La civiltà della consapevolezza

Giuseppe Lembo

All’uomo della Terra, soprattutto delle aree privilegiate del benessere, occorre un nuovo umanesimo, nuovi stili di vita per essere veramente felice. Tanto è necessario per contenere il disagio e le sofferenze umane; tanto è necessario per essere sempre se stessi nel mondo globale, dove le diversità-risorse rappresentano un fatto importante; tanto, sempre che ogni uomo, singolarmente preso, sappia confrontarsi con gli altri della Terra. Il mondo è cambiato; il mondo corre e corre sempre più in fretta. Nessuno vuole fermarsi per riflettere e, soprattutto, per confrontarsi con il mondo degli altri, di “quegli altri”, che, tutti insieme, rifiutano il colloquio, il confronto, lo stare insieme. Ma che strano mondo è il nostro! C’è tanta indifferenza tra le persone; nella vita d’insieme, c’è solitudine, c’è mancanza di dialogo. Sono pochi che parlano; pochi che cercano l’altro per confrontarsi e per costruire un cammino di umanità fatto, come sempre, di un insieme umano, senza il quale non ha alcun senso pensare ad un’umanità globale dove è bello vivere solo se si riesce a stare bene con gli altri. Questo mondo ha la sua forza, le sue radici nella società della consapevolezza, un importante valore a base della nuova civiltà. L’uomo sembra essere smarrito; non sa ritrovare se stesso e non sa, soprattutto, ritrovare se stesso nel confronto con gli altri. Non sa guardarsi dentro, pensare al solo essere fortemente in crisi, per effetto di un apparire che si è impossessato dell’uomo e non lo fa ragionare, non lo fa vivere in pace, ponendosi come motore e forza del vivere umano, dove non è più centrale l’etica, ma il dio possesso, il grande dominatore degli uomini della Terra nel corso del Terzo Millennio.