“Orizzonti di Mezzanotte” di Ingenito 29°-8 agosto 2011, giorni -34

  Dal Capitolo 29 Vacanze italiane Parte prima Lo yacht del mistero Anche quel mercoledì di inizio luglio, la scelta, come sempre, non fu difficile. Fu quando intravide, non molto lontano da lui, la sagoma imponente del Dominator avvicinarsi alla piccola baia. Era lo yacht adocchiato da lontano mezz’ora prima, con Antonio, mentre si avvicinava alla costa. Osservò stupito la grande barca nella fase finale della manovra di ancoraggio.Davanti al suo giovane comandante, ad alcune centinaia di metri di distanza dalla riva, si stagliava l’albergo aggrappato alla montagna. Gli spazi per ormeggiare ad una delle innumerevoli boe distribuite in quel verde tratto d’acqua apparivano minimi e insufficienti per certi tipi d’imbarcazione. Bisognava rimanere al largo, ad un centinaio di metri almeno dalla riva, e gettare lì le due ancore di profondità. Era il primo mercoledì di luglio 2003, intorno alle 15.00. Il caldo infernale. Sul ponte di bordo assistevano alla manovra due giovani coppie ed una anziana. Il personale era costituito da sei marinai e da un cuoco. — «Troppi e non troppi come equipaggio.» — pensò Costabile, orientando con foga il suo piccolo gozzo di legno a remi in direzione del lussuoso natante.— Avranno fame. — si disse. — Meglio portarli subito all’Ippocampo. Il ‘Kaiser’ faceva il via vai tra i natanti in arrivo e l’ormai famoso ristorante sulla spiaggia di Conca dei Marini. Era lui, così si considerava almeno, l’addetto “ufficiale” al servizio in uno degli specchi d’acqua più famosi del mondo. Anche quel mercoledì di primo luglio, la scelta, come sempre, non fu difficile. C’era qualcosa che non lo convinceva fino in fondo dei nuovi venuti. Furono i membri dell’equipaggio in particolare, specie uno dal volto sfigurato, a renderlo istintivamente diffidente. Da vecchio e scaltro lupo di mare, non lo disse nemmeno a se stesso. Nel suo inglese pasticciato, in quell’aria innocente di finto e, allo stesso tempo, curioso ingenuo, si sforzò, una volta sottobordo, di animare subito la discussione, tenendola viva.— I am Costabile, Costabile Laudano. Very please to meet you. You are my master. I am your everything here on the beach of Conca dei Marini. You ask and I make, okay?[1] — farfugliò con tono sicuro nel suo inglese sempre più simpatico, ma altrettanto orrendo. Fu allora che uno sconosciuto, uscito d’improvviso dalla cabina di comando, gli chiese se fosse stato possibile trovare un alloggio per sei persone all’hotel lì di fronte. Costabile non si perse d’animo:— Yes, yes. I do the work. I know the director. He is my friend. All possible. No problem, no problem. Hotel full! — mentì, nella speranza di crearsi maggiori crediti di benevolenza da parte dei nuovi arrivati. — But I book rooms for you the same.[2] S’impegnò, così, ad intermediare per la prenotazione delle tre camere doppie richieste, proponendosi come guardiano diurno e notturno dello yacht e garantendo la privacy più assoluta da intrusi e curiosi. Si offrì, infine, come guida turistica personale di terra e di mare, per l’intero periodo di permanenza. Il tutto al prezzo forfettario di 100 euro al giorno. Se, poi, la sosta fosse stata superiore a sette giorni, avrebbe concesso uno sconto pari al 30%. Qualcuno a bordo sorrise, confermando il successo della proposta dell’anziano marinaio. L’accordo fu presto raggiunto. L’equipaggio sarebbe rimasto a bordo, senza accesso per nessuno, neanche per Costabile, né di giorno né, a maggior ragione, di notte. Gli ospiti, invece, si sarebbero presto trasferiti in albergo, a prenotazione avvenuta. Costabile sapeva che, nonostante l’alta stagione, le camere dell’albergo erano quasi tutte vuote. Però, non lo fece capire. Ovvio! Sarebbe stato lui, soltanto lui, l’artefice del successo. Non solo. Ma avrebbe fatto assegnare loro anche le stanze migliori. Nessuno tra i presenti si sarebbe accorto del trucco. Nel frattempo, le tre coppie si accomodarono a fatica sul gozzo traballante del pescatore per essere trasferite all’Ippocampo. Erano in sette e la barca, che di norma ospitava comodamente non oltre quattro o cinque persone al massimo, cominciò ad oscillare più del dovuto. Tuttavia, la distanza dalla riva non era notevole. Cento, centocinquanta metri al massimo, non di più. La manovra a remi avrebbe richiesto solo più tempo, maggiore perizia e, soprattutto, notevole attenzione.  La piccola baia era piena di imbarcazioni di varia stazza ormeggiate a pochissima distanza l’una dall’altra. La maggior parte apparteneva ai bagnanti locali che, da Amalfi e dai paesini limitrofi, si spingevano fin là per godere del mare pulito. Al tramonto l’area si svuotava quasi del tutto, per riaffollarsi il giorno dopo, specie nei fine-settimana. Sul bagnasciuga in cemento dell’albergo prescelto c’erano pochi clienti a quell’ora. Uno dei tre uomini dello yacht tenne fisso lo sguardo per tutto il tempo, sia su quell’area protetta dalla presenza degli estranei, sia sul lato sinistro della spiaggia, anch’essa, in apparenza, riservata ai soli ospiti dell’albergo. Quell’uomo dimostrava di avere non più di quarant’anni, un fisico asciutto e atletico, pelle scura, probabilmente arabo. Indossava pantaloncini firmati Versace, così come la camicia variopinta di seta a maniche corte. Si proteggeva il capo dal sole violento con un cappello di paglia a falde larghe e con un paio di occhiali scuri. Ai piedi, scarpe da tennis firmate Nike. Quanto all’espressione del viso, denunciava un aspetto infido e poco simpatico. Lì per lì lo sconosciuto sembrò colpito da quell’anomala collocazione dei clienti dell’albergo. Pochissimi su un bagnasciuga insolito, in realtà una piattaforma di cemento livellata alla meglio e visibilmente estorta alla natura.La maggioranza di loro, invece, sembrava collocata sulla spiaggia a fianco, piena di ombrelloni e certamente più accogliente. D’un tratto, il suo sguardo incrociò quello dell’amico seduto accanto a lui, apparentemente più giovane, con ogni probabilità sui trenta, trentacinque anni. Non era meno atletico e vigoroso di lui, benché più basso di statura. Taciturno come il primo, osservava a sua volta con molta circospezione quel luogo, evitando di incrociare lo sguardo del barcaiolo, quando gli capitava. Alì, era questo il suo nome, indossava un’elegante tenuta da mare e un cappello con la visiera pronunciata per difendersi dai raggi impietosi del sole. Inforcava un paio di occhiali Rayban, molto scuri, che impedivano a chiunque di penetrare il suo sguardo attento, ma defilato. Ai piedi due mocassini marrone di ottima fattura, dalla griffe inconfondibilmente italiana.— Ahmed, have a look there![3] disse quest’ultimo, rivolgendosi all’amico.— Where, Alì?[4] —rispose il primo. Sembravano due spie, più che turisti normali, a giudicare dal loro comportamento e dall’atteggiamento eccessivamente guardingo e sospettoso.L’uomo accennò con la testa in direzione del bagnasciuga dell’albergo, proprio verso quell’indecente piattaforma di cemento creata alla buona su un gruppo di scogli, sottratti così maldestramente al mare. L’altro capì, annuendo con un breve movimento del capo. L’espressione del viso che ne seguì tranquillizzò Ahmed. Non parve preoccupato più di tanto per la scarna presenza di clienti sulla pedana di cemento. Era normale che la maggior parte di loro preferisse distendersi sulla sabbia, piuttosto che sull’ampia colata di materia grigia, bollente e inospitale. Costabile captò il senso della breve conversazione tra loro, ma non il resto. Fece finta di nulla, ovviamente. Meglio ignorare e non dare nell’occhio con certi figuri, che, a suo parere, sembravano incapaci di esprimere simpatia.  Per lui erano e dovevano rimanere “clienti”, solo “clienti”, da spennare un po’, per quel minimo dettato dalle leggi della sopravvivenza di un inverno lungo e avaro.L’altro uomo, il più anziano, si rivolse, intanto, ad una delle due giovani donne, chiedendole che ora fosse. Parlò in una lingua incomprensibile per il barcaiolo, dura all’udito, perentoria. Forse tedesco o olandese. Ma non ne fu certo. Capì di cosa si trattasse dal gesto istintivo della ragazza. Guardò l’orologio e rispose all’uomo. Rania, doveva chiamarsi Rania, immaginò il barcaiolo. Quel nome era stato pronunciato due volte. Fu quando l’uomo le rivolse la parola e subito dopo avere ricevuto la risposta. Doveva avere detto «Grazie, Rania.» Così, almeno, gli parve di capire.Costabile osservò muto la scena, senza farsi notare. Vogava con le spalle rivolte in avanti, verso la spiaggia, continuando a sgattaiolare abilmente tra le innumerevoli imbarcazioni ormeggiate lì intorno. Gli altri passeggeri sembrarono ammirati da tanta perizia e abilità.Sorrisero quando lo scaltro indigeno accennò al più classico dei ritornelli della canzone napoletana. Spalancò la bocca enorme. I denti ingialliti, mangiati dalle carie, si unirono al suo sorriso spontaneo.— I sing Napolitan song nau. Yiù làik? …[5]Iniziò a cantare, più che altro a deflagrare, dando enfasi ai propri strepiti musicali, con presunta naturalezza e profondo auto compiacimento.— Chìst’è ‘o paèse ‘rò sòlèee … … .chìst’è ‘o paèse ‘rò màrèeeeeeeeeeee. Chìst’è ‘o paèse ‘addò tùtte è canzònèeeeeeee, ’ssò dòce è sò amàrèeeeeeeee, ssò sémpe’ canzòne’ d’ammòrèeeeeeeeeeeee! (…)


[1] Io sono Costabile, Costabile Laudano. Molto lieto di conoscerLa. Lei è il mio capo ed io il Suo tuttofare sulla spiaggia di Conca dei Marini. Lei ordina ed io eseguo, va bene?

[2] Sì, sì. Provvedo io. Conosco il direttore. E’ mio amico. E’ possibile, non ci sono problemi. Anche se l’albergo è pieno (…) riuscirò a procurarvi delle stanze.

[3] — Ahmed, guarda là!

[4] — Dove, Alì?

[5]  — Ora vi canto una canzone napoletana, la gradite?