Taranto: esperienza Scout “Accoglienza nelle nostre radici!”

Padre Oliviero Ferro

Chi passava in piazza d’Angiò a Martina Franca la domenica 16 marzo 2014, non riusciva a capire perché c’erano tanti scout di tutte le età. Era una domenica con il cielo che minacciava un po’ di pioggia. Ma si sa, gli scout non si curano molto di questo; al massimo si coprono bene. Erano lì in tanti (ottocento e più di tutta la zona di Taranto, composta da 21 gruppi) per fare festa insieme. Oggi (tutto era iniziato da un simpatico signore Baden Powell, inglese, che nel 1907 decise di iniziare l’avventura scout) ricordavano le radici, gli inizi e lo facevano insieme con gioia. Insieme ai fratelli e sorelle dei dintorni, ma con il cuore aperto al mondo intero. Insomma continuavano il cammino di accoglienza, di fraternità universale,dando anche il nostro piccolo contributo “penny”(euro) per aiutarli a vivere un po’ meglio. E allora, via al grande cerchio, l’alzabandiera e da lì, sparsi nei cinque continenti, iniziava l’avventura. In Africa il canto e la danza di “Jambo Bwana” li scatenava in ritmi che venivano da lontano con degli strumenti improvvisati. Tutto si muoveva. Ci si sentiva vicino a loro. I lontani diventavano vicini e non c’erano problemi “hakuna matata”. L’America ci ricordava i tanti pugliesi che agli inizi del Novecento vi erano emigrati. Il viaggio in nave per due mesi, i sogni, le speranze si cullavano sulle onde. E poi arrivati a destinazione, una nuova vita cominciava. Invece in Asia l’incontro con tante culture, lingue, popoli e religioni ci apriva a un mondo quasi “magico” in cui diventava più facile sentirsi vicini a Dio e ai fratelli. L’Oceania, che conosciamo solo dai libri di geografia (tanto è lontana), ci ha trasportato nelle migliaia di isole e di popoli che là vivono, soffrono e sognano un mondo migliore. E non dimentichiamoci la nostra terra d’origine: l’Europa che sembra diventare qualcosa di poco accogliente. Allora il fare “una barca, con una vela” per arrivare in porto ci aiuta ad accogliere tutti quelli che vengono da noi. Ce lo ricorda con forza e simpatia papa Francesco. Tutti i giochi e le attività sono state vissute con le tecniche scout. Quindi era facile viaggiare nel mondo intero. Un altro appuntamento è stato quello alla Chiesa “Mater Domini”, dove Qualcuno, il nostro amico Gesù, ci ha chiesto di stare un po’ insieme con Lui. Abbiamo riscoperto la gioia di stare insieme per ascoltare anche mons.Filippo,il nostro Arcivescovo che ci ricordava le sue esperienza di accoglienza, quando era piccolo. I canti, la Parola del Signore e condividere il corpo di Gesù ci ha dato forza e coraggio. Poi, finalmente, abbiamo frugato nei nostri zaini e i panini sono saltati fuori per essere accolti dentro di noi. Ormai il tempo ci diceva che se non ci sbrigavamo, avrebbe mandato qualche goccia di pioggia. Abbiamo terminato insieme, ricordandoci che il seme, di cui ci avevano parlato i contadini all’inizio dell’attività, dovevamo farlo crescere nei luoghi dove noi viviamo. Come? Semplicemente facendo una buona azione quotidiana, delle attività da vivere insieme con il gruppo e dei momenti di riflessione e di servizio. Insomma non ci accontentiamo delle parole. Vogliamo essere concreti e essenziali. L’accoglienza, che è nelle nostre radici, deve diventare realtà quotidiana. E noi, come sempre “siamo sempre pronti a fare del nostro meglio” per lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”.