Verso dove è l’ Italia in cammino?

Giuseppe Lembo

In che conto sono tenuti i più deboli nel nostro Paese? Sono rispettati nella loro dignità di uomini o, piuttosto, sono dimenticati, maltrattati e quindi messi nelle condizioni di una sempre più difficile sopravvivenza. L’Italia è il Paese dei tartassati; al primo posto ci sono, purtroppo proprio i più deboli, gli ultimi che non contano assolutamente nulla e godono a piene mani dell’indifferenza diffusa da parte di chi governa questo nostro malcapitato Paese, per il quale c’è un susseguirsi di strategie (trattasi soprattutto di strategie di potere) che non giovano se non ai pochi privilegiati, nel ruolo di casta inossidabile, pronta a godersi la vita, in virtù del proprio ruolo di potere. Il nostro Paese è un Paese sempre più ballerino; le cose di ieri non valgono più oggi. Questo vale anche nel rapporto centro/periferia. Negli ultimi 15 anni, il peso di tale rapporto si era fortemente spostato progressivamente dal centro alla periferia. Adesso il Governo dei tecnici vuole raddrizzare questo rapporto considerato squilibrato a danno del centro, ridando di nuovo forza agli adombrati poteri centrali. Tanto è stato deciso dal Consiglio dei Ministri che ha proposto un disegno di legge costituzionale al fine di riportare una serie di competenze nelle mani esclusive dello Stato, tagliando così fuori le Regioni. Tali saranno le nuove competenze Stato – Regione, in materia di energia, di porti ed aeroporti, di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, di rapporti con l’Unione Europea e per la disciplina generale e le funzioni degli enti locali. E così lo Stato dal decentramento pensa di passare di nuovo ad una centralità d’azione, vecchia maniera, finalizzata a far si che le sue leggi assicurino la garanzia dei diritti costituzionali e la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica. A pensare questo ritorno sui propri passi, non è il mondo della politica, ma il cosiddetto Governo tecnico che, approfittando dell’implosione dell’agire politico, giorno dopo giorno, prendendone le distanze, decide con determinazione nuovi percorsi nel governo del nostro Paese. Le autonomie, il federalismo, il decisionismo locale potrebbe subire per effetto del Monti- pensiero, una forte battuta di arresto. Un ritorno all’indietro che va nel senso contrario al decentramento avviato 15 anni orsono. Siamo al progetto di accentramento dei poteri; tutto o almeno le cose importanti, devono partire da Roma. Roma, con questo disegno di legge, torna ad essere di nuovo la capitale del potere italiano e delle decisioni che, anche se prese a livello locale, devono essere basate su punti comuni e condivisi, espressione e forza dello Stato centrale che, con la scusa di mettere ordine al disordine, si va attrezzando per assumere il volto di sempre, ossia quello di Stato padrone, di Stato dalle decisioni uniche centralizzate a livello romano, riprendendosi così i poteri da poco decentrati e cancellando ogni possibile forma di autonomia e di federalismo che sembrava a portata di mano del Paese e fortemente attesa per dare così corso alla democrazia vera e partecipata. Ma così non è stato; lo Stato centrale dei poteri forti si sentiva orfano per aver dato eccessivo decentramento ed autonomia alle autonomie locali (dalle Regioni ai Comuni). Il bel sogno è durato poco; si torna all’accentramento dei poteri, con Roma caput dell’insieme italiano. Anche le modifiche al titolo V della Costituzione non vanno più bene e quindi occorre porre mano ad una riforma costituzionale che rimetta ordine ed accentri tutte le decisioni e le scelte importanti nelle mani del potere di Roma che era un bene per tutti, il trasferirlo correttamente ai territori locali, attraverso le leggi di decentramento ed il trasferimento di deleghe. Tanto per un augurabile buon funzionamento del Paese e per una piena attuazione della democrazia della rappresentanza a tutti i livelli istituzionali. Il primo passo di questo progetto di nuova volontà accentratrice viene prima di tutto dal potere centrale di rivedere e ridurre la spesa pubblica. Il Presidente del Consiglio Mario Monti, da tecnico senza politica (lo dice lui, ma non è così) nei confronti dei governanti nominando Enrico Bondi a capo del progetto della spendin review, dall’idea di progetto, in poco tempo è passato alle misure concrete, ponendo, prima di tutto, al centro dei tagli e dei risparmi forzati, le autonomie locali, considerate se non spendaccione sicuramente poco attente nella spesa, trattandosi di spesa fatta con denaro pubblico. Roma, forte di questa condizione italiana di spesa ormai fuori dal controllo pensa, al fine di risanare il bilancio dello Stato, di riprendersene il controllo, dettandone le regole e le condizioni a cui inderogabilmente attenersi. E così, in nome del rigore, in nome di provvedimenti finalizzati a salvare l’Italia, in men che non si dica, viene cancellato il sistema delle autonomie italiane e messo da parte il progetto dell’Italia federata, sintesi dell’insieme italiano, mai di fatto realizzato, in quanto scomodo e maldigerito da tanta parte di quell’Italia che non ha alcun interesse a migliorare le condizioni generali del Paese, ma solo a governarne le sue parti più significative, traendone vantaggi diretti e funzionali ai poteri forti che, da sempre fanno di tutto, per essere sempre più forti nel governo e nelle risorse possedute. L’Italia oggi è ad un bivio. Approfittando della sua crisi economica e del suo profondo disagio umano e sociale, chi comanda con decisionismo pensa di farle fare marcia indietro e ripristinare la centralità del potere,così come nelle tante manifeste volontà dei poteri forti. Tanto, senza porsi altri obiettivi, né umani né sociali, se non quelli del principio intoccabile rappresentato dalla ferrea espressione del “qui comando io” senza deroghe e/o cedimenti ed assolutamente indifferenti anche ai possibili conflitti tra le diverse realtà territoriali e soprattutto nel rapporto squilibrato tra le diverse generazioni, prive come sono di confronto, senza dialogo e senza alcuna volontà di scelte capaci di andare oltre al presente ed in qualche modo positivamente attente all’insieme umano, un obiettivo questo ormai mancato e cancellato dai ladri di futuro. L’Italia è veramente in cammino? A ben considerarla sembra più ferma che in cammino. Nulla di positivo si muove tanto da farlo credere ai buonpensanti italiani, nonostante tutto ottimisti e fiduciosi che domani sarà un altro giorno.  Ma sarà veramente un altro giorno per tutti? Purtroppo non è così, in quanto le cose cambiamo solo per pochi, rendendo sempre più difficile la vita dei più, giovani compresi che hanno come unica certezza, la via del fallimento del Paese, forse necessario ed opportuno, sempre che succeda presto, per poi coraggiosamente, riprendere il cammino interrotto così come sanno fare gli italiani, evitando l’inopportuna condizione del “piangersi addosso”, una condizione questa ancora peggiore del precipizio fallimento in cui poter sprofondare. L’Italia, senza le false ed ipocrite alchimie dei poteri forti, per cambiare deve diventare un Paese normale, capace di saper pensare non solo a far crescere le ricchezze sempre meno trasparenti di chi ha, ma soprattutto ai più deboli, agli ultimi ormai esclusi da tutto, senza più dignità umana e prossimi ad essere inghiottiti da quel disumano precipizio creato da altri per egoismi ed alchimie di violento e disumano potere. È questa l’Italia che vogliano? È questa l’Italia immaginata e sognata da tanti che hanno dato tutto per un grande progetto italiano finalizzato a dare dignità, umanità e tranquillità di vita a tutti gli italiani e non solo ai pochi maneggioni privilegiati? Nonostante le condizioni diffuse e crescenti di fallimento bisogna sapersi immaginare un’Italia nuova, un’Italia che rappresenti tutti e che tutti la sappiano amare per come, nonostante tutto, merita di essere amata, creando per il bene di tutti, quell’insieme umano, fortemente solidale, grazie al quale possiamo riprendere il cammino per un mondo nuovo, per un mondo, prima di tutto, di pace e di amore per l’altro, finalizzato non al beneficio di pochi, ma sempre e senza se e senza ma, al bene di tutti; al bene di tutti gli italiani e non, essendo uomini della Terra, meritevoli quindi di diritti umani veri che devono cancellare e per sempre, i diritti negati, purtroppo una diffusa condizione umana di un’Italia che non è la nostra Italia, fortemente abusata da un mondo che non è il nostro; che non ci appartiene e quindi da cancellare al più presto.