Appello Associazione Rondine sulla clandestinità

 

Al Ministro dell’Interno, Dott. Anna Maria Cancellieri

Al Ministro per l’integrazione, Prof.  Andrea Riccardi

Al Ministro del Welfare, Dott. Elsa Fornero

Ai Parlamentari della Repubblica

Alle organizzazioni politiche

Ai Signori Procuratori della Repubblica

Agli Sportelli unici per l’Immigrazione

Alle Questure, rispettivi Uffici Immigrazione

Alle associazioni di extracomunitari

Agli organi di informazione

Il Comitato Autoemersione, con l’associazione Rondine, evidenziano ancora, ed oggi  ai nuovi ministri del governo Monti, che in Italia da troppi anni si fa una distinzione dei cittadini extracomunitari che è ipocrita e distorta perché si fa una semplice distinzione tra chi ha e chi non ha il permesso di soggiorno chiudendo un occhio, anzi tutte e due, su come si è avuto e sul fatto che centinaia di migliaia di extracomunitari clandestini lavorano “a nero”.

Su questi fatti venivano presentati,  da diversi extracomunitari interessati e dagli avvocati Gino (Biagio) Di Maro e Lorenzo Cinquepalmi, più esposti in più Procure nei quali si denunciavano modi molto diffusi contro legge pur di avere il permesso di soggiorno. Si evidenziava, come fatto più importante, che si è innescato, come via quasi obbligata per il clandestino, un meccanismo illegale ed infernale che giocoforza porta all’utilizzo di dichiarazioni o contratti di lavoro mendaci. Quanto è stato scritto lo sanno tutti, ma concretamente c’è un sostanziale silenzio che rischia di passare alla storia alla stregua del silenzio delle Autorità (comuniste) Polacche sulla strage di Katyn, sapevano e tacevano. E’ stato evidenziato in questi atti che la materiale applicazione della c.d. norma sulla “chiamata diretta” (art. 22 L. 286/98) del cittadino extracomunitario, con la quale può essere rilasciato un permesso di soggiorno per lavoro subordinato allo straniero che è nel paese di origine, nell’attuazione pratica, ha provocato notevoli distorsioni. Infatti, è molto raro che una persona, senza interessi poco chiari, proceda a fare la richiesta di una persona perfettamente sconosciuta, di cui non conosce le capacità lavorative, anche sommariamente. E’ nata la prassi che gli extracomunitari, entrati in Italia senza visto o con un visto turistico (che sta diventando il “visto per la clandestinità”), entrano nella clandestinità e poi successivamente, per arrivare alla regolarizzazione, devono attendere una sanatoria o strumentalizzare in modo illegale la norma della “chiamata diretta” attraverso una finta “chiamata diretta” mentre si trovano in Italia da irregolari. Con questa domanda finta e falsa si attende – in avvilente clandestinità – il nulla osta al visto e con lo stesso si deve fare un viaggio finzione recandosi nel paese di origine per ritirare il visto e per poi rientrare in Italia!…Sia con la domanda di sanatoria che per la “chiamata diretta” viene chiesta al vero datore di lavoro “a nero”, ma, se lo stesso si rifiuta, si fa ricorso a domande in sanatoria o domande a chiamata diretta mendaci, con un datore di lavoro presso il quale non si lavorerà mai, e che in molti casi è presentato da mediatori di dubbia moralità dietro l’esborso di ingenti cifre. Le domande a “chiamata diretta” presentate negli ultimi anni con questo meccanismo a dir poco vergognoso hanno superato il milione. L’ultima sanatoria, dopo sette anni, nel settembre 2009, ha riscontrato la presentazione di 300.000 domande in soli trenta giorni. Le domande dell’ultimo decreto flussi (dal 30/1 al 30/6/2011) sono state ancora centinaia di migliaia, ancora un’altra valanga. Queste cifre fanno capire il fenomeno in tutta la sua pericolosità sociale. Questo sistema fatto male, e un uso crescente di dichiarazioni di emersione mendaci, lo abbiamo letto sui giornali e, come prova di quanto detto, si può notare che appena l’extracomunitario prende la ricevuta di permesso di soggiorno si verifica che viene licenziato. Si legge pure che il fenomeno di illegalità in questo settore è oggiAggiungi un appuntamento per oggi su basi organizzate. Su questi fatti sono stati presentati gli esposti all’A.G. In essi è stato evidenziato che la logica finale che regola il rilascio del permesso di soggiorno è stata sconvolta per cui alla base non vi è più il diritto allo stesso, ma la discriminante diventa, per l’extracomunitario clandestino, avere la sorte di trovare o meno (ovviamente dietro l’esborso di ingenti cifre) uno scaltro traffichino organizzatore di domande mendaci sia in “sanatoria” che per questi percorsi infernali che prevedono una finta “chiamata diretta” mentre si trovano in Italia da irregolari unito ad un viaggio finzione recandosi nel paese di origine per ritirare il visto e per poi rientrare in Italia!… Tutto ciò, unendo ancora la sorte di non aver avuto una precedente espulsione ed  anche una mera espulsione senza aver commesso reati. Qui gioca proprio il non aver avuto la sfortuna di incontrare per strada una pattuglia di Polizia in un momento in cui non c’erano altri interventi da fare. La malasorte invece è essersi imbattuti in uno dei tantissimi truffatori che, incassa la cifra non dovuta, promette di formalizzare una finta “chiamata diretta” o una domanda di “sanatoria”, ma la stessa o non è “ben impostata” o il sedicente datore di lavoro non ci da seguito o non viene neppure presentata e l’eventuale ricevuta è solo un volgare falso. Gli esposti sono stati presentati a supporto di chi ha chiesto indagini per l’accertamento di fatti specifici penalmente rilevanti che sono stati denunciati all’A.G., ma anche per un’indagine sui permessi di soggiorno già rilasciati che accerti se gli stessi sono stati rilasciati a coloro che si sono piegati ad una logica e ad un percorso di sfruttamento. Il malessere generato nei tanti clandestini truffati, e comunque dei tanti aspiranti alla regolarizzazione, ha dato vita a manifestazioni di piazza ed è culminato con gli episodi dell’occupazione di una gru in un cantiere a Brescia e di una vecchia ciminiera abbandonata a Milano che nel novembre 2010 hanno fatto parlare per giorni delle truffe ai danni degli immigrati sia sui giornali che nelle trasmissioni televisive di prima serata più seguite. In più, il malessere generato nei tanti clandestini ha dato vita ad iniziative che hanno visto coinvolte associazioni di immigrati, sindacati, ma anche Parlamentari di diverse provenienze con interrogazioni parlamentari e mozioni. Una di queste iniziative, scaturita dalla “denuncia aperta sulla clandestinità” del 15/11/09 (sottoscritta da migliaia di stranieri diretti interessati, ma anche da tanti italiani), ha dato vita al Comitato Autoemersione. Lo stesso, strutturato a livello nazionale, invita i truffati a denunciare all’A.G. le vicende personali cui sono stati coinvolti e invita chi è rimasto fuori della sanatoria comunque ad attestare la presenza nel territorio italiano presentando una formale domanda di permesso di soggiorno. Ma l’autoemersione è implicita in diversi atti informali (come la presentazione di una denuncia, un ricorso di lavoro, un tentativo di conciliazione innanzi alla D.P.L., ecc.) ed è implicita, soprattutto, in chi è titolare di una domanda ex art. 22 L. 286/98 per la “chiamata diretta” essendo di tutta evidenza che lo stesso vive in Italia e ci lavora sia pure “a nero”. Il Comitato Autoemersione evidenzia che le Autorità Italiane sono di fronte ad una colossale autoemersione di cittadini stranieri che chiedono di vivere e lavorare pacificamente in Italia rispettando la legge italiana e, rispetto a questa istanza di dimensioni colossali, è doveroso dare un riscontro. Tuttavia non vi è stato, da parte del precedente governo e del Parlamento, un effettivo riscontro alla domanda di risoluzione di questo problema che è di evidente necessità non solo per i diretti interessati, ma anche per la collettività. Non vi è stata una riforma organica dell’intera materia, ma neppure è stato adottato un provvedimento ad hoc, urgente e necessario, per fronteggiare il fenomeno delle tante truffe e le disfunzioni denunciate innanzi mentre si continua, nella gestione dei permesso di soggiorno, a chiudere un occhio, anzi tutte e due, su come si è ottiene il permesso di soggiorno stesso e sul fatto che centinaia di migliaia di extracomunitari clandestini lavorano “a nero”. Questo lassismo sta generando un vespaio di situazioni giuridiche le più disparate che deve far riflettere. E non solo: lo stesso ingenera la convinzione nello straniero che in Italia si vive di espedienti e truffe. Di fatto il decreto flussi del 2011 non ha tenuto in alcun conto delle disfunzioni denunciate. Ed è questo il motivo per cui oggiAggiungi un appuntamento per oggi si scrive rispettosamente ai nuovi Ministri perché la mera ripetizione del decreto flussi – senza una differente strutturazione normativa – significherà esclusivamente un’altra ondata di domande (molte delle quali saranno la riproposizione da parte degli stessi malcapitati che sono già stati truffati) con altre speranze al vento ed altre truffe. Noi scriviamo perché sia adottato un provvedimento che affronti la problematica qui sollevata dalle radici. Ci permettiamo di suggerire con il decreto flussi 2011, ma anche con separata norma ad hoc, di introdurre quanto segue: “Il cittadino extracomunitario comunque presente nel territorio dello Stato Italiano, entrato con un visto diverso dal lavoro o senza visto, ovvero con visto scaduto o con permesso di soggiorno non più in corso di validità deve notificare per via telematica al Ministero dell’Interno “atto di soggiorno” contenente richiesta di permesso di soggiorno per attesa occupazione, estremi di un valido documento di riconoscimento e il luogo di abituale domicilio. Il cittadino extracomunitario medesimo che, nel corso di operazioni di polizia o di indagini o nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, viene sorpreso a svolgere lavoro subordinato a nero è ugualmente tenuto a tale obbligo nei sessanta giorni successivi all’accertamento. Il cittadino extracomunitario che ha notificato l’atto di soggiorno nei centoventi giorni successivi ha diritto di soggiornare nel territorio italiano per attesa occupazione e di essere titolare di richiesta nominativa di autorizzazione al lavoro tranne che nei suoi confronti sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’art. 13, commi 1 e 2, lettera c) della legge 286/98 e dell’art. 3 del D.L. n. 144/05, convertito dalla L. n. 155/05, ovvero che risulti segnalato, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, ovvero che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata ex art. 444 C.P.P., per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 del medesimo codice. Il datore di lavoro che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato con un cittadino extracomunitario che ha notificato atto di soggiorno deve presentare all’ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa di autorizzazione al lavoro ai sensi dell’art. 22 L. 286/98 previo pagamento di un contributo forfetario all’INPS di 500 euro per il lavoro domestico e di 800 euro per gli altri casi. Sulla richiesta nominativa, di cui al comma che precede, viene rilasciato il permesso di soggiorno per lavoro subordinato nell’ambito delle quote stabilite dal decreto annuale di cui all’art. 21 L. 286/98 residue ovvero in base al successivo decreto. In base all’ultimo caso, ed in ogni caso in attesa della definizione del procedimento, il cittadino extracomunitario può essere adibito all’attività lavorativa ed al datore di lavoro fino alla data del rilascio del permesso di soggiorno ovvero fino alla data della comunicazione della sussistenza di motivi ostativi al rilascio del permesso di soggiorno, non si applica l’articolo 22, c. 12 L. 286/98. L’interruzione del rapporto di lavoro per licenziamento, morte o cessazione di attività del datore di lavoro o dimissioni per giusta causa comporta il diritto per l’extracomunitario ad essere titolare di ulteriori richieste di lavoro subordinato nei sei mesi successivi. La mancata notifica dell’atto di soggiorno o l’aver fatto trascorrere i termini di cui sopra senza essere stato titolare di richiesta di lavoro subordinato senza aver lasciato il territorio dello Stato Italiano comporta l’applicazione delle norme di cui all’art. 10 bis L. 286/98.”
 Per il COMITATO AUTOEMERSIONE
Via Francesco De Sanctis n° 50, Milano
Tel/mob 3271987382
Tel/fax 02.700552400
e-mail: rondine.pres@gmail.com
 On.le Avv. Felice Carlo Besostri
Presidente del Comitato Autoemersione Milano
Avv. Gino (Biagio) Di Maro
Vicepresidente della Rondine
Portavoce nazionale del Comitato Autoemersione
Milano