Nocera Inferiore con gli occhi di Domenico Rea

Arturo Parlati

Domenico Rea (1921-1994) fu uno scrittore Campano. Nacque a Napoli l’ otto Settembre del 1921 da padre nativo di Nocera Inferiore. Fu proprio a Nocera Inferiore che visse la sua infanzia e la sua adolescenza. Dopo un percorso artistico e lavorativo che lo portò prima a Milano e poi a Napoli, iniziò a pubblicare le sue prime opere letterarie e contemporaneamente collaborò con importanti testate giornalistiche (tra cui La Repubblica ed Il Mattino). Negli ultimi anni di vita ritornò nei luoghi della sua adolescenza, ove ambientò un romanzo “Ninfa plebea” che gli valse il premio Strega nel 1993, un anno prima della sua morte. Rea fu uno scrittore energico, legato ad un tempo passato ed ad una tradizione letteraria Italiana di ascendenza trecentesca, toscana, boccaccesca. Attraverso i suoi occhi Nocera Inferiore divenne “Nofi”: un luogo distante per schemi sociali e retaggio da primo dopoguerra, eppure drammaticamente vivo per le violente passioni che ospita. Miluzza, la “Ninfa plebea” di Domenico Rea, è un personaggio forte e controverso. E’ una ragazza di provincia che segue il destino riservato a molte donne del popolo di quell’ epoca: prendere marito, badare alla famiglia, eseguire esclusivamente quelle mansioni che un tempo l’ uomo riteneva prettamente femminili. Miluzza è affetta da malasorte; figlia di un’ unione male assortita, da giovane è vittima di violenze e si ritrova da sola con il lavoro di sarta a portare i pantaloni in casa propria, in un periodo in cui il lavoro della donna era sottostimato. Ma Miluzza è bella, terribilmente bella, e questa sua naturale qualità combinata alle sue origini plebee la conducono ai margini delle strade dove bellezza, donna, sesso e denaro sembrano quasi avere una relazione. Rea è spietato nel descrivere la società di Nofi. Gli abitanti di Nofi sono ossessionati dai pettegolezzi, dal denaro, dal sesso che non viene vissuto serenamente ma con una carica negativa che si sprigiona ogni volta che si infrange un tabù di una religione non più intimamente sentita, ma che per i cittadini è ormai solo maschera di folclore e velo di ipocrisia. Miluzza in questo inferno riesce a trovare amore solo dopo che Nofi, in un conflitto mondiale, viene bombardata e messa alle fiamme. L’ amore non giunge a Miluzza da un cittadino di Nofi, ma da un straniero, Pietro, un eroico soldato italiano che è pronto a tutto pur di dare dignità alla donna che gli ha salvato la vita. In tutta la vicenda il vero miracolo non è la nascita di un amore, ma la scoperta nell’ inferno di Nofi, di un barlume di purezza e di una macchia di verginità proprio in colei che i cittadini avevano ormai giudicato ed etichettato come “la reietta”, in realtà loro pari ed il frutto di quella società in cui si era formata sin da bambina. Il personaggio di Miluzza visto nel suo insieme ha una tradizione non solo italiana, ma Europea. Si pensi alle “Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders” di Defoe, o ancor prima al mito di Danae, il cui motivo iconografico a seconda delle interpretazioni è sempre stato una cartina di tornasole per come un epoca percepisse il rapporto uomo, donna, sesso e denaro. Queste donne, tra cui la nostra Ninfa Plebea, ci suggeriscono un pensiero: che la donna si unisce ad un uomo per il suo denaro, solo quando inizia a credere che sia unicamente il denaro la cosa migliore che l’ uomo abbia da offrire. Questo pensiero è un monito sempre attuale con cui è necessario confrontarsi in modo da ridurre il più possibile la probabilità che nella nostra società un uomo o una donna possa cadere ancora in un tale abissale errore. Oggi Nocera Inferiore è una città molto diversa dalla fiabesca Nofi. Nocera conserva ancora le sue tradizioni, alcune sempreverdi altre affievolite. Ha una cronaca rosa, una cronaca nera ed una cronaca sportiva che l’ edicola in piazza puntualmente espone. Ma è una cittadina moderna che prova a seguire con i suoi tempi le città all’ avanguardia. Domenico Rea visse proprio nel cuore di questa città in un appartamento in piazza, al primo piano di un piccolo edificio storico. Oggi quell’ appartamento, annesso ad un bar (Bar Ideale in attività dal 1946), è una sala da tè e recentemente ospita anche un caffè letterario (inaugurato il 26 ottobre scorso). Se vi recate in questa sala, tra riproduzioni di manifesti del primo Novecento di Dudovich e Metlicovitz, troverete una targa commemorativa dove si legge:«A \ Domenico Rea (1921- 1994) \ cantore di Nofi \ queste sale, ove già dimorò. » Per me che ho letto spesso la frase, quel “già” ha un sapore attualizzante come una memoria che ritorna presente; mi piace immaginare che Domenica Rea da giovane si sia soffermato ad osservare, attraverso quelle finestre e da quei balconi, il brulicare della gente, gli incontri, gli addii, i saluti ed i dibattiti che rendono una piazza ed una cittadina viva. Sento che Rea ispirato dalla nostra città, abbia scritto una storia che ancora oggi ha qualcosa da dire, ha qualcosa su cui farci riflettere. Il romanzo di Rea è un invito a prendere coscienza delle nostre realtà territoriali e a partecipare attivamente al fine che alcune manifestazione di sofferenza individuale e sociale siano ridotte al minimo possibile. Il caffè letterario, citato pocanzi, ha il sapore di queste riflessioni nate dalla città ma che hanno valenza generale. È stato con questo spirito che il 26/10/2011 diverse personalità si sono riunite ed hanno fondato il caffè letterario, proponendo argomenti di letteratura, di scienza, di arte figurativa, di sociologia, di editoria. Quel giorno, negli occhi delle persone presenti e nel colore delle loro parole era visibile un principio che ci accomuna tutti. «Per noi l’ arte è un’ avventura che conduce in un mondo sconosciuto. Soltanto coloro che per libera volontà si assumono tale rischio possono esplorare questo mondo.» Adolph Gottlied, Bernett Newman, Mark Rothko 1943 New York Times. Oggi possiamo serenamente e gioiosamente condividere questi pensieri, nella certezza che per quei grandi artisti l’ arte è vita.