I mali d’Italia

Giuseppe Lembo

Il nostro Paese sta attraversando un periodo difficile e di grande e grave sofferenza umana e sociale. Per uscire o almeno tentare di uscire dalla crisi, è necessario capirne le cause; è questo, il solo modo certo per dare fiducia ed ossigeno al nostro Paese, dove l’aria è diffusamente irrespirabile. Di chi la colpa del disastro Italia? Al primo posto e non può essere che così, c’è la politica; quella politica maneggiona attenta a se stessa e poco o niente ai problemi della gente, da cui con crescente indifferenza ha preso le distanze, dimenticando l’obiettivo finale del fare politica. Tra l’altro, e questo è stato un grave male per tutti, è mancato un progetto dell’insieme italiano; al degrado morale, alla crisi dei valori, della cultura e dell’etica condivisa, si è risposto sempre e solo con la più assoluta indifferenza. Un comportamento suicida da mondi separati; l’uno indifferente all’altro, l’uno egoisticamanente attento a se stesso senza capire che stava avvenendo nelle altre sfere della società. In questi tristi scenari si è consumato nei decenni il dramma italiano; in questi scenari, in un processo inarrestabile di mutazione genetica il dna italiano ha subito una profonda e lacerante deviazione. La gente, fuori dai disastri di una guerra imposta ed assolutamente inutile ed inopportuna, rimboccandosi le maniche, negli anni della ricostruzione ce l’ha messa tutta, dando tutto di se stessa, non ultima la risorsa delle braccia a buon mercato che, attraverso una vera e propria rivoluzione silenziosa, vedendo cambiare il loro mondo contadino, in mondo industriale, si è messa in cammino producendo ovunque e non solo per sé, pane, lavoro e sviluppo legato, tra l’altro, alle tante risorse che gli italiani del mondo facevano rientrare abbondanti nei confini della madrepatria. Mentre tutto questo cambiamento profondo succedeva nella società italiana del lavoro, che cosa è veramente successo nella borghesia italiana, una classe di riferimento con un ruolo di primo piano nella complessa e non sempre lineare storia del nostro Paese? È importante capire i comportamenti italiani; è importante seguire il corso della storia del nostro Paese, attraverso i comportamenti della sua borghesia che fuori dal latifondo e dalle risorse della Terra, si cercava altri spazi, altre condizioni di tipo economico-finanziario per essere sempre in primo piano e contestualmente governare da padrona il Paese, sempre più violentemente chiuso nelle decisioni di pochi, parte importante del potere reale dell’intero insieme italiano.  Questa è stata ed è la borghesia italiana. Un potere forte, sempre alleato dei poteri forti ed in primo piano della Chiesa che ha sempre pensato oltre alle anime da curare anche agli affari temporali da mettere in piedi, venendo così meno a quel dovere morale di lavorare per gli ultimi e non per il privilegio dei pochi. La borghesia italiana per niente intenzionata a mollare il potere, come sempre, ancora oggi lo esercita tutto per sé. Nel nostro Paese è crescente la mancanza del rispetto istituzionale; la nostra gente ha ormai perso il senso dello Stato; e così, il nostro Paese ha perso completamente la bussola. Mancano i riferimenti forti; nessuno crede più a niente; c’è tanta sfiducia dell’uno verso l’altro. Tutto questo ci sta succedendo ed il Paese lo subisce in silenzio, in una situazione diffusa di grave crisi economica, accompagnata da una altrettanto grave crisi politica e morale. L’occasione per parlare della borghesia italiana e dei mali d’Italia, ci viene dalla recente pubblicazione del libro edito da Laterza, “L’eclissi della borghesia” del sociologo Giuseppe De Rita, presidente del Censis e del giornalista Antonio Galdo. Per capire la borghesia italiana, bisogna saper guardare con attenzione all’attuale estrema confusione italiana, da vera e propria anarchia, una anomalia che ha le sue radici proprio nella crisi della borghesia, una crisi asfissiante che non permette al Paese di svilupparsi e di sviluppare al suo interno, una nuova classe dirigente, linfa umana, centrale per ogni possibile prospettiva di cambiamento e di sviluppo, economico, territoriale, umano, sociale e culturale. La borghesia, nella definizione di De Rita e Galdo, nel nostro Paese, è sinonimo di classe dirigente e di vera e propria èlite intellettuale. Il ceto medio è altro rispetto alla borghesia; è massa anonima ed indifferenziata, animata solo da pulsioni individuali, tese al miglioramento delle proprie condizioni economiche con facili degenerazioni verso la corsa al guadagno facile ed all’arricchimento da rapina. La borghesia ha avuto in Italia un ruolo di primo piano fin dal Risorgimento. Dicono gli autori di un libro tutto da leggere che, l’obiettivo borghese nella società era quello di produrre decisioni al disopra ed al di fuori dei propri interessi; un tempo al centro dell’azione borghese c’erano gli interessi generali, identificabili negli interessi della Patria, della Nazione. Nel dopoguerra italiano una squadra di borghesi, definita di “Gran Borghesi” è attivamente al lavoro per reinventare un Paese scassato e con redditi pro capite da fame africana. Molti i nomi di borghesi importanti che diedero il loro attivo contributo a fare l’Italia; da Ezio Vanoni a Pasquale Saraceno ed Alcide De Gasperi; contribuirono per decenni a governare le sorti politiche italiane, realizzando un’Italia rinata e per tanti aspetti nuova. La borghesia italiana esaurisce il suo ruolo di “governo” del Paese alla fine degli anni sessanta, quando l’Italia entrò negli anni d’oro di un miracolo economico che portò il nostro Paese ai primi posti del mondo. Sono gli anni dell’esplosione dei consumi e di uno stato sociale diffuso in tutto il Sud. Si ha la centralità del ceto medio, con un’iperbole crescente dell’Io, un vero e proprio Io mondo, fortemente devoto al dio consumo. Sono, per il nostro Paese, gli anni del berlusconismo; scompare, intanto la mitezza borghese, sempre più ovunque sostituita dall’arroganza amorale dell’egoismo, finalizzato al tutto per sé. Gli scenari della politica italiana cambiano; c’è una forte implusione di comportamenti umani e politici. È l’inizio di un lungo periodo caratterizzato dalla politica a vita con una gerontocrazia crescente; su 8000 sindaci italiani solo 70 hanno meno di 30 anni e 500 meno di 35 anni. Siamo ormai, nel culo del sacco. Siamo in un vicolo cieco e senza vie di uscita. Bisogna agire e reagire, mettendo opportunamente la parola fine all’epoca, troppo a lungo, caratterizzata dal “mondo dei furbi”. Occorre, tra l’altro, una borghesia rigenerata capace, di tornare al noi sociale al posto dell’io egoisticamente individuale, espressione di un potere senza limiti. Occorre pensare insieme ad un modello Paese capace, come auspicato da De Rita – Galdo, di ridare alla società italiana una classe dirigente nuova, dal respiro nazionale, in grado di aiutare il Paese a crescere e di fare concretamente e prima di tutto, gli interessi della gente. Occorre rigenerare la società per rigenerarsi, dando ai cittadini il ruolo di organizzare il welfare ed allo Stato il ruolo di organizzare il governo del Paese. La borghesia italiana, deve saper ripartire da qui; deve far crescere l’impegno politico spontaneo di fasce sempre più larghe di cittadini. Se non sa fare questo, oltre a fare male a se stessa, fa tanto male all’intero Paese. Tanto, così come nell’intelligente e condivisibile opinione di De Rita e Galdo, espresso nel libro “L’eclissi della borghesia”, serve e ci serve, per uscire dalla palude e dall’immobilismo in cui è precipitato questo nostro malcapitato Paese, per colpa di uomini che, tra l’altro, hanno assolutamente dimenticato, con scelleratezza, l’appartenenza e l’identità italiana.

 

                                                                                               

Un pensiero su “I mali d’Italia

  1. Bravissimo Dottor Lembo. La politica italiana è marcia, e marci sono molti italiani. Ciò che accadde in campagna elettorale a Bracigliano lo dimostra. Bene fa a denunciare gli interessi materiali della chiesa che farebbe meglio a non fare politica.

I commenti sono chiusi.