L’Italia della creatività e della cultura

Giuseppe Lembo

Sono prossimi per il nostro Paese tre importanti appuntamenti internazionali: Il Forum delle culture a Napoli nel 2013; L’Expo 2015 a Milano; La capitale europea della cultura 2019. Sono tre appuntamenti che richiedono un forte protagonismo di idee e di azioni d’insieme, per rappresentare e presentare al meglio i tesori culturali di cui è ricco il nostro Paese. È su questi che bisogna intelligentemente pensare al futuro; risorsa certa e spendibile, può aiutarci ad uscire dal guado e rilanciare l’Italia culturale nel mondo, ricca di tante diversità che ne fanno la differenza. Attualmente la cultura italiana è relegata in un “ruolo cenerentola” che proprio non merita; soffre, relegata com’è ai margini. Inopportunamente è in discussione il suo ruolo sociale. Tutto questo ci cade addosso mentre in alcuni paesi europei la cultura è diventata, tra l’altro, una priorità della politica economica. Noi, facendoci male, ci teniamo fuori da un circuito virtuoso, compromettendo così il nostro futuro. Controtendenza non ci preoccupiamo di fare nostro l’obiettivo della strategia EUROPE 2020, che tende ad individuare l’Unione Europea come area leader in ambito globale nel settore delle industrie culturali e creative; oltre a questo, si pensa all’Europa come società creativa, in cui l’aspetto economico e produttivo della creatività si integri con quello sociale e comunitario, investendo tutti gli aspetti della vita individuale e collettiva. Si tratta di un obiettivo ambizioso, purtroppo, da noi ancora lontano e quindi difficile da raggiungere. Cultura ed attività creative centrali nelle politiche di sviluppo di alcuni paesi europei, sono relegate in azioni di retroguardia nel nostro Paese che ancora ha una visone della cultura racchiusa in un modello assolutamente obsoleto, basato sulla sola e poca efficacia valorizzazione del patrimonio culturale, un patrimonio sempre più abbandonato a se stesso. Non da ultimo, la cultura è di grande utilità nell’identità territoriale; un’identità culturale forte ha maggiore capacità di porsi all’attenzione del mondo globale; infatti la cultura costituisce un’importante garanzia nel gioco della sostenibilità. Per pensare positivo e positivamente guardare al futuro, è necessario saper trasformare le nuove idee culturali in effettive scommesse di sviluppo. La cultura in senso nuovo, è alla base dell’economia della conoscenza, purtroppo assolutamente lontana dai nostri obiettivi e dal nostro modello di vita e di sviluppo. Da noi, le nuove frontiere della cultura possono pensare tra l’altro al recupero dei luoghi a rischio abbandono. È anche un’opportunità di integrazione a favore dell’inclusione nei processi della conoscenza culturale dei poveri e di quanti emigranti, per bisogno vanno da un capo all’altro del mondo. L’Italia è in ritardo; non può, più oltre, starsene a guardare. Deve arrivare assolutamente preparata ai grandi appuntamenti del 2012, 2015 e 2019. Il nostro futuro dipende da quello che sappiamo fare nel campo della crescita culturale. Dobbiamo saper pensare alla cultura dalla lunga durata, ossia a quella cultura che è valore e civiltà e che è al tempo stesso cosmopolita e locale. Non si può rimanere fermi e fatalisticamente da “indifferenti” subire il futuro; è necessario avere la mente aperta e saper pensare che il passato non è una gabbia da cui è difficile liberarsi, ma una grande opportunità d’insieme per costruire il futuro; il futuro del nostro tempo è globale e si chiama mondo, e come tale patrimonio di tutti. Il passato che ci appartiene è un riferimento concretamente importante su cui dover costruire il futuro come atto dovuto dei padri virtuosi nei confronti dei propri figli che vanno aiutati e non traditi nelle loro attese da parte dei tanti ladri di futuro, insensibili al grido di dolore che oggi separa violentemente il presente dal futuro possibile, allontanandolo dalle legittime attese dei giovani, sempre più traditi ed abbandonati a se stessi. Nel nostro Paese, la ricaduta positiva in termini di economia e di sviluppo del modello ormai superato della valorizzazione culturale, è assolutamente parziale; tanto, perché trattasi di un valore strategico limitato. Bisogna allargare gli orizzonti e pensare o saper pensare ad uno sviluppo culturale capace di incidere sui più disparati campi della produzione di prevalente valore economico e sociale. I temi nuovi del futuro culturale sono: innovazione, welfare attivo, sostenibilità ambientale, integrazione e coesione sociale, nuovi modelli imprenditoriali, identità territoriali. La cultura, in tutti questi campi, ha un grande ruolo; è assolutamente centrale. La partecipazione culturale attiva non è data tanto e solo dal consumo culturale, quanto dal mettere in atto le proprie capacità nel produrre cultura, come capacità da realizzatore attivo di prodotti culturali. È il primo importante stadio dell’imprenditorialità creativa, su cui si basa l’ecologia creativa, habitat naturale dell’innovazione dalla quale e solo dalla quale dipende lo sviluppo possibile. Le frequentazioni culturali si traducono, tra l’altro, in tassi più elevati nell’aspettativa di vita di circa due anni ed oltre. La cultura un grande valore umano e dell’insieme sociale, influenza, tra l’altro, significativamente la qualità della vita percepita, soprattutto nel mondo degli anziani e dell’ospedalizzazione. Può determinare politiche di invecchiamento attivo con una base culturale che si traduce, tra l’altro, in consistenti benefici economici, riducendo le spese in materia di finanza pubblica sanitaria. La sostenibilità ambientale è fortemente legata al grado di alfabetizzazione culturale. Giovamenti significativi vengono dalla crescita culturale anche all’integrazione e coesione sociale. Situazioni diffuse di crescita culturale si traducono in termini positivi anche nello sviluppo dei nuovi modelli imprenditoriali, basati sempre più sull’inclusione degli utenti nella filiera progettazione, creazione e fruizione dei prodotti. Noi italiani dobbiamo svegliarci e con forte ed attivo protagonismo, capire che siamo gente di cultura e che la cultura è la nostra grande ricchezza per il futuro del nostro Paese. Non è da noi vivere da rassegnati! Concludo ricordando opportunamente le intelligenti parole dello statista inglese Winston Churchill: “E’ un peccato non fare niente, con il pretesto che non possiamo fare tutto”.