Un Paese in declino

Angelo Cennamo

L’atteso vertice tra i dirigenti della Fiat ed il governo ( tanto invocato da sindacati, politici e media) si è svolto all’insegna di un inevitabile nulla di fatto : l’ad Marchionne ha sì promesso investimenti per produrre nuovi modelli, ma in tempi di vacche grasse ( cioè mai). I ministri Fornero e Passera, dal canto loro, si sono impegnati a considerare nuove agevolazioni per tutelare l’occupazione in loco, ma i soldi, almeno per il momento, scarseggiano ( campa cavallo). L’incontro di Palazzo Chigi, che è durato la bellezza di sei ore, ci pone allora di fronte ad un misterioso interrogativo : di cos’altro avranno parlato i prestigiosi ospiti del vertice, dopo aver liquidato in quattro e quattr’otto la questione già decisa della produzione auto? Ah saperlo! La sensazione è che la convocazione ci sia stata tanto per accontentare la cornice esterna di un sistema che non si arrende all’idea che un privato possa decidere lui ( e non altri) come e dove esercitare la propria impresa. Marchionne, piaccia o non piaccia, non deve rendere conto di quello che fa al governo, ma al suo presidente e agli azionisti della Fiat. E se l’Italia, con i suoi lacci e lacciuoli sindacali, giuslavoristici, burocratici e fiscali, non è un Paese che invita alla speranza, meglio spostarsi altrove. Lo stesso pensiero lo avranno fatto in questi giorni tanti cittadini laziali, dopo lo scandalo ( l’ennesimo) che ha coinvolto la loro Regione. Nell’Italia che stringe la cinghia e che tenta il suicidio perchè i conti familiari spesso non tornano, lo sperpero di denaro pubblico fatto nel gruppo consiliare del Pdl ( e non solo quello) è un insulto insopportabile. Ma sorprendersi,oggi, che le Regioni ( gran parte di esse) si siano trasformate in inutili carrozzoni capaci solo di arricchire pochi eletti a scapito di una collettività oberata da una tassazione oramai vicina allo strozzinaggio, è quantomeno ingenuo. La sterile discussione sulle Province e sulla loro improbabile abrogazione, che per mesi ha catalizzato invano l’attenzione dei media, ci ha infatti distratto da un tema molto più serio ed impellente, quello cioè di rivedere, correggere, se non abolire,  questo regionalismo diventato così inefficiente, inetto e soprattutto costoso, specialmente a seguito della disastrosa riforma del Titolo V della costituzione che nel 2001 volle attuare il centro sinistra di Romano Prodi. Intervistata in un programma televisivo su La 7, Renata Polverini ha dichiarato di non sapere a quanto ammonti lo stipendio di un consigliere della Regione da lei governata : “Io presiedo la Giunta, non il Consiglio” ha risposto l’ex sindacalista dell’Ugl. Ma se lo so io che vivo a Salerno e non sono mai entrato in quel palazzo, perchè non lo sa lei? E’ normale che un consigliere regionale, in Italia, arrivi a guadagnare il doppio di Obama e più di molti altri premier europei? Ed è normale istituire delle commissioni solo per ampliare emolumenti già di per sè esorbitanti? Quando un povero Cristo si vede arrivare una cartella esattoriale di Equitalia che non riuscirà mai a pagare, potrà immaginare che quel denaro mai versato nella casse pubbliche sarebbe poi finito nelle tasche dei tanti burocrati arraffoni che amministrano la res pubblica a colpi di festini, tangenti e finte campagne elettorali?

4 pensieri su “Un Paese in declino

  1. @Angelo:

    Marchionne ha parlato il giorno dopo e ha detto quanto segue (c’è su YouTube l’intervento):

    – ho fallito perché per 8 anni ho cercato un partner straniero per la FIAT ma non l’ho trovato;
    – il governo deve fare la sua parte per rimuovere certe zavorre del passato;
    – Della Valle sarà pure un grande industriale ma fa borse, non automobili, e quindi non sa di che parla;
    – la Camusso parla più di diritti che di doveri;
    – siamo ad un bivio: o licenziamo migliaia di dipendenti creando danni incalcolabili all’Italia oppure, grazie alle nostre competenze, ci apriamo ai mercati esteri;
    – le zavorre di cui sopra non sono i lavoratori;
    – siamo il paese in cui sulle imprese gravano le tasse più alte d’Europa;
    – siamo il paese con la giustizia più lenta;
    – siamo il paese con l’elettricità e il gas più cari e la burocrazia più contorta;
    – abbiamo infrastrutture che sono tra le peggiori d’Europa;
    – le nostre pratiche per l’export sono tra le più difficili:
    – il costo del credito è tra i più elevati;
    – abbiamo la piaga della corruzione;
    – siamo ovviamente gli ultimi per produttività;

    Insomma, non mi pare proprio che il primario problema di Marchionne (almeno stando a quello che dice lui) siano il sindacato e i diritti dei suoi lavoratori.

  2. Caro Billy,
    uno dei segnali che questo Paese si è avviato verso un inesorabile ( speriamo di no) declino, è anche il clima ostile verso la Fiat di Marchionne.

  3. @Angelo:

    io penso che il clima di ostilità lo crei il Marchionne stesso, che secondo me (è un’opinione personale e non vorrei fare la fine di Sallusti) non appare abbastanza serio né ai sindacati, né agli altri industriali (uscita da Confindustria, critiche da questa e da imprenditori specifici), né ai politici (Monti, Passera, Fornero), costretti ad andare a tavoli con lui a dirsi non si sa bene cosa. Pare una mina vagante e questo fenomeno viene peggiorato dalla crisi.

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