Mercato San Severino: “Novecento Napoletano”

  Anna Maria Noia

Uno spettacolo pienamente convincente, ad altissimo  livello, denso di sorprese, di ritmo e suspance, ricco di vis comica e drammatica intervallate, movimentato e ben congegnato anche per ciò che riguarda la notevole e interessante scenografia: questo e più ha rappresentato – a modesto avviso e parere di chi scrive – il primo appuntamento con la tradizionale e consueta drammaturgia in atto al teatro comunale di Mercato S. Severino per la nuova stagione teatrale, approntata da Fondazione Teatro retta dall’attrice Margi Villa. Giovedì 3 novembre scorso dunque la “prima”, così appassionante e durata ben tre ore senza vuoti e/o spazi effimeri, coinvolgente e incalzante, dalla ritmicità solenne e ariosa. Al comunale è stata rappresentata la piece “Novecento napoletano”, performata da Federico Salvatore, simpatico ed estemporaneo “guitto” poliedrico della tradizione partenopea con la collaborazione di tantissime comparse ed attori in scena anche scalzi, per ben tre ore di show e di “godimento” da parte del caldo ed entusiasta pubblico: quello (si suol dire) delle “grandi occasioni” (e questa lo era indubbiamente…), tanto per intenderci. I personaggi erano circa una cinquantina, compresa una banda che passava tra il pubblico e altri istrioni e tenori (sì, proprio dalla voce tenorile, impostata su pezzi di musica classica nell’ambito del vasto repertorio delle melodie più belle, significative, romantiche e malinconiche della napoletanità d’oro) molto preparati e dignitosi, per un copione, un plot sfaccettato e molto animato.“Novecento napoletano”, ambientato – come detto – all’era d’oro della melodia e canzone napoletana, è stato rappresentato per la prima volta al Politeama-Giacosa di Napoli nel “lontano” 1992. A rendere ancora una volta attuale tale show che tanto impegno ha visto da parte degli attori, il comico Federico Salvatore con l’ausilio e il “contornarsi” di Rosaria De Cicco, simpatica “scugnizza” nell’ambito della rappresentazione e della (magistrale) interpretazione. Accanto ai due principali protagonisti, altri validi e preparati recitatori. Il tutto per la regia (sapiente e ben calibrata) nonché per la scenografia stupefacente di Bruno Garofalo. Vari siparietti e scene, cartoline della Napoli che fu, che è e – speriamo – che sarà, dalla fine dell’800 ai primi del ‘900 si sono susseguiti sul palco, per la gioia, la felicità di tutti gli astanti e intervenuti, sebbene la qualità dello spettacolo meritasse molta più affluenza; tuttavia è tempo di crisi. Pathos, quindi, melanconia, ma anche intermezzi macchiettistici (come le parti relative alla rivista e al varietà), ben dosati e cadenzati, proposti dalla compagnia di recitanti in “Novecento napoletano”. In tale riproposizione di canzoni tipiche (“O marinariello”, “O surdato innamurato”, “Funicolì funicolà”, “O sole mio” ed altre chanson) degli anni d’oro della tradizione musicale meridionale non mancavano venature di tristezza e spunti di sogno o di incubo. Particolarmente toccante, per noi che scriviamo, la scena (tra le varie e stupende, commoventi) della partenza per l’America, interpretata dallo stesso Salvatore, comico cabarettista ma anche in veste di un ruolo impegnato e versatile in altri contesti seri: il classico emigrante con la valigia di cartone che per guadagnare cinquanta centesimi lavora come sguattero a New York e muore di nostalgia per la Patria – ossia Napoli – dove certamente era più misero, tuttavia viveva più felice. L’ensemble di attori era corale e coreutica nel suo proporsi in scena; il quadro era dinamico, movimentato. Il ruolo congeniale di Salvatore – che ha cantato in questi anni anche “Sulla porta”, un pezzo impegnato sull’omosessualità e sul tema dell’omofobia – è il gagà macchietta, ma Salvatore era – sul palcoscenico – anche ben “piazzato” in altre parti teatrali. Belli e ricchi, precisi, ben curati anche i costumi, tra popolane prosperose e giunoniche, procaci, e ballerine di charleston; tra avvocati paglietta e appunto, come detto sopra, gagà, i quadretti ed idilli sono stati riempiti con perizia e maestria dalle tante comparse scalze in scena. Tra i momenti salienti – vogliamo ricordare – la processione della Madonna dell’Arco con i cosiddetti “fuienti” più la banda e le altre numerose occasioni in cui proprio la banda saliva sulla fossa dei leoni (palcoscenico) dopo essere passata per la platea. Le voci e le sequenze si mescolavano in un pot pourree di sensazioni in un crescendo di attimi e di respiri di napoletanità; tutto dunque per accontentare un pubblico certamente esigente, quale il pubblico sanseverinese dimostra di essere, ma – lo ripetiamo – lo show meritava altro e meglio. Soddisfatta comunque per la ottima riuscita della kermesse, l’attrice Margi Villa, da due anni al “timone”, alla guida di Fondazione Teatro, che appronta e propone spettacoli di grande livello e richiamo. La presidente di Fondazione Teatro ci ha infatti rivelato: “Abbiamo anche quest’anno cercato di proporre un cartellone di qualità nonostante tagli e crisi, perché crediamo nel valore della drammaturgia e della recitazione, della Cultura con la maiuscola.”“Speriamo di aver soddisfatto le attese e le aspettative delle persone che vengono al comunale per divertirsi e passare qualche ora in allegria e spensieratezza. Il nostro programma vuole accontentare ogni gusto ed esigenza.”“Abbiamo già prenotazioni per altri spettacoli prossimi – conclude Margi Villa – il che dimostra l’affezione verso il teatro di tanti cittadini sanseverinesi o provenienti da cittadine limitrofe.”