Vallo di Diano: Di Brizzi sull’estrazione del petrolio

“Dopo aver partecipato all’incontro con i tecnici della Shell mi ritengo soddisfatto delle risposte ricevute”. E’ quanto ha dichiarato il Presidente dell’AIV – Valentino Di Brizzi – all’indomani dell’incontro avuto ad Atena Lucana a cui hanno partecipato una delegazione di imprenditori e la dott.ssa Francesca Mazzatorti – Responsabile Shell per i rapporti con il Governo- e la dott.ssa Katia Grassi – Geologa Shell, accompagnati dal Dott. Domenico Ciancio – Responsabile della comunicazione Shell. I tecnici della Shell – ha precisato Di Brizzi – ci hanno solo informato di quanto è stato posto in essere e di quali, a loro avviso, sono i rischi di una ipotetica estrazione del petrolio nel Vallo di Diano. Hanno tenuto a precisare che non esiste sviluppo a rischio zero, così come non lo è l’utilizzo dell’automobile, delle caldaie, la creazione di discariche ecc., ma che assolutamente la Shell non opererà nelle aree protette. Hanno chiarito – continua Di Brizzi – che un’eventuale perforazione assolutamente non

comporta l’aumento di sismicità della zona. Ovvio che ciò non significa che una zona sismica, quale è la nostra, non avrà mai altri terremoti, ma che l’eventuale esistenza di un pozzo, così come per le case in territori sismici, può avvalersi di protezioni e tecnologia tali da ridurre il rischio il più possibile. Rischio, poi, – continua Di Brizzi – che le

popolazioni del Vallo di Diano subiscono comunque indirettamente data la vicinanza delle estrazioni in Basilicata. Hanno confermato – prosegue Di Brizzi – che la Shell è disponibile a qualsiasi impegno le possa essere chiesto in tema di sostenimento delle spese per monitoraggio e salvaguardia ambientale (d’altronde è quanto succede anche in Nazioni come la Norvegia, dove di tutela ambientale hanno tanto da insegnarci), ma che il compito dell’effettivo monitoraggio spetta alla politica. I tecnici della Shell – conclude Di Brizzi – hanno poi tenuto a precisare che non compete alla Shell convincere il territorio della bontà della loro azione. Per quanto, infatti, essi possano essere convinti e possano dimostrarci che i rischi da correre sono assolutamente controllabili, sarebbe necessario che tale analisi fosse effettuata da un soggetto terzo, che non venga ritenuto portatore di interessi di parte, ciò, ovviamente,

nella tutela di ogni garanzia per i cittadini. Se, dunque, ci aspettavamo le favole da questo incontro – termina Di Brizzi – di certo non ce ne sono state raccontate. Di fronte, però, all’ostinata volontà dei Sindaci del territorio di rifiutare il confronto, ritengo che gli stessi amministratori debbano dare ai cittadini delle risposte. Se, come ci è stato detto, la Fase 1, per la quale si è richiesta un’autorizzazione, comporta esclusivamente indagini statistiche fondate su documentazione già esistente e, tra l’altro, ha una durata presumibile che varia dai 6 ai 12 anni, perché non consentire tale verifica e nel frattempo porre in essere azioni concrete di sviluppo alternativo (agricolo e turistico) che ci convinceranno, fra 10 anni circa, a batterci per un territorio che ha davvero qualcosa da offrire ai nostri figli? Se, invece, fra 10 anni saremmo ancora nelle stesse condizioni in cui ci trovavamo 15 anni fa e ci troviamo oggi, valuteremo, con serenità ed obiettività le scelte da effettuare.