Mezzogiorno: quale futuro?

Giuseppe Lembo

Lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia, così com’è oggi, in tutto simile alla questione dei Sud del mondo, è un problema antico; un problema che ci viene da lontano e che si ripercuote in modo assolutamente negativo, da una generazione all’altra. Il mancato sviluppo di una parte così vasta e così importante del Paese, è alla base di un forte divario con il Centro-Nord. Una questione antica, ma sempre aperta, in tutta la sua drammatica attualità. Una questione con tante e complesse implicazioni; dall’invecchiamento delle popolazioni allo svuotamento di intere aree territoriali ormai prive di tutto, per cui sono sempre più difficili da vivere; ed è ancora fatta di tante realtà diffusamente degradate ed a rischio per effetto di una mancanza umana che priva i territori di quei guardiani naturali, fortemente legati alla Terra, senza i quali non si produce più niente, facendo crescere l’assistenzialismo, i parassitismi, il familismo amorale e quella precarietà esistenziale su tutto e ciascuno, priva di ogni possibile prospettiva di futuro. È quel Sud abbandonato a se stesso che oggi brucia, scivola a valle, che si degrada e diventa sempre più inospitale ed invivibile; è quel Sud quasi pietrificato ed abbandonato a se stesso che non crede in un suo futuro possibile, soprattutto per una grave mancanza di generali condizioni di vita e delle necessarie opportunità umane per una convivenza civile capace di uno stare insieme umano, solidale, coeso e democraticamente impegnato a fare tutti la propria parte, per contribuire a quel bene comune, alla base di ogni possibile rapporto umano tendente al cambiamento ed allo sviluppo, per mondi vitali dove non solo è possibile vivere, ma dove deve essere anche bello vivere. Il Mezzogiorno più del resto del paese, oltre alle difficoltà economiche/sociali del momento, soffre di un lungo passato di sottosviluppo che ne ha compromesso il futuro, lacerandone e gravemente, il tessuto umano e sociale, ad un punto tale da compromettere ogni possibile e nuova infrastrutturazione sociale, pensando positivo e basata su di un mondo nuovo con uomini assolutamente nuovi, per la piena realizzazione di nuovi capitali umani. La questione meridionale, oggi più che mai, è una vera e propria questione italiana; una questione fortemente emergenziale da cui bisogna assolutamente uscire, per evitare lo sfilacciamento generale del tessuto sociale, con nuove povertà, nuovi bisogni ed uno smantellamento diffuso del welfare state, da cui tanto è dipeso e soprattutto tanto dipenderà il futuro italiano e quella solidarietà di insieme che può meglio tenere unito il sociale, come condizione per lo sviluppo. Al Sud, è necessario ricostruire quel patrimonio etico/culturale capace di promuovere e promuoversi, rispettando la coesione sociale e tutte quelle regole che servono al bene comune. Al Sud è urgente che la gente rispetti le regole e che si riappropri di quegli indispensabili principi di legalità senza i quali non ci può essere coesione sociale e capacità diffusa di crescita con livelli ottimali di sviluppo creativo, capaci di diventare opportune risorse per tanti giovani talenti costretti ad emigrare nella logica di sempre e tante donne inoccupate costrette sempre più ad oziare, nella disperazione del silenzio domestico, senza possibilità alcuna di guadagno e senza alcuna opportunità di allinearsi, superando l’abissale differenza di genere al mondo maschile che ancora in qualche modo domina le scene ed agisce in difesa di privilegi dal forte sapore medievale e di società ancestralmente arretrate. Mentre si pensa ad un Sud assolutamente da sviluppare, ad un’Italia da cambiare, attualizzandone le condizioni di crescita ai tempi nuovi di un mondo sempre più globale, nelle diverse realtà meridionali e  più in generale in tutto il Paese cresce, con grave danno, lo spreco delle risorse umane, considerate residuali o per niente considerate al Sud ed altrove fortemente marginalizzate, con la gente costretta a fuggirsene, insieme ai tanti “cervelli” che agiscono per il bene comune in tante parti del mondo, mettendo in evidenza tutta la loro genialità, assolutamente indifferente all’ingrato e baronale sistema Italia, un sistema vecchio che si rifiuta di aprirsi a chi merita, a chi può concretamente e consapevolmente contribuire a far crescere anche nel nostro Paese, il capitale umano ed un futuro possibile, creando il tanto atteso sviluppo che è fortemente compromesso dal grave male antropico di cui, purtroppo, soffre l’intero nostro paese ed in modo grave il Sud. Nelle diverse realtà meridionali è ancora il familismo, il clientelismo, la corruzione e la criminalità diffusa a non permettere di fare rete, di puntare sulla dignità umana e di assaporare quel profumo di legalità e di riscatto dell’uomo, possibile solo grazie ad una diffusa crescita culturale, la sola che può finalmente liberare le coscienze dalla sofferenza antropica, una piaga maledetta lenta a morire sia al Sud del nostro Paese che in tutti i Sud del mondo, dove, oggi più che mai, c’è un passato ed un futuro, assolutamente privi del collante del presente, dove l’unica garanzia di futuro è affidata al solo invadente denaro. Nel nostro Paese, oggi più che mai, si considera utile e positivo affidarsi ai banchieri, nonostante la certezza di un’economia padrona tutta protesa al profitto, mentre gli obiettivi fondanti e portanti dello Stato dovrebbero essere quelli di saper costruire un’umanità nuova, fatta di valori e di un insieme sociale capace di esaltare l’UOMO e non il solo possesso delle cose, finalizzate a divinizzare il dio denaro, a cui è votato soprattutto il mondo sempre più disumano dei finanzieri e banchieri d’Italia e non solo d’Italia, che si credono i padroni di “tutto”, compreso il diritto alla vita degli uomini della Terra.

2 pensieri su “Mezzogiorno: quale futuro?

  1. Caro Dottore, io ho lavorato per anni al nord, prima del pensionamento e prima del ritorno in provincia di Salerno. La differenza tra la mentalità esiste ma ci son tante brave persone in tutt’Italia. Ho vissuto a Torino, poi in Emilia in varie località: gente meravigliosa. Tornando a Salerno trovo l’aria troppo poco europea. Bisogna aprirsi al mondo.

  2. @marco, the fiddler.
    …e soprattutto bisogna mettersi a lavorare sul serio e non coprire tanti falsi invalidi tutti concentrati a sud

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