Cilento sedotto ed abbandonato

Giuseppe Lembo

Per libera scelta da comunicatore autentico, avendomi ritagliato un ruolo di analista ed osservatore macrosistemico, da più tempo, ho deciso di non trattare problemi territorialmente definiti che riguardano la vita dei territori circoscritti. Ma, purtroppo, non sempre è possibile tacere; non sempre, è possibile fare finta di niente. Vivendo la realtà di un territorio minore, da cui si leva alto il grido di dolore, esco dal cuore della solitudine silenziosa e con forza, come si conviene, mi riprendo la voce libera, per parlare del mio Cilento, ridotto, purtroppo, a vivere condizioni tristemente disumane, dove la gente in silenzio, vive subendo; subendo la triste sorte degli ultimi a cui è assolutamente legittimo negare tutto, compreso il diritto alla salute, un diritto, come quello del lavoro costituzionalmente garantito dal nostro purtroppo sempre più tradito Stato di Diritto. Perché scrivere dei mali del Cilento, una concreta appendice dei tanti mali irrisolti del Sud che, col passare del tempo, si sono aggravati incancrenendosi ad un punto ormai senza ritorno? Perché il Cilento è la mia Terra; perché il Cilento, regione di una più vasta regione che si chiama Campania, non può più a lungo sopportare il peso di un abbandono degradante ormai senza ritorno che, prima di tutto, sta compromettendo le più generali condizioni antropiche, colpite in modo asfissiante da un malessere infinito da cui è assolutamente impossibile uscirne, date le condizioni di abbandono e degrado sempre più diffuse, sempre più coinvolgenti. Il Cilento deve svegliarsi; il Cilento fuori dagli incantatori del tutto va bene, deve rivendicare con forza ed a viva voce i suoi diritti; i suoi diritti individuali e di insieme sociale umanamente giusti, a garanzia di quello Stato di Diritto che è dell’insieme italiano, senza alcuna inopportuna discriminante di tipo antropico – territoriale.Il Sud non è, purtroppo, uniforme ed omogeneo; c’è un Sud nel Sud.

Al Sud del Sud dell’Italia appartiene il Cilento, una Terra, abbandonata a se stessa, nonostante il suo privilegio antico di essere “Terra dei miti”, “Terra dei saperi dell’essere”, “Terra del buon vivere”, in mondi vitali piccoli dove è bello vivere, “Terra della salute”, per prodotti della buona Terra, con caratteristiche organolettiche antiossidanti, un elisir di lunga vita.

Nonostante tutto questo, nonostante il suo paesaggio mozzafiato, nonostante le tante testimonianze di importante umanità con le rovine di Paestum, territorio simbolo di una religione antica ereditata da un presente che tende solo a cancellare e di Velia, territorio di saperi più che mai utili al presente, fortemente ammalato da un sempre più invasivo apparire che tanto male fa all’essere, nonostante tutto questo, le condizioni del Cilento sono da vero e proprio allarme rosso.

Come si può pensare di fare turismo con le tante strade rotte ed interrotte; con tanti paesi dell’interno cilentano assolutamente irraggiungibili e con un degrado umano e territoriale che ormai non interessa più nessuno? Come si può pensare al futuro se le nuove generazioni cilentane sono costrette per non morire ad abbandonare i territori dove sono nati, lasciando al loro triste destino i loro anziani genitori, rassegnati a vivere silenziosamente in attesa del riposo eterno in quei tanti piccoli cimiteri cilentani dalle sempre porte aperte e pronti ad accogliere quella gente non protagonista che ha vissuto fino alla fine con il Cilento nel cuore; con quel Cilento nel cuore, cantato e celebrato da Peppino Liuccio, un recidivo come lui stesso si definisce che non riesce a liberarsi del reato del suo grandissimo amore per il Cilento ed i cilentani, così come cantato in “Chesta è la Terra mia!” ed in tante altre raccolte poetiche dedicate al Cilento.

Nonostante tutto questo; nonostante l’universalità di Parmenide e di Zenone, nonostante la presenza di Gianbattista Vico che proprio nel Cilento ha scritto “La Scienza Nuova”, questa nobile Terra campana per un forte e sempre più attuale idiotismo antropico oggi più che mai soffre di abbandono; soffre di solitudine e di abbandono umano e territoriale; soffre di una sempre più crescente e diffusa condizione umana da ultimi degli ultimi. I cittadini cilentani da protagonisti e non più sudditi taculacapo devono riprendersi la scena e per non morire abbandonati a se stessi devono saper fare valere nelle cose importanti del loro vivere quei principi assolutamente essenziali che sono alla base dello Stato di Diritto del nostro Paese e qui in gran parte negati, rendendo disumanamente difficile il vivere nel territorio cilentano.

Nell’orizzonte dei tanti diritti negati alla gente cilentana, oltre al lavoro che non c’è, al diritto alla conoscenza, al comunicare autentico ed all’educazione – formazione, in primo piano c’è da evidenziare il sempre più cancellato diritto alla salute, un diritto che, per la smania di contenere la spesa, facendo di fatto crescere, come diceva Danilo Dolci, gli sprechi (Danilo Dolci “Spreco” – Einaudi 1960), viene sempre più negato dall’attuale ed inefficiente sistema sanitario regionale che pensa a tagliare sprecando senza minimamente preoccuparsi dei danni che vengono ai cittadini dai falsi tagli agli sprechi. Da sociologo negli anni ottanta lavorando alla programmazione regionale della sanità-salute campana, si pensava attraverso un forte lavoro di insieme ad un sistema regionale sanità – salute capace di garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini campani, compresi quelli del periferico Cilento.

Si pensava positivo; si pensava ad una sanità – salute per il cittadino agendo sul prevenire prima ancora che sul curare; si andava pensando ad una sanità – salute meno medicalizzata, meno ospedalizzata e meno consumatrice di farmaci – veleni.

Una sanità – salute più a dimensione umana; più territorialmente presente e partecipata; più ispirata ai saperi comunitari nella scuola e nel territorio, dove doveva esserci una condizione di garanzia per tutti i cittadini dello Stato di Diritto, senza discriminazioni in cittadini da serie A e  da serie B, realizzando in pieno e per tutti, il pieno soddisfacimento dei bisogni primari di ogni cittadino.

Ma così non è stato. Con l’inizio del nuovo secolo e del nuovo millennio in Campania come altrove il diritto alla sanità – salute è stato un diritto sempre più negato, confondendo la salute con un falso percorso di medicalizzazione ed ospedalizzazione inopportuna e sempre più disumana.

Per concludere, tornando al Cilento, con profondo rammarico devo riconoscere e denunciare con forza, le condizioni agonizzanti dell’attuale funzionamento del sistema campano di sanità – salute.

Tali condizioni nel Cilento sono tragiche, in quanto mettono in forse il diritto alla salute dei cittadini cilentani, fortemente discriminati in un contesto umano con alla base lo Stato di Diritto, purtroppo, come nel caso Cilento non garantito, ad un punto tale da diventare un vero e proprio diritto infamamente negato.