del 19.12.2012 aveva espresso parere contrario ai fini paesaggistici, all’uopo valorizzando, nonostante il dissenso sul punto, la sussistenza in loco di un vincolo storico culturale.

2.- Avverso siffatta determinazione insorgeva, con l’epigrafato gravame, la società ricorrente, lamentando: a) l’erronea valorizzazione ad infringendum di un vincolo di fatto asseritamente insussistenze; b) la formale violazione del giusto procedimento, in ordine al parere contrario del 19.12.2012 non meno che al provvedimento di revoca del 13.12.2012; c) la manifesta erroneità, anche nel merito, delle determinazioni assunte.

2.1.- In dettaglio, criticamente assumeva che l’art. 142 del D. Lgs n. 42/2004, dopo aver individuato al comma 1 le “aree tutelate per legge”, al successivo comma 2 aveva introdotto delle ipotesi tipiche di esclusione, in quanto la disposizione di cui al comma 1 non avrebbe dovuto applicarsi alle aree che alla, data del 6 settembre 1985 (di entrata in vigore della L. n. 431/1985), erano: a) oricomprese in zona omogenea “A” e “B”; b) ovvero ricadenti nei centri edificati, perimetrati ai sensi dell’art. 18 della L. n. 865/71: ipotesi da riguardarsi quali alternative e, in ogni caso, entrambe ricorrenti nel caso di specie, essendo, per un verso, l’area oggetto del programmato intervento ricompresa nell’ambito del “centro storico” ovvero della zona omogenea “A”, come definita dal D.M. n. 1444/1968 e, per altro verso, comunque ricompresa (in forza della delibera di C.C. n. 230 del 13.10.1972) nel perimetro del centro edificato, come delimitato ai sensi dell’art. 18 della L. n. 865/1971.

Le riassunte ragioni critiche dimostravano, nell’assunto di parte ricorrente, l’erroneità dei presupposti di fatto da cui aveva preso le mosse il contestato parere negativo reso dalla Soprintendenza.

A tal fine precisava, del resto che, in diverso senso, non avrebbe potuto argomentarsi dal rilievo che, alla data del 06.09.1985, l’area in oggetto non fosse ancora formalmente definita zona omogenea “A” (avendo il Comune di Salerno fatto proprie le definizioni di cui al D.M. n. 1444/1968 solo con la variante di cui alla delibera di C.C. n. 71/1989), palesandosi, in tesi, l’indagine – e l’esclusione – di cui all’art. 142 comma 2 citato in termini di effettività e attualità;

Per giunta, sotto distinto e concorrente profilo, era pure da ritenersi a suo dire erroneo il contrario assunto, valorizzato dalla Soprintendenza, per cui l’area di Piazza Cavour fosse esterna alla perimetrazione del centro storico e/o del centro edificato, in quanto: a) essendo qualsiasi tessuto urbano (ivi compreso il centro storico e/o quello abitato) caratterizzato dall’alternarsi di aree libere ed aree edificate, sarebbe stato sbagliato ritenere che solo la porzione edificata facesse parte della relativa perimetrazione e/o del centro storico; b) che la mancata delimitazione grafica era, all’uopo, irrilevante, avendo del resto natura ricognitiva e non costitutiva (tanto più che, trattandosi di esclusione attinente al paesaggio e non alla disciplina urbanistica e/o edilizia, la sussistenza del vincolo dipendeva dalla legge e non da una attività di pianificazione locale); c) che, in ogni caso, la delibera 71/1989, volta al mero adeguamento agli standard di cui al D.M. 1444/68, si era limitata a recepire l’attuale stato di fatto, perimetrando le zone omogenee come da sempre consolidate in mera applicazione dei rigidi criteri di cui al predetto D . M..

Per le esposte ragioni, in definitiva, l’area per cui è causa avrebbe dovuto considerarsi – con le esposte conseguenze in tema di insussistenza del presto vincolo – parte integrante del centro storico non meno che del centro edificato: ciò che – per giunta – la Soprintendenza locale aveva, su espressa richiesta e sollecitazione della Soprintendenza regionale, formalmente riconosciuto.

2.2. Con distinte doglianze, lamentava ancora:

a) la pretermissione degli obblighi partecipativi di cui all’art. 10 bis della l. n. 241/1990;

b) la violazione delle modalità procedurali scolpite all’art. 14 bis della l. n. 241/1990, avuto segnatamente riguardo alla circostanza che oggetto della (prescritta ed obbligatoria) conferenza di servizi non sarebbe stato il mero esame del progetto in quanto tale, ma la individuazione delle soluzioni per addivenire alla relativa approvazione, individuazione normativamente obbligatoria in quanto preordinata al prospettico superamento di ogni possibile attività ostruzionistica in re, ostando, perciò, ad un mero atto di diniego;

c) la violazione del paradigma normativo di riferimento, trattandosi di attività sostanzialmente già assentita dalla stessa Soprintendenza all’esito del sollecitato adeguamento progettuale, e contraddittoriamente ricusata in progresso di tempo: e ciò tanto più che – trattandosi di parcheggio completamente interrato – era da escludersi qualunque negativo impatto o rilevanza ai fini paesaggistici;

d) l’ulteriore violazione di legge, argomentata in forza dell’erronea postulazione di un insussistente vincolo storico;

e) l’ulteriore violazione degli artt. 7 ss. della l. n. 241/1990 (quanto alla difettosa attivazione del contraddittorio procedimentale) e dell’art. 21 quinquies l. n. 241/1990 (quanto alla denunziata pretermissione delle modalità formali e sostanziali per l’adozione della determinazione revocatoria in ordine all’assunto parere).

3.- Si costituivano in giudizio sia il Comune di Salerno (che argomentava a pro del ricorrente) sia il Ministero intimato, che difendeva l’operato della Sopritendenza ed auspicava la complessiva reiezione del gravame.

Interniva ad opponendum l’associazione FDC.

4.- Nel rituale contraddittorio delle parti, alla camera di consiglio del 24 gennaio 2013, a favorevole definizione della incidentale fase cautelare, il Collegio disponeva, in prospettiva propulsiva, la riattivazione, su impulso dell’Amministrazione comunale, di nuova conferenza di servizi preliminare ex art. 14 bis l. n. 241/1990, nella quale la Soprintendenza – nell’effettivo contraddittorio con le parti – si pronunziasse in ordine alla contestata esistenza e natura del vincolo, esponendo in guisa motivata le ragioni del proprio eventuale dissenso in ordine alla fattibilità del progetto, formulando, se del caso, le condizioni per il suo superamento.

5.- Con motivi aggiunti notificati in data 28.03.2013, la ricorrente impugnava il verbale di conferenza di servizi n. 2 del 12.03.2013 con il quale il Comune di Salerno, preso atto del n uovo parere contrario reso dalla Soprintendenza, aveva definito negativamente anche il procedimento di riesame disposto con la richiamata ordinanza cautelare.

A sostegno del gravame si doleva della mancata valutazione da parte dell’organo soprintendizio delle proposte formulate, volte al superamento dei rilievi opposti in sede di comunicazione dei motivi ostativi (nota prot. n. 4520 del 18.02.2013).

6.- Nelle more della discussione del merito, con D.D.R. n. 1609 del 01.02.2013, il Palazzo Sant’Agostino (adiacente l’area ove erano previsti i parcheggi interrati per cui è causa) veniva dichiarata di interesse storico-architettonico, ai sensi dell’art. 10, comma 1 del D.lgs n. 42/2004: ciò che induceva alla attivazione di apposito procedimento preordinato alla apposizione apposizione del vincolo indiretto ex art. 45 D. lgs n. 42/2004 sull’area antistante, oggetto, per l’appunto, del programmato intervento. A tal fine il Comune di Salerno, destinatario del prescritto avvio del procedimento, depositava articolate osservazioni, invitando la competente autorità ministeriale (nella specie, la Direzionale Regionale) a prendere atto del progetto nella sua determinazione conclusiva. In prossimità della seduta conclusiva della conferenza di servizi, con nota prot. n. 28483 del 16.10.2013, a Soprintendenza – che pure aveva, a dire di parte ricorrente, manifestato un apprezzamento di sostanziale compatibilità dell’intervento con il vincolo di cui si è detto – manifestava inopinate perplessità in ordine, per un verso, ai rischi per la sicurezza del Palazzo Sant’Agostino e, per altro verso, alla complessiva compatibilità dell’intervento, con particolare riferimento alle progettate rampe di accesso ai parcheggi. Sulle osservazioni della ricorrente sul punto, in data 18.10.2013 si era, quindi, tenuta la seduta conclusiva di conferenza di servizi, nella quale la Soprintendenza: a) aveva, da un lato, espresso parere favorevole ai fini paesaggistici; b) aveva, peraltro, espresso parere contrario “sotto l’aspetto meramente legato al vincolo indiretto di cui all’art. 45 del D.lgs n. 42/2004”, sull’assunto che poiché le rampe avrebbero prodotto “una sensibile riduzione dei valori culturali dell’area”. Acquisito tale nuovo parere contrario, all’Amministrazione Comunale non era rimasto altro che definire negativamente il procedimento.

7.- Avverso le nuove e riassunte determinazioni insorgeva, con ulteriori motivi aggiunti, la ricorrente, che ne prospettava, sotto plurimo rispetto, l’illegittimità e ne auspicava l’annullamento. Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2014, nel rituale contraddittorio delle parti – che depositavano hic et inde memorie, repliche ed elaborati peritali di parte – la causa, sulle reiterate conclusioni dei difensori, veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso non è fondato e deve essere respinto.

La articolata narrativa che precede conferma che la materia del contendere può considerarsi ridotta alla doglianze formulate, con i secondi motivi aggiunti, avverso l’ultimativo esito della conferenza dei servizi, con il quale la Soprintendenza ha formalizzato il parere contrario all’intervento progettuale per cui è causa sul valorizzato assunto che lo stesso (ed, in particolare, le previste rampe di accesso al parcheggio interrato) sarebbe in contrasto con il vincolo indiretto imposto con D.D.R. n. 1816 del 31.07.2013, di cui pure si è detto in narrativa, in quanto suscettibile di produrre “una sensibile riduzione dei valori culturali dell’area”, come tale incompatibile con la ratio del vincolo, giustappunto riconnessa al fine di “evitare che sia danneggiata la prospettiva e che siano alterate le condizioni di ambiente e decoro di palazzo Sant’Agostino.

Sul punto, la ricorrente deduce:

a) che, come del resto espressamente dichiarato dalla stessa Soprintendenza con nota prot. n. 28483 del 14.10.2013, l’intervento per cui è causa sarebbe “tale da non modificare le visuali di Palazzo Sant’Agostino per la protezione delle quali era stato emanato il D.D.R. n. 1816 del 31.07.2013”, essendo per tal via assolutamente conforme ai valori tutelati con il richiamato vincolo

b) che, peraltro (anche a voler ritenere che le prescrizioni de quibus finalizzate a tutelare non solo il bene immobile adiacente, ma anche l’area in quanto tale), l’assetto del lungomare di Salerno e la sua tradizionale e consolidata immagine non sarebbero affatto alterati dalla attuazione del progetto, senza dire che (come, di nuovo, riconosciuto dalla stessa Soprintendenza con nota prot. n. 28483 del 14.10.2013) “la regolamentazione del traffico veicolare prevista dal progetto unitamente all’eliminazione del parcheggio a raso [avrebbe consentito] una più idonea valorizzazione dello spazio architettonico”. In sostanza, l’Amministrazione avrebbe, di fatto, dato atto non solo della compatibilità del progetto con i valori tutelati, ma addirittura della relativa idoneità a migliorare l’attuale stato dei luoghi ovvero a “valorizza [re] lo spazio architettonico” dell’area: di guisa che la motivazione assunta a presupposto dell’impugnato parere contrario (alla cui stregua “sotto l’aspetto meramente legato al vincolo indiretto di cui al D.D.R. n. 1816/2013 perma [rrebbero] motivi ostativi al posizionamento delle rampe in quanto le stesse [produrrebbero] una sensibile riduzione dei valori culturali dell’area” – contrasterebbe apertamente con il giudizio favorevole più volte reso.

2.- L’assunto non può essere condiviso.

Come è noto, l’art. 45 del D.lgs n. 42/2004 (come già gli artt. 49 del D. lgs n. 490/99 e 21 della L. n. 1089/1939), consente al Ministero la “facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre nonne dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano applicate le condizioni di ambiente e di decoro”, per tal via legittimando la facoltà limitare, condizionare od inibire, ricorrendone le condizioni, interventi ricadenti su aree limitrofe ai beni immobili oggetto di precedente dichiarazione di notevole interesse ai sensi dell’art. 10, comma 1, al preordinato fine di offrire una tutela rafforzata al bene immobile riconosciuto di interesse storico-architettonico.

La statuizione vincolistica indiretta non scolpisce un limite di inedificabilità assoluta, ma impone solo il controllo della compatibilità di nuovi interventi con le esigenze poste a fondamento della statuizione protettiva, di guisa che, per comune e condivisibile intendimento, la valutazione in re della Soprintendenza deve essere limitata all’impatto sortito sulle ragioni del vincolo dal progettato intervento.

Naturalmente, secondo i principi generali, tale valutazione costituisce il frutto di un apprezzamento di merito, sindacabile – per la sua attinenza a valutazioni “soggettivamente pregnanti” e riconnesse alla tutela di valori lato sensu paesaggistici (cfr. art. 17 l. n. 241/1990) – solo ab extrinseco in presenza di elementi sintomatici di esercizio funzionale del potere amministrativo, cioè a dire del difetto di motivazione, dell’illogicità manifesta e dell’errore di fatto (cfr., con riferimento all’atto di apposizione del vincolo ma con criterio estensibile ad ogni valutazione inerente alla sua “gestione”, Cons. Stato, sez. VI, 7 settembre 2006, n. 5167). Ciò posto, un attento esame degli atti di causa induce ad escludere che le valutazioni della Soprintendenza siano state, nella specie, contraddittorie, irragionevoli, travisate ovvero fondate su macroscopici errori di fatto. In effetti, nonostante la Soprintendenza avesse obiettivamente riconosciuto, in progresso di procedimento, elementi favorevoli del progetto, si era comunque premurata di evidenziare, da subito, la sua problematicità in relazione al rispetto del dispositivo di tutela di cui all’art. 1 comma 2 del D.D.R. 1816/2013, che consentiva esclusivamente: a) interventi di manutenzione dell’esistente o, al più, b) la realizzazione di “opere modeste che – non emergenti dagli attuali piani di calpestio della Piazza Cavour – non [fossero] comunque tali da pregiudicare la storica destinazione di giardino sul mare ovvero da impedire e/o comunque condizionare l’impianto del verde […]”. Nel corso delle varie sedute della conferenza di servizi, i ridetti motivi ostativi (rispetto ai quali il proponente ha, in ogni caso, provveduto a progressive e parziali modifiche progettuali) sono stati sempre e coerentemente ribaditi e reiterati. In particolare, con il parere di cui alla nota n. 28483 del 16.10.2013, siffatti elementi di criticità in ordine alla tutela del sito venivano sintetizzati nel senso che:

a) per quanto atteneva agli gli aspetti paesaggistici, non risultavano, in effetti, modificati i luoghi in modo tale da variare l’attuale assetto del lungomare di Salerno tutelato per legge ai sensi dell’art. 142 comma 1 lettera a) del D. Lvo 42/2004 (in quanto le opere programmate risultavano condivisibilmente tutte ubicate al di sotto del piano stradale; erano state sensibilmente ridotte, contro la prima stesura progettuale, le previste grate di aerazione; le rampe di accesso al parcheggio interrato erano state traslate ai limiti della piazza in modo da incrementare l’area pedonale; il verde preesistente nella piazza era stato idoneamente salvaguardato ed anzi addirittura migliorato, in guisa da lasciare, per l’appunto, inalterata l’immagine consolidata del tratto di lungomare salernitano): e – nondimeno – la realizzazione delle due previste rampe “[avrebbe] comporta [to] comunque una riduzione dei tratti distintivi […] alla base della tutela paesaggistica dell’area”;

b) che, per quanto di attinenza agli aspetti architettonici, non venivano sì modificate le visuali del Palazzo Sant’Agostino e la regolamentazione del traffico veicolare prevista dal progetto (unitamente all’eliminazione dell’attuale parcheggio a raso) avrebbe sì consentito una più idonea valorizzazione dello spazio architettonico: epperò gli interventi previsti per la realizzazione del parcheggio avrebbero imposto “consistenti scavi nel sottosuolo” interessanti l’intera area fino alle strutture di fondazione del Palazzo Sant’Agostino, scavi e lavorazioni ritenute verisimilmente in grado di incidere negativamente sulla conservazione dello storico Palazzo (come comprovato dai cospicui danni, determinati dalle vibrazioni indotte dalle attrezzature di cantiere, di recente cagionati ad edifici sottoposti a tutela per effetto di interventi nel sottosuolo);

c) che, sotto distinto profilo, la realizzazione delle due rampe di accesso al sottosuolo avrebbe prodotto una “sensibile riduzione dei valori culturali che fanno dell’area un interessante esempio di giardino sul mare posto in adiacenza al Palazzo”;

d) che, in definitiva – alla luce delle esposte premesse ed avuto riguardo ai vincoli di cui all’evocato dispositivo di tutela – le opere progettate non avrebbero potuto considerarsi, per qualità e rilevanza, “di modesta entità”, essendo inoltre tali da pregiudicare la storica destinazione di “giardino sul mare” della Piazza Cavour. Il Collegio opina che i riassunti apprezzamenti – in quanto non fondati su fatti inesistenti o presupposti manifestamente erronei, non conseguenti a valutazioni irragionevoli, contraddittorie o sproporzionate ed affidati a coerente supporto giustificativo – siano tali da sottrarsi, in quanto espressivi di un merito tecnico riservato, alle prospettate censure di illegittimità. Né può negarsi che le stesse siano il frutto di una istruttoria complessa ed articolata, risultante dal continuo confronto dialogico tra le Amministrazioni competenti e le parti private.

3.- Ciò posto, parte ricorrente impugna, in via logicamente gradata, anche lo stesso D.D.R. n. 1816 del 31.07.2013, recante l’imposizione di vincolo indiretto ex art. 45 del D.lgs n. 42/2004, nella parte in cui ed ove mai lo stesso avesse inteso imporre, come ritenuto, prescrizioni non direttamente riconducibili alla tutela del bene immobile gravato da dichiarazione di vincolo diretto ovvero che potessero in qualsiasi modo inibire la realizzazione della programmata iniziativa. Assume, sul punto, che – giusta la ratio della norma attributiva del relativo potere – sarebbe per sé arbitraria l’apposizione di ogni limite qualora riferito non già al bene immobile principale, ma all’area oggetto del vincolo “in quanto tale” (ed, in particolare, in presenza di opere completamente “interrate”, per definizione insuscettibili di incidere su prospettiva, luce e decoro degli immobili vincolati).

4.- Il motivo è, per come formulato ed argomentato, destituito di fondamento, essendo evidente che, per sua stessa natura, il provvedimento di apposizione del vincolo indiretto è tale da legittimare, ove ne ricorrano le motivate condizioni e giustificazioni, anche un divieto di inedificabilità assoluta (da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 16 maggio 2013, n. 2656).

5.- Alla luce delle esposte considerazioni, il ricorso – così come integrato dai formulati motivi aggiunti – deve essere complessivamente respinto.

La complessità della materia e la articolata vicenda procedimentale suggeriscono e giustificano l’integrale compensazione delle spese e competenze di lite.

P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Amedeo Urbano, Presidente

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

Gianmario Palliggiano, Consigliere