Gli angeli dei Padri del deserto

don Marcello Stanzione

 I Padri e le Madri del deserto sono stati uomini e donne spirituali che nel IV e V secolo si ritirarono dalle costrizioni e manipolazioni della loro società affamata di potere per combattere i demoni e per incontrare il Dio dell’amore nel deserto dell’Egitto. Erano persone che avevano capito che, dopo un periodo di persecuzioni e con l’accettazione del Cristianesimo nella società, la chiamata radicale di Cristo di lasciare padre, madre, fratello e sorella per prendere la croce e seguirlo aveva perso in gran parte vigore spirituale in favore di una religiosità più accomodante, perdendo il suo potere di conversione profonda ai grandi ideali della fede cristiana. Gli Abba e le Amma del deserto egiziano avevano abbandonato questo mondo si compromessi, di convenienza e di tiepida spiritualità e avevano scelto la solitudine, il silenzio e la preghiera come via per essere testimoni viventi del Signore crocifisso e risorto. In questo modo diventarono nuovi “martiri”, testimoniando, non con il sangue, ma con la loro dedizione coerente a una vita umile fatta di lavori manuali, digiuno e preghiera continua. La vita di questi antichi eremiti cristiani  può essere considerata come una lotta ardua e spesso dolorosa alla ricerca della loro vera identità. Il mondo da cui tentarono di fuggire è un mondo in cui il denaro, il potere, la fama, il successo, le conoscenze sono la strada per l’autostima e quindi per la vanagloria. E’ il mondo che dice: “Sei ciò che hai”. Questa falsa identità non dà mai la sicurezza e la certezza che ricerchiamo, ma ci getta nella spirale di un desiderio permanente di possedere di più – più denaro, più potere, più amici – nell’illusione che un giorno arriveremo in un posto da sogno in cui nulla e nessuno ci potranno più fare del male. Gli eremiti del deserto erano profondamente consapevoli del fatto che questa illusione corrompesse non solo la società, ma anche la Chiesa stessa. Essi scapparono nel deserto per liberarsi di questo io costrittivo per scuotersi di dosso i molti strati della delusione e rigenerare solo in Dio il loro vero io. Nel deserto, lontani dalle lodi e dalle critiche, potevano crescere nella consapevolezza che essi non erano ciò che la gente diceva che fossero, ma ciò che Dio aveva voluto che fossero; suoi figli e figlie, generati e rinnovati nel suo  Santi Spirito. Nel deserto compresero che, finché avessero ricercato la loro identità fuori da Dio, sarebbero finiti nella spirale viziosa del volere sempre di più. Ma scoprirono anche che la loro vera identità era strettamente legata all’amore iniziale di Dio stesso e che questo amore li liberava dalle tremende costrizioni e permetteva loro di relazionarsi con la società in modo libero, gioioso e pacifico. Il mondo di vivere degli Abba e delle Amma del deserto mostra come la scoperta della nostra vera identità non significhi semplicemente avere un nuovo punto di vista. Recuperare la nostra vera identità richiede una trasformazione totale; esige un lungo e spesso lento processo attraverso il quale entriamo sempre di più nella verità, cioè in una vera relazione con Dio, e attraverso Lui, con noi stessi. Il deserto – quello egiziano degli Abba e delle Amma, ma anche il nostro deserto spirituale – ha un duplice aspetto: è vastità desolata e Paradiso. E’ desolazione, perché nel deserto lottiamo contro le bestie selvagge che ci attaccano, i demoni della noia, della tristezza, della rabbia e dell’orgoglio. Ma è anche paradiso, perché vi possiamo incontrare Dio e pregustare la sua pace e la sua gioia. Amma Sincletica disse: “All’inizio, per coloro che si avvicinano a Dio c’è lotta e impegno, Ma, poi, giunge una gioia indescrivibile. E’ come accendere un fuoco: dapprima tutto è fumoso e gli occhi lacrimano, ma poi ottieni il risultato desiderato. In questo modo anche noi dobbiamo accendere il fuoco divino in noi stessi con lacrime e sforzi”. Tuttavia, sarebbe un errore pensare che i padri e le Madri andarono nel deserto solamente per la propria salvezza. Questo fu certamente un aspetto importante della loro vita monastica, ma non fu mai separato dal profondo senso di servizio alla più ampia comunità cristiana. la loro lotta non fu solo per loro stessi, ma per tutti i fratelli cristiani. Ritenevano che il deserto fosse un luogo in cui i demoni si rifugiassero  dopo le loro distruzioni nei paesi e nelle città. Andarono nel deserto per intraprendere un combattimento nel nome di tutta la Chiesa. Gli eremiti del deserto erano eremiti per gli altri. In questo modo è facile capire come molte persone, dai villaggi e dalle città, laici, sacerdoti e vescovi andassero a trovarli e a chiedere i loro consigli, la loro guida o semplicemente una parola di conforto. E’ inoltre comprensibile come per loro fu sempre un obbligo primario essere ospitali con i visitatori e aiutare i poveri e i bisognosi. persino la più severa forma di ascetismo fu considerata meno importante del servizio al prossimo. Ecco perché uno dei saggi del deserto disse: “Anche il fratello che digiunasse sei giorni sino a ridursi allo stremo, non arriverebbe a eguagliare colui che serve il malato”. Fuggire dal mondo era per i padri e le madri del deserto scappare da una prigione con l’intenzione di liberare gli altri prigionieri. Nelle storie dei Padri del deserto spesso ci sono riferimenti agli spiriti celesti, eccone alcune di queste storie dove si parla degli angeli:  “Abba Pafnunzio disse: “Mentre camminavo su una strada mi successe di smarrirmi e di trovarmi vicino a un villaggio. Vidi alcune persone che facevano penose conversazioni. Io stetti in piedi a pregare per i miei peccati. Ed ecco, venne un angelo che teneva una spada e mi disse: Pafnunzio, tutti quelli che giudicano i loro fratelli periscono per mezzo di questa spada; ma tu, perché non hai giudicato, ma ti sei umiliato di fronte a Dio dicendo che tu hai peccato, per questo il tuo nome è iscritto nel libro dei viventi”. Un giorno Abba Isacco di Tebe andò in una comunità monastica e, visto un fratello che si comportava male, lo condannò. Mentre tornava nel deserto, un angelo del Signore venne a lui e si mise davanti alla porta del suo eremo dicendo: “Non ti lascerò entrare”. Egli chiese: “Perché?” L’angelo rispose: “Dio mi ha mandato per chiederti dove deve gettare il peccatore che tu hai giudicato”. Egli immediatamente si pentì e disse: “Ho sbagliato ., perdonami”. L’angelo replicò: “Alzati, Dio ti ha perdonato. In futuro assicurati di non giudicare prima di Dio”. “Un giorno, Abba Agatone stava andando in città a vendere piccoli utensili. Sul ciglio della strada incontrò un lebbroso, che gli chiese: “Dove vai?” Abba Agatone rispose: “In città, a vendere queste cose”. Allora gli disse. “Fammi un favore, portami laggiù”. Così il monaco lo portò in città con sé. Il lebbroso disse: “Portami con te dove vendi le tue cose”. E così fece. Quando vendette il primo oggetto, il lebbroso gli chiese: “A quanto l’hai venduto?” Il monaco glielo disse. Rispose: “Comprami qualcosa di bello” e gliela comprò. Il monaco vendette un altro oggetto. Il lebbroso , allora gli chiede: “A quanto l’hai venduto?” Il monaco gli riferì il prezzo: “Comprami quello”, disse. E lui lo comprò. Venduto tutto, il monaco fece per andarsene e il lebbroso gli chiese: “Stai tornando a casa?” Gli rispose di sì. “Fammi ancora un favore” replicò allora “portami dove mi hai trovato”. Così fece il monaco. E il lebbroso disse: “Sia tu benedetto dal Signore, Agatone, in cielo e sulla terra!” Agatone alzò gli occhi e non vide più nessuno, poiché costui era un angelo del Signore che era venuto a metterlo alla prova”. “Abba Isacco, il tebano, si recò un giorno in una comunità e vendendo un fratello che commetteva un peccato, lo condannò. Quando ritornò dal deserto, un angelo del Signore che stava davanti alla porta della sua cella gli disse: “Io non ti lascio entrare”.Ma egli insisté dicendo: “Perché? Che cosa è successo?”. E l’angelo gli rispose: “Dio mi ha mandato a chiederti ove desideri  che Egli getti il fratello colpevole che tu hai condannato”. Subito, Isacco si pentì e disse: “Ho peccato, perdonami”. E l’angelo gli rispose: “Alzati Dio ti ha perdonato. Ma d’ora in poi astieniti dal giudicare qualcuno, prima che l’abbia fatto Dio”. “L’abate Marco chiese all’abate Arsenio: “Perché ci sfuggi?”. Egli rispose: “Dio sa se vi amo. Ma non posso essere insieme con Dio e con gli uomini. Le migliaia e miriadi d’angeli non hanno tutte insieme che un’unica volontà; gli uomini ne hanno una moltitudine. Non posso abbandonare l’Uno per venire in mezzo ai molti”. “Il diavolo apparve a un monaco, con le sembianze di angelo della luce e gli disse: “Sono l’angelo Gabriele e sono stato mandato da te”. Il fratello però, gli rispose, : “Sei sicuro di non essere stato mandato da qualcuno altro? Non merito di certo la visita di un angelo”. Immediatamente , il diavolo sparì”. “Si narrava che un saggio avesse digiunato per settanta settimane di seguito mangiando solo una volta alla settimana. Egli chiese a Dio il significato di alcune parole della Sacra Scrittura, ma Dio non gli rispose. Allora disse tra sé: “Ho fatto un grande sforzo, ma non ho fatto alcun progresso. Perciò, andrò a chiedere a mio fratello”. Dopo essere uscito, aver chiuso la porta ed essersi messo in viaggio, un angelo del Signore fu mandato da lui e disse: “Settanta settimane di digiuno non ti hanno portato vicino a Dio, ma ora che sei abbastanza umile da andare a chiedere a tuo fratello, eco sono stato mandato da te per rivelarti il significato della Scrittura”. L’angelo spiegò ciò che l’uomo voleva sapere e se ne andò”.  “ Il santo abba Antonio, quando si trovava nel deserto, cadde in preda al disgusto e a un buio profondo dell’intelletto. Allora parlò a Dio: “Signore, io desidero essere salvato, ma i miei pensieri me lo impediscono; che cosa posso fare nella mia afflizione? Come posso essere salvato?”.Poco dopo, alzatosi per uscire, Antonio vide un altro come lui, seduto a lavorare,poi lo vide alzarsi dal suo lavoro per pregare, sedersi di nuovo e intrecciare una corda, quindi alzarsi ancora per la preghiera. Era un angelo del Signore inviato per correggere Antonio e rassicurarlo; e sentì l’angelo che gli diceva: “Fa così e sarai salvato”. A queste parole , Antonio si sentì pieno di gioia e di coraggio, fece così e fu salvo”.