Jawohl, frau Merkel

Angelo Cennamo

Angela Merkel promuove Matteo Renzi  : così titolano i giornali di mezzo mondo l’indomani della visita della nutrita delegazione italiana a Berlino, in casa della  temuta e riverita Cancelliera. La primadonna d’Europa pare sia rimasta impressionata dal programma di riforme che il giovane premier le ha prospettato nel corso del colloquio privato. Un cambio strutturale, chiosa il Corriere della sera. A dire il vero, quelli su Renzi sono più o meno gli stessi giudizi che frau Merkel espresse in altre occasioni, in favore di Letta, Monti e finanche su Berlusconi – risatina a parte –  quando il Cav si precipitò a Bruxelles per rispondere alla famosa lettera della Bce. Come mai i tedeschi abbiano una vocazione alla docenza e alla vigilanza sui conti degli altri Paesi, e perché questi glielo consentano, è difficile spiegarlo. Ai cugini teutonici, del nostro benessere, della nostra rarefatta occupazione, dei suicidi indotti, non gliene frega assolutamente nulla. Quello che conta per loro è esclusivamente il rispetto dei trattati internazionali, impedire ai governi di turno di accumulare nuovo deficit, e arricchirsi, finalmente, con una moneta più debole del marco che gli faciliti le esportazioni. Renzi su questo è stato chiarissimo : non supereremo il 3% e il fiscal compact sarà onorato. Bene. Anzi male, dato che alla vigilia del viaggio il guascone aveva detto ben altro. Aveva cioè lasciato intendere che l’Italia non si sarebbe piegata alla perentorietà delle norme europee, e che certi parametri andavano intrepretati e rispettati, soprattutto, con maggiore elasticità e comprensione, visto che molte altre nazioni ( Francia e Germania compresa) lo hanno fatto. Qual è allora il senso di questa visita? Cosa ci siamo andati a fare in Germania se Berlino resterà, come sembra, il crocevia ineludibile dei nostri interessi e dei nostri bisogni? Speriamo che il gran simpatico ce lo spieghi, magari alla sua maniera, con una di quelle slide colorate e rassicuranti. Ci spieghi pure, Renzi, come intende procedere con il Jobs act, dal momento che la sua affermazione dipenderà principalmente dalla riforma del mercato del lavoro. Un interessante editoriale sul Corriere, di Alesina e Giavazzi, pone la questione come decisiva per le sorti del governo. Cosa intende fare il premier dell’art. 18? Lo abolirà completamente – secondo il modello del prof. Pietro Ichino, che prevede un contratto uguale per tutti e la possibilità per le aziende di licenziare con costi crescenti ma senza obbligo di reintegra – o ne sposterà l’applicazione al terzo anno successivo all’assunzione, rinviando semplicemente il problema? In altri termini, avrà il coraggio, Renzi – da uomo di sinistra – di affrontare le barricate della Cgil e delle altre sigle sindacali e di superare la Camusso nella salita più dura? Auguriamoci di sì.