L’importanza della predicazione nella Chiesa cattolica

 

Carlo Di Pietro

La religione cattolica deve la sua fondazione e la sua propagazione principalmente alla predicazione di Gesù Cristo, a quella degli Apostoli, al ministero cioè della parola. La conservazione e la diffusione della stessa religione cattolica si compie pure attraverso il ministero della parola «Fides ex auditu». E’ solenne, è perentorio ordine di Gesù: «Euntes ergo … docete omnes gentes … Praedicate Evangelium omni creaturae». Uno dei compiti principali del cattolico, ovverosia del Battezzato (diviene parte integrante del Popolo di Dio), uno dei doveri fondamentali è quello della predicazione o della testimonianza (dipende dallo status) della parola di Dio. E non è il più facile, il più semplice, dati i moltiplicati doveri che oggi incombono ai predicatori, dato il gusto ricercato, istruito e le esigenze talvolta superbe e banali della società moderna. La predicazione e la testimonianza sono gioviali momenti di condivisione della parola di Dio con il prossimo, sia esso laico o chierico. Sono laici tutti i fedeli che, dopo essere stati incorporati a Cristo mediante Battesimo e quindi divenuti parte integrante del Popolo di Dio (solo con il Battesimo si è popolo di Dio o, in altri casi, con il Battesimo di Sangue), sono partecipi dell’ufficio sacerdotale nella loro misura; sono chierici i fedeli battezzati che hanno ricevuto il diaconato, primo dei tre gradi del sacramento dell’Ordine, per cui sono chiamati al servizio del Signore. E’ importantissima, nel cattolicesimo, la figura Sacerdote Predicatore che è il ministro ed il dispensatore dei misteri di Dio, è l’araldo della Rivelazione. Per questo il suo grande argomento sarà sempre quello dell’autorità di Dio. I documenti della Rivelazione, cioè la Sacra Scrittura, e la Tradizione devono essere la base e gli appoggi dell’oratoria; Sacra Scrittura e Tradizione costituiscono le due fonti principali, purissime sorgenti, miniere preziosissime di tutta la predicazione cristiana. Scrisse Leone XIII: E’ la Sacra Scrittura «quae oratori sacro auctoritatem addit, apostolicam praebet dicendi libertatem, nervosam victricemque tribuit eloquentiam». Gesù Cristo ordinò: «Praedicate Evangelium», perciò San Paolo scrive a Timoteo: «Tu fa l’ufficio di predicatore del Vangelo. Adempi al tuo ministero» (2Tim 5). «E’ il Vangelo virtù di Dio per dare salute ad ogni credente » (Rm 1,16); questo luogo può concordarsi con quello di Isaia: «La mia parola, uscita dalla mia bocca, non ritornerà a me senza frutto » (Is 55,11). La prima fonte della predicazione, quindi, è la Sacra Scrittura, l’Antico e Nuovo Testamento. La seconda fonte è la Patristica o Tradizione. Le opere grandiose dei Padri sono i monumenti di battaglie combattute e vinte. Somministrano tesori di sapienza e mezzi di tecnica difensiva ed offensiva di primo ordine. Le loro sentenze illuminano, spiegano quelle scritturali e danno al dire una nobiltà tutta spirituale. La Bibbia e la Patristica confluiscono nella Teologia. Danno poi contributi preziosi alla sana predicazione la storia ecclesiastica, la scienza, l’agiografia e la liturgia. A queste fonti bisogna attingere per potere predicare veramente la parola di Dio; non la vana, sonante parola dell’uomo, che lascia il tempo che trova, ma quella sacra parola che discende al cuore; come spada, penetra nelle più intime fibre dell’anima del peccatore, e lo converte, del tiepido e lo infervora, del giusto e lo perfeziona. Ecco il compito del predicatore. Chi conversa con il prossimo circa Dio gioverà degli studi e delle pubblicazioni presentati da autorevoli presbiteri o religiosi e, solitamente, porterà con sé  il «Prontuario del Predicatore»; ne esistono di numerose tipologie, tuttavia il mio consiglio è quello di studiare bene i sei volumi che furono scritti da Padre Vincenzo Houdry nel 1932, testi autorevoli e validati da vari Imprimatur. Il predicatore deve avere piena conoscenza e padronanza di: argomenti morali, Passi scritturali, sentenze dei Padri e dei dottori, sentenze di autori profani e similitudini, esempi biblici ed evangelici, spiegazioni del Vangelo, disegni illustrativi, discorsi di circostanza e tanto altro. Ciò vale ma senza alcun obbligo anche per il testimone. La predicazione e la testimonianza sono di aiuto all’uomo nella crescita e nell’intelligenza della fede, tuttavia non vi è obbligo di predicazione per tutti i Battezzati anzi; ogni laico saprà rapportarsi al mondo secondo la propria particolare attitudine, sempre indirizzandola al bene e facendosi guidare dalla Chiesa. Ogni laico ha, però, il dovere di testimoniare. La predicazione pastorale è propria di coloro i quali, con la successione episcopale, hanno ricevuto un carisma certo di verità; conoscenza precisa di quell’Assoluto che è chiaramente espresso in Deposito e nella vita stessa della Chiesa. Si giunge all’Ordine sacro seguendo un iter ben stabilito dalla Chiesa cattolica e canonicamente disciplinato. Come parlare di Dio? Ce lo insegna il Catechismo ai canoni 39 e successivi. Nel sostenere la capacità che la ragione umana ha di conoscere Dio, la Chiesa esprime la sua fiducia nella possibilità di parlare di Dio a tutti gli uomini e con tutti gli uomini. Questa convinzione sta alla base del suo dialogo con le altre “religioni” (ho aggiunto le virgolette), con la filosofia e le scienze, come pure con i non credenti e gli atei. Essendo la nostra conoscenza di Dio limitata, lo è anche il nostro linguaggio su Dio. Non possiamo parlare di Dio che a partire dalle creature e secondo il nostro modo umano, limitato, di conoscere e di pensare. Le creature hanno tutte una certa somiglianza con Dio, in modo particolarissimo l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Le molteplici perfezioni delle creature (la loro verità, bontà, bellezza) riflettono dunque la perfezione infinita di Dio. Di conseguenza, noi possiamo parlare di Dio a partire dalle perfezioni delle sue creature, “difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’Autore” (Cfr. Sap 13,5).

Le impudicizie aberranti di talune creature di Dio non sono imputabili assolutamente all’imperfezione del Creatore, ma contraddistinguono esclusivamente chi, per libera scelta, preferisce Satana a Dio; lo fa non rispettando i Comandamenti. Dio trascende ogni creatura. Occorre dunque purificare continuamente il nostro linguaggio da ciò che ha di limitato, di immaginoso, di imperfetto per non confondere il Dio “ineffabile, incomprensibile, invisibile, inafferrabile” [Liturgia di san Giovanni Crisostomo, Anafora] con le nostre rappresentazioni umane. Le parole umane restano sempre al di qua del Mistero di Dio. Parlando così di Dio, il nostro linguaggio certo si esprime alla maniera umana, ma raggiunge realmente Dio stesso, senza tuttavia poterlo esprimere nella sua infinita semplicità. Ci si deve infatti ricordare che “non si può rilevare una qualche somiglianza tra Creatore e creatura senza che si debba notare tra di loro una dissomiglianza ancora maggiore”, [Concilio Lateranense IV: Denz. -Schönm., 806] e che “noi non possiamo cogliere di Dio ciò che Egli è, ma solamente ciò che Egli non è, e come gli altri esseri si pongano in rapporto a lui” [San Tommaso d’Aquino, Summa contra gentiles, 1, 30]. La Chiesa insegna che il Dio unico e vero, nostro Creatore e Signore, può essere conosciuto con certezza attraverso le Sue opere, grazie alla luce naturale della ragione umana [Cfr. Concilio Vaticano I: Denz. -Schönm., 3026]. Partendo dalle molteplici perfezioni delle creature, similitudini del Dio infinitamente perfetto, possiamo realmente parlare di Dio, anche se il nostro linguaggio limitato non ne esaurisce il Mistero. “La creatura senza il Creatore svanisce” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 36]. Ecco perché i credenti sanno di essere spinti dall’amore di Cristo a portare la luce del Dio vivente a coloro che lo ignorano o lo rifiutano. E’ opportuno che il laico, in quanto battezzato e quindi essendo inquadrato nel Popolo di Dio, tenda a discutere con il prossimo quanto a Dio ed alla religione cattolica; in questo modo contribuirà, nel suo piccolo e senza mai esaltarsi, alla propagazione della religione cattolica ed al perché credere. È innanzi tutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene la fede. È innanzi tutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, [Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia – Te la santa Chiesa confessa su tutta la terra] e con essa e in essa, anche noi siamo trascinati e condotti a confessare: “Io credo”, “Noi crediamo”. Dalla Chiesa riceviamo la fede e la vita nuova in Cristo mediante il Battesimo. Nel “Rituale Romano” il ministro del Battesimo domanda al catecumeno: “Che cosa chiedi alla Chiesa di Dio?”. E la risposta è: “La fede”. “Che cosa ti dona la fede?”. “La vita eterna”. La salvezza viene solo da Dio; ma, poiché riceviamo la vita della fede attraverso la Chiesa, questa è nostra Madre: “Noi crediamo la Chiesa come Madre della nostra nuova nascita, e non nella Chiesa come se essa fosse l’autrice della nostra salvezza” [Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, 1, 2: CSEL 21, 104]. Essendo nostra Madre, la Chiesa è anche l’educatrice della nostra fede.“Lo studio della Sacra Scrittura sia dunque come l’anima della sacra teologia. Anche il ministero della Parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e tutta l’istruzione cristiana, nella quale l’omelia liturgica deve avere un posto privilegiato, si nutre con profitto e santamente vigoreggia con la Parola della Scrittura” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21]. La Chiesa “esorta con forza e insistenza tutti i fedeli… ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Cfr. Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” (San Girolamo)” [Conc. Ecum. Vat. II, Dei Verbum, 21]. Il Sacerdozio universale di Cristo si estende a tutte le genti. Il laico ha il dovere della testimonianza e mai abiurerà la fede cattolica; diversamente sarà definito apostata o lapso (dipende dai casi).