Il declino italiano

Giuseppe Lembo

Il declino italiano è rappresentato da diverse sue variabili; sono tutte evidenti, tutte tracciabili e soprattutto, tutte drammaticamente inconfutabili. Tutte insieme sono veramente tante; rappresentano i mali d’Italia; rappresentano l’insieme del declino italiano. Dalla crisi del lavoro alla profonda crisi umana e sociale, dall’economia che soffre senza alcuna possibilità di sbocchi alle povertà diffuse, ai mercati in crescente calo, è tutto un elenco pietoso del declino d’Italia. Come se poi non bastasse tutto questo, c’è da aggiungere anche una profonda crisi delle professioni; una forte crisi morale ed una mancanza assoluta di progettualità per il futuro possibile; c’è da aggiungere, tra l’altro, la crisi della cultura, della comunicazione dove regna indisturbato, un invadente e frastornato falso comunicare mediatico, assolutamente mediocre, che si esprime solo parlandosi addosso; c’è, per concludere con il triste elenco delle componenti a base del declino d’Italia, una profonda crisi umana, morale e dei valori, per cui cresce l’egoismo e l’indifferenza verso gli altri. In tali condizioni, quale mai sarà il possibile cammino d’Italia? Siamo di fronte ad un cammino, purtroppo, tutto in salita e senza prospettive per il futuro che non potrà cambiare, cambiando le condizioni d’Italia, ma solo scivolare sempre più verso il basso, ossia verso il declino. L’Italia culturale, economica, del lavoro, delle tecnologie e della ricerca, della formazione e delle professioni, proprio non gode di buona salute; è, purtroppo, un’Italia che soffre e non poco. La causa di tutte le cause è soprattutto nella politica ed in chi la governa, egoisticamente orientata com’è, al solo bene dei suoi falsi protagonisti che hanno sempre e solo preso senza dare niente al Paese che, in modo fiducioso, si era messo in mani poco affidabili, aventi come solo obiettivo quello di usare la gente per il solo proprio tornaconto, rapinandola di tutto, senza lasciarle nemmeno la speranza di futuro. Nello specifico del suo mondo economico, le sofferenze italiane sono tante; tutte gravi  e senza possibilità alcuna di trovare una qualche via d’uscita. Guardiamo da vicino qualche dato concreto della crisi in cui si trova l’economia del nostro Paese. Mentre i mutui casa si sono dimezzati, i tassi continuano stranamente a salire, per sola incomprensibile ed ingiustificata mania del mondo bancario che fa sentire l’effetto spread sui tassi applicati, mantenendoli indecentemente alti, nonostante la liquidità a buon mercato arrivata dalla BCE. Le richieste dei mutui da parte delle famiglie nel 2012 sono crollate del 42% rispetto al 2011; il crollo è ancora maggiore (53%) se raffrontato al 2010 e 2009. Il credito alle famiglie italiane, fortemente condizionato dall’evoluzione macro-economica, ha subito un forte scivolone al ribasso, accrescendone così, l’atteggiamento tutto italiano, di assoluta e saggia prudenza. Le cause, prima di tutto, sono da ricercare nella crescente fragilità dei bilanci familiari, in grave sofferenza per l’incertezza diffusa della crescita economica che ha determinato scelte responsabilmente caute, sia per l’accesso ai mutui che ai prestiti. Ma oltre ai comportamenti delle famiglie italiane, è stata la stretta dei finanziamenti bancari a determinarne la caduta, causando problemi gravi sia alle famiglie che alle imprese. L’Italia nel 2012 ha subito un crollo del 20% del suo mercato immobiliare; gravi le conseguenze per l’intera economia che segna nel sistema Paese una crisi di enormi proporzioni creando disoccupazione, bassi redditi, espulsioni dal mondo produttivo, crisi occupazionale per il mondo giovanile ed ovunque, nuove e crescenti povertà. Occorre crescita ed occupazione per uscire dal tunnel; per questo occorrono importanti risorse (150 miliardi in tre anni per la CGIL, 180 in cinque anni per Confindustria). Si tratta di risorse di non poco conto; si tratta di risorse assolutamente necessarie per riportare il tasso di crescita in positivo di almeno il 2%; si tratta di risorse possibili, attraverso il taglio di spesa per una metà e maggiori entrate per l’altra metà. L’impiego delle risorse per la crescita e quindi per lo sviluppo, dovrebbe tendere alla competitività, agli incentivi per l’assunzione dei giovani e delle donne, al sostegno agli investimenti; si dovrebbe, tra l’altro e necessariamente, dare nuovo impulso alla ricerca ed all’innovazione, un percorso insostituibile per rilanciare la crescita e quindi lo sviluppo, oggi in grave affanno, anche per la miope e diffusa indifferenza a fare ricerca ed a promuovere innovazione negli apparati produttivi del Paese. L’Italia, si può salvare solo mettendo in cantiere azioni virtuose che producono, in tempi utilmente brevi, la crescita e quindi lo sviluppo.