Madre Angela Marongiu e le anime del Purgatorio

don Marcello Stanzione

 Angela Marongiu nacque a Sassari l’8 febbraio 1854, anno della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, prima di otto figli – quattro maschi e quattro femmine-. Abitavano nel quartiere di s. Apollinare, al centro della vecchia città, ed erano contadini come la maggior parte dei sassaresi di quel tempo. Il padre, Gavino Marongiu, era uomo di grande cuore e spirito di carità cristiana. Da bambina, Angela, amava trastullarsi con le bambole, e ne aveva collezionate ben  undici; parlava loro di Gesù, ed assegnava a ciascuna il suo ufficio, dalla superiora alla portinaia, come fossero un convento di suore, senza che nessuno avesse messo in testa alla bambina queste idee che comunque si realizzeranno molti anni più tardi. A 12 anni fece la sua Prima Comunione, che continuò a fare ogni giorno, cosa rara per quei tempi. Bimba innocente, si sentiva attratta dalla preghiera di adorazione eucaristica, e si tratteneva a lungo in chiesa, sola con Gesù solo. Frequentò le scuole elementari, ed intelligente come era, avrebbe desiderato poter continuare gli studi, ma fu sconsigliata dai medici per la sua vista debole. Vi rinunziò con grande pena. Si confessò per circa quarant’anni dal carmelitano padre Demontis che la incamminò per le vie della spiritualità di santa Teresa d’Avila e di s. Giovanni della Croce. Morto quell’ottimo religioso carmelitano, si confessò dal lazzarista padre Manzella, aggiungendo alla spiritualità precedente, quella vincenziana, effervescente e caritativa nell’apostolato del Manzella. A 15 e a 17 anni venne chiesta in sposa da buoni partiti. Rispose: “Mi sono già promessa ad uno sposo bello e ricco; non posso più pensare ad altri”. e difatti a 18 anni, d’accordo col suo confessore, fece voto di castità perpetua, nella festa di Natale di quell’anno. Aspirava ad una vita austera e penitente fra le clarisse cappuccine ma la salute non glielo permise. Invece, sui vent’anni, dopo la Comunione, il Signore le fece vedere una lunga fila di vergini biancovestite, mentre le diceva: “Queste sono le tue figliuole, e tu sarai la madre loro. Si chiameranno le spose del Getsemani, e tu la mia vaga sposa”. La predizione si avvererà soltanto dopo trent’anni, ad opera del padre Manzella. Il progetto di Angela Marongiu coincideva con quello del santo missionario, padre Manzella, che nelle sue incessanti peregrinazioni apostoliche per la Sardegna, pensava ad una istituzione caritativa e catechetica che si prendesse cura delle persone più abbandonate nelle capanne e negli spazi delle campagne sperdute dell’isola rocciosa, che gli facevano tanta compassione. Qualcosa di simile progettava la Marongiu, ed aveva già tre anime generose, pronte ad iniziare l’opera. Senonché il Manzella non era mai libero a dar inizio all’opera,  perché sempre in giro per la Sardegna a fare missioni popolari, e soprattutto contrariato da persone che si opponevano all’opera. Scrive Mons. Enea Selis: “Il progetto fu per molti anni da loro intensamente e pazientemente vagheggiato, ma dovette – come avviene sempre nelle opere di Dio – essere contrastato da incomprensioni, da resistenza, da sospetti, e talvolta anche da ostilità che venivano proprio da coloro che avrebbero dovuto incoraggiarlo e sostenerlo…Anni in cui padre Manzella e Madre Angela dovettero subire umiliazioni e sofferenze, perché la cattiveria degli uomini arrivò fino alla insinuazione, e talvolta purtroppo anche alla calunnia” (E. Selis, Le Suore del Getsemani, fondatori e artefici, pp. 67-70, Roma, 1991). Finalmente, come Dio volle, si poté dar principio alla fondazione, benedetta dall’Arcivescovo di Sassari, Mons. Cleto Cassani, che volle chiamare quell’edifico “Casa santa Teresa del Bambino Gesù” in omaggio alla nota carmelitana canonizzata da Pio XI nel 1925. l’apertura della nuova Casa religiosa di Sassari avvenne il giorno di Pentecoste, 5 giugno 1927 e da tutti fu chiamata il conventino. All’apertura del “conventino” le suore erano 13, ma non poterono fare la vestizione dell’abito religioso proprio, perché mancava il riconoscimento ufficiale dell’Autorità Ecclesiastica. Questa tardò a venire fino a dopo la morte della Madre Angela Marongiu (1936) e del padre Manzella (1937); sicché la Madre fondatrice non poté indossare ufficialmente l’abito proprio dell’Istituto. Il 3 ottobre 1938 l’Arcivescovo Arcangelo Mazzotti diede la sua approvazione diocesana all’Istituto; e dopo altri venti anni, il 17 febbraio 1958, arrivò l’approvazione pontificia dell’Istituto col nome di “Suore del Getsemani”, come era stato detto da Gesù ad Angela Marongiu nella visione avuta a circa venti anni. Però Madre Angela Marongiu poté avere questa gioia nel cielo, perché era morta il 26 marzo 1936. Riguardo poi alla sua sensibilità per le anime in purgatorio la carità che la madre Angela aveva per i vivi, la nutriva pure per i defunti; anzi l’affetto per le anime del purgatorio era  la sua speciale devozione e la sua preoccupazione continua. Si sarebbe detto che, al pari di santa Caterina da Genova, il Signore le avesse comunicato dei lumi speciali sulla vita misteriosa delle anime passate da questa vita in stato di grazia, ma non ancora abbastanza pure per essere ammesse alla visione beatifica di Dio. Restano di lei delle pagine profonde sui vari gradi di purgazione delle anime. Pare anche che fra lo stato di purgazione di quelle anime e le sofferenze di madre Angela ci fossero delle misteriose relazioni che solo il domma della comunione dei santi potrebbe spiegare in profondità. Preghiere, veglie, insonnie, sofferenze morali ed anche fisiche; spasmi come di fuoco, tutto ella offriva per la liberazione delle anime sante. Citiamo solo due fatti caratteristici che consonano mirabilmente coi dati della mistica Teologia, e ci sorprendono in un’anima completamente ignara di tale scienza teologica. Pregando un giorno essa per i defunti, le apparve una persona colle braccia legate, la quale le faceva cenno di liberarla da quelle catene e motivo di questa pena era il fatto che quell’anima, durante la sua vita mortale, era stata negligente nel suo dovere di superiore in cui aveva usato troppa debolezza. Non si trattava dell’anima di un vescovo, ma di persona costituita in alta dignità di superiorato. La madre Angela pregò, offrì messe e comunioni – com’era solita fare in tali occasioni – mise in preghiera la comunità, e poco tempo dopo quell’anima le si ripresentò per ringraziarla di averle sciolte le braccia, onde aveva libero accesso al paradiso. Altra volta, nella via dove essa abitava prima di essere suora, morì una povera donna che conduceva una vita poco buona. Madre Angela si propose come al solito di offrire per la defunta messe e comunioni, ma venuto il momento della preghiera e del santo sacrificio, mai le veniva fatto di pregare per quell’anima. Così passarono sette anni. Un giorno, finalmente, dopo la santa comunione Gesù le disse: “Ora puoi pregare ed offrire per quell’anima; fino a questo momento non poteva usufruire dei suffragi dei fedeli, adesso però è in tuo potere liberarla quanto prima dal purgatorio”. Queste anime  una volta liberate dal purgatorio venivano a ringraziarla dei suoi suffragi e addirittura a volte la chiamavano anche per nome, facendole conoscere l