Lettera aperta ai sociologi campani

Cari colleghi sociologi, nonostante il silenzio ed il mancato confronto di idee sulle problematiche squisitamente sociologiche vicine e/o lontane che siano,avendo fatta propria la cultura sociologica del dialogo, del confronto e del confronto delle idee, anche se c’è l’inopportuna risposta del silenzio, io mi sento il dovere di proporre ripetutamente l’appello al dialogo, al confronto, al confronto di idee, per spingere l’attenzione sociologica nella direzione giusta che è quella di leggere attentamente il sociale di cui facciamo parte ed in cui viviamo. Oggi a darmi lo spunto per questa lettera – confronto con tutti voi simpaticamente amici, sono due fatti campani di grande e tragica attualità; due fatti, tra l’altro, correlati tra loro. Uno, è una notizia abbastanza frequente dello sfascio della Campania. Le piogge hanno provocato ancora un crollo, nel grande patrimonio campano di Pompei; si tratta del crollo di un muro per niente causale ed imprevisto, ma assolutamente ascrivibile a quel disastro Campania già di fatto annunciato, un disastro che colpisce con grande accanimento uomini e cose della nostra Regione. Certamente di fronte allo sfascio Campania non solo rabbia, ma un forte impegno umano, affinché fatti del genere non accadano mai più. C’è, purtroppo, la comune volontà di far finta di niente e di pensare fatalisticamente che così è e che non c’è proprio niente, niente da fare per cambiare e quindi salvare dallo sfascio testimonianze culturali e di un sapere universale di grande importanza da conservare e tramandare integri anche a quelli che verranno.

Purtroppo niente di tutto questo; purtroppo, con fare rassegnato, i più sono portati a dire che alla fine si trattava di un muro sgarrupato, di un muro il cui crollo non è assolutamente un fatto da fine del mondo per nessuno.

E così la povera Campania nostra, sempre più sedotta ed abbandonata, perde tante testimonianze sgarrupate nei suoi siti di eccellenza, riconosciuti patrimonio culturale dell’umanità.

E così ogni giorno assistiamo a crolli importanti, una vera e propria vergogna campana nel mondo a Pompei come a Paestum, a Velia, come a Carditello, Capua e Caserta, la cui Reggia, è in una condizione di crescente degrado e di un abbandono tale da rappresentare in sé la volontà eterna di un suicidio umano e sociale, pensato come unica soluzione possibile per risolvere i mali di Napoli e della Campania.

Io voce fuori dal coro, fortemente allarmato ed arrabbiato, penso che altre siano le giuste vie da percorrere; penso che è urgente creare le condizioni di un protagonismo purtroppo dismesso in tutta la Campania che non crede più a niente e che dandosi il colpo mortale da kamikaze suicida, si vede cancellato il futuro.

Non è così; non è assolutamente così, care colleghe sociologhe e colleghi sociologici.

La Campania non è solo Terra dei fuochi e/o di un degrado da … fine del mondo; la Campania è anche altro.

In questo altro, fatto di risorse eccellenti, bisogna ricominciare a credere.

Credo che i sociologi, senza alcuna differenza di genere, possano attivamente impegnarsi nel Progetto Campania che verrà, partendo proprio dalla riscoperta di un passato eccellente, ripercorrendolo in tutte le sue parti ed affidandolo alle intelligenze creative che lo sapranno utilizzare esaltandolo opportunamente per creare tante, tante condizioni di uno sviluppo possibile e territorialmente diffuso.

Partire da qui è importante! È, tra l’altro, importante anche una sociologia positiva che sappia ricercare le vie umanamente possibili di una Campania nuova.

Per tutto questo, niente rassegnazione; per tutto questo, occorre fare proprio un forte protagonismo della ragione, mettendo in evidenza la parola fine sul silenzio profondo in cui oggi è sprofondato il Sud e la sua gente che interessa sempre meno, circondata com’è da un silenzio assordante e da un altrettanto vuoto assordante.

Sarebbe interessante un intelligente percorso sociologico ricco, tra l’altro, di tante idee negate, assolutamente necessarie per promuovere la rinascita, lo sviluppo e quella umana e sociale crescita che la dannazione umana nega ai nostri territori, naturalmente vocati e capaci di mondi nuovi.

Mi fermo qui nel colloquiare con voi cari collegi sociologi, sul punto Campania disastri annunciati, disastri di testimonianze di sgarrupi eccellenti quali la Reggia di Caserta, i luoghi pompeiani e/o il mondo dei saperi di Velia, la Terra dell’essere parmenideo, patrimonio dell’umanità.

Ma non mi fermo assolutamente qui sul secondo punto.

Oggi 2 dicembre 2013, notizia di prima pagina sul giornale “Il sole 24 ore” – www.ilsole24ore.com – c’è  pubblicata la classifica riguardante la qualità della vita in Italia.

La 24a edizione di tale ricerca ci dice che Trento è la prima città italiana per qualità della vita.

L’ultima, fanalino di coda, pensate un po’, è la Campania con Napoli, già maglia nera nel 2010.

Il primo problema di sofferenza umana e sociale insieme è il lavoro ed il reddito; produce una situazione grave e diffusa di disagio che svergogna una condizione ormai consolidata di un male antico, assolutamente insostenibile, amara causa di un mondo dai contorni infernali da profondo rosso.

I risultati, come potete leggere sul richiamato giornale, sono il frutto di una ricerca nel corso dell’anno attenta e determinata che si basa su molti indicatori il cui purtroppo amaro risultato è quello di vedere Napoli e la Campania ultima in Italia, per qualità della vita, con un dramma occupazione/reddito, fonte di amara disperazione per la gente campana.

Un declino annunciato che trova la conferma di una negatività annunciata nel corso di tutto un ventennio con l’ultimo posto di quest’anno e la posizione ottimale del 2000 con il 64mo posto.

Perché la capitale del Sud d’Italia ed a buon titolo dei paesi del Mediterraneo è in una condizione di invivibilità diffusa? È stato, tra l’altro, definitivamente cancellato anche il promesso rinnovamento di Luigi De Magistris.

Siamo ormai, come ben ci conferma Il sole 24 ore con la sua ricerca, ad una condizione di profondo rosso, con all’orizzonte un clima da sepolcri imbiancati.

Manca a Napoli, al suo hinterland ed a tutta la Campania un piano strategico di sviluppo e di crescita umana, tale da garantire ai cittadini una diversa e migliore qualità della vita che, senza un’intelligente spinta del fare, produce con tutta l’evidenza necessaria che ci ritroviamo, sempre e solo malessere e sofferenza; un malessere ed una sofferenza da profondo rosso e, purtroppo, senza appello.

Perché tutto questo? Perché manca un’idea strategica di sviluppo e crescita; perché, in tutta la Campania, c’è purtroppo, un profondo vuoto culturale; perché c’è un PIL pro-capite di soli 15 mila euro contro i 22 mila della media nazionale ed i 28 mila di Trento, prima classificata; perché c’è un mondo del lavoro in crescente affanno che spinge, soprattutto il mondo giovanile al fujtevenne; perché ci sono servizi scadenti e garanzie quasi zero per la sicurezza dei napoletani e di chi si avventura a venire a Napoli come turista e/o altro.

Tutto questo produce la qualità della vita che ci fa ritrovare non per gratuito compiacimento giornalistico e/o di falsa propaganda, ultimi della graduatoria in Italia.

Una vergogna che è bene denunciare approfondendone le cause per trovare la via maestra necessaria a risalire la china e dare a Napoli ed alla Campania una decente qualità della vita così come meritano i suoi cittadini e soprattutto le nuove generazioni che di questo passo sono costrette sempre più al fujtevenne e/o ad una soluzione salvifica che può venire dalle ceneri vesuviane, per poi facilmente ricominciare; per poi finalmente ripartire.

Cari colleghi sociologi, valutate questo appello, il frutto di un comunicare autentico, come un segnale sofferto e forse anche disperato, per agire e reagire, trovando la forza di mettere il dito sulla piaga dei mali di Napoli e della Campania.

Trovate con un fare d’insieme nuovo, risposte ai tanti perché presenti nel tradito rinnovamento e cambiamento campano.

Il primo è sicuramente di tipo antropologico; è il frutto di una sofferenza umana che produce disagio sia individuale che in termini socialmente allargati e da cui niente e nessuno riesce a trovare la via maestra per uscirne.

Io sono positivo e vi invito ad esserlo altrettanto; dai mali di Napoli e della Campania si può e si deve uscire con un intelligente progetto d’insieme umano e sociologico.

Una prima risposta fallace alle sofferenze del forte disagio napoletano e campano viene da un’inutile e confusa legge della Regione Campania istitutiva del ruolo dello psicologo del territorio (Legge Regionale n. 9 del 3 agosto 2013), una figura che dovrebbe saper trovare le cause di un disagio diffuso tutto umano e sociale e poco, assolutamente poco, individuale.

Che la Regione Campania metta al centro del suo fare e del suo fare politico, la cultura, la figura dell’operatore culturale e la volontà pubblica di far crescere culturalmente la sua gente; così facendo potrebbe pensare diversamente e farsi forte delle idee di un insieme e di una crescita orientata al fare, il primo ed insostituibile nodo da sciogliere per rinascere dentro di sé e far rinascere anche gli altri. Cari colleghi sociologi, se ci siete, battete un colpo.

Uscite allo scoperto! Fatevi avanti! Suonate la sveglia! Manifestate con intelligenza le vostre idee; le vostre conoscenze sociologiche del disagio-disastro Campania ed indicate la via possibile da seguire. Con fiducia fate questo! Se lo fate, ci sarà sicuramente un dopo di cui avrete a buon diritto i giusti meriti. In nome della Campania che verrà suonate la sveglia ed avviate, con la forza della conoscenza sociologica, prima di tutto, la rinascita progettuale di un nuovo e più umano universo campano, da cui è necessario cancellare il disagio sociale per essere una realtà umana normale e capace di affrontare le tante e sempre più difficili sfide del futuro.

Con la vicinanza umana di un forte protagonismo sociologico, a tutti voi, un caro abbraccio

Giuseppe Lembo