No all’esclusione, sì all’inclusione

                         Maddalena Robustelli 

Nell’ambito dei dibattiti, che il gruppo Agorà del Volto Santo ha organizzato a Salerno per “uscire fuori dalla propria crisi e vivere insieme le difficoltà tipiche di questo grave momento che attanaglia ogni comunità”, si è tenuto presso la scuola A. Gatto un incontro pubblico con padre Alex Zanotelli. Il tema oggetto di discussione è stato: “quanto ci accogliamo gli uni con gli altri” e a tal proposito sono stati visionati due significativi video. Mentre il primo riguardava la triste realtà degli sgomberi dei campi rom e le risposte civili e politiche che da esso discendono, il secondo divulgava un positivo esempio di accoglienza sociale degli extracomunitari ad opera della collettività di Riace (Rc). In un contesto reso vivo e vibrante dalle immagini scorse il padre comboniano ha iniziato a discorrere del razzismo che sta crescendo in mezzo alle nostre comunità, un atteggiamento che sì nasce dall’approccio culturale tipico di chi si sente appartenente ad una etnia “creatrice di civiltà”, ma certamente suffragato da particolari leggi statali. Difatti negli ultimi vent’anni il panorama normativo italiano ha certificato l’esclusione di intere categorie di persone in base alla loro stirpe appartenenza. Governi di qualsiasi colore politico hanno dato risposte ai bisogni di questi esseri umani mossi solo ed esclusivamente da calcoli elettoralistici. Ad esempio la legge Bossi-Fini non riconosce gli immigrati quale categoria sociale, mentre la legge Maroni “è addirittura peggiore rispetto a quelle del Sud Africa, perché è arrivata alla crudeltà di non far riconoscere il suo bambino alla donna straniera che, priva di documenti, partorisce in una struttura sanitaria pubblica”. Padre Alex ha chiaramente sottolineato che “Dio è senza documenti”, ragione per la quale non si può parlare di accoglienza se non ci si adopera a far eliminare tali leggi. Ma c’è una categoria, a suo dire, particolarmente vessata in questo panorama di costante, frequente e pesante esclusione sociale, ossia i rom. Raccontando la sua esperienza con quelli di Giugliano (Na) ha ripercorso le sequenze drammatiche delle demolizioni dei loro campi, dell’abbrutimento conseguente alla condizione di essere costretti a vivere due anni nelle campagne circostanti senza acqua ed energia elettrica. Quante difficoltà ha incontrato per tentare di ridare a questo popolo un briciolo di dignità di vita, bussando ripetutamente agli uffici di Regione, Provincia, Comuni, Prefetture! Forse in questi giorni riuscirà nell’intento, perché ha ottenuto 203 ettari di terreni per i nomadi, finanche uno tolto alla camorra, ma “quante porte sbarrate ho trovato dappertutto”. Anche per gli homeless di Napoli ha intrapreso e vinto un’altra battaglia di solidarietà, dal momento che  probabilmente uno spazio pari a 2500 metri quadrati dell’Albergo dei poveri sarà destinato ai barboni, creando per loro un centro abitativo munito dei servizi essenziali grazie ad un accordo con il Comune e la Asl. Padre Alex ha successivamente preso spunto dalla frase evidenziata con in una slide, predisposta per l’incontro dal gruppo Agorà  “io accolgo l’altro e divento in parte l’altro e l’altro a sua volta diventa in parte me”, per discutere dell’importanza del concetto di accoglienza. Al proposito ha citato due esempi, il primo padre Balducci, che nel suo libro, L’uomo planetario, ha sottolineato come nel corso dei secoli l’homo sapiens sia diventato demens, mentre ora più che mai è necessario che diventi invece planetario, ossia “capace si superare la crisi antropologica con la coscienza che, se non riusciamo a trovarci ricchi gli uni con gli altri, per noi non c’è futuro”. Secondariamente ha richiamato alla memoria la testimonianza del vescovo Pierre Clavery, ucciso in un attentato ad Oran (Algeria) nel 1996, il quale, l’anno prima di finire una vita dedicata a chiunque gli fosse accanto, espresse tale consapevolezza in un motto esemplare: “io ho bisogno della verità degli altri”. Il padre comboniano ha energicamente sostenuto che la Chiesa dovrebbe difendere tale approccio culturale ed ideale, soprattutto perché il più generale contesto sociale di riferimento al contrario si sta atomizzando. In una società caratterizzata ordunque dall’uso che “ognuno fa vicendevolmente dell’altro per poi buttarlo via” invece accogliere vuol dire che ci si scambia noi stessi con le nostre relazioni…perchè il nostro vero capitale sono le ricchezze che ognuno porta di sé e con sé”.La serata organizzata dal gruppo Agorà con l’adesione di molteplici altre realtà associative e comunità ecclesiali ha ottenuto il pieno plauso di padre Alex: “è una grazia condividere con voi i vostri volti, che sono il nostro vero capitale”,  ben sottolineando come sia fondamentale l’unità d’intenti nella diffusione di questo nuovo concetto di accoglienza. Significativa al riguardo è stata la testimonianza degli”Avvocati di strada”, un’associazione nata l’anno scorso per occuparsi dell’assistenza legale ai più diseredati, pur nell’ostilità del proprio ordine forense. Il volontariato professionale di questi legali, che si svolge presso lo sportello salernitano allocato a Casa Nazareth, mette al centro del loro impegno sociale le risposte da dare alle domande di giustizia dei senza fissa dimora, non sempre stranieri. Ultimo dei loro progetti di coesione solidale è la campagna “adotta un barbone, aiuta la tua coscienza”, attraverso la quale si intende creare quel giusto apporto di aiuto alle persone prive di qualsivoglia sostegno nel superamento delle loro difficoltà di vita quotidiana. Dal prosieguo del dibattito seguito all’intervento del padre comboniano, però, si è evidenziato che accanto alla solidarietà individuale verso i più bisognosi urge sollecitare gli enti istituzionalmente  preposti, colpevolmente assenti su tali problematiche, e la Chiesa, sin troppo silente sulle c.d. leggi razziali. E ciò “proprio oggi, che stiamo vivendo il periodo della Natività, è particolarmente rilevante, perché in Matteo Gesù appare come un rifugiato, un fuggiasco” (padre Alex Zanotelli). Riflettere su questo bimbo che è nato è rinviare a come egli sia stato trattato dai poteri costituiti, è rendere  pregnante e significativo l’approccio che ognuno di noi deve necessariamente avere con quel particolare aspetto della solidarietà che si estrinseca nel SI’ all’accoglienza e nel NO all’esclusione.