Università: tra verità e doppiopesismo

Aldo Bianchini

Come ricorderete, il 17 maggio 2010, il prof. Michele Ingenito, docente di lingua inglese presso la facoltà di Economia dell’ateneo salernitano, ed altri imputati, furono prosciolti a vario titolo per insussistenza dei reati loro contestati dalla Procura della Repubblica di Salerno sin dal lontano 2003. In sede di udienza, relativamente al prof. Ingenito, la stessa Procura della Repubblica, P.M. di udienza il dott. Vittorio Santoro, ne chiese il proscioglimento dopo sette lunghi anni di indagini condotte dal P.M. titolare dell’inchiesta Roberto Penna. Per uno dei tre reati contestati, come scrisse il GUP in sentenza, la Procura della Repubblica non avrebbe dovuto neppure richiedere il rinvio a giudizio in quanto già prescritto. L’inchiesta, scattata nel marzo 2003 a seguito di una telefonata anonima contro il noto e stimato docente e conclusasi nel 2006, finì improvvisamente sui giornali agli inizi di dicembre 2004, documentata praticamente in diretta da Il Mattino attraverso una serie di particolari che denotavano una conoscenza diretta ed approfondita dei fatti di indagine. Per sei giorni di seguito, tra il 7 e il 12 dicembre 2004, il quotidiano napoletano svelò tutta una serie di elementi riservatissimi, presumibilmente coperti dal segreto istruttorio. Contestualmente quel quotidiano informò l’opinione pubblica che, addirittura nel mese di novembre, il Rettore dell’università di Salerno Raimondo Pasquino, evidentemente già informato dell’evoluzione delle indagini in maniera certa e analitica, si era già costituito parte civile contro gli indagati, conferendo il relativo incarico al Presidente della Camera Penale di Salerno Carmine Giovine. Cioè senza che alcun provvedimento ufficiale fosse stato adottato dalla Procura della Repubblica nei confronti degli indagati. Un fatto di per sé sconcertante, che lascia spazio a moltissimi interrogativi che meritano ancora oggi una risposta da parte delle competenti autorità. Visti i risultati di un’inchiesta per la quale sono state investite ingenti risorse umane ed economiche, finita sui giornali, e praticamente fallita, mi chiesi: come mai Il Mattino potesse avere pubblicato notizie rivelatesi totalmente false ed infondate; se la Procura della Repubblica avesse aperto un fascicolo contro ignoti per rivelazione e pubblicazione di atti coperti dal segreto istruttorio; quali misteri si nascondessero sulle costosissime intercettazioni video-ambientali di cui le difese non hanno mai trovato traccia integrale; quali potessero essere, in fase di indagine, le ragioni di un accanimento giudiziario ben oltre i limiti della tollerabilità, nonostante i reiterati pareri contrari del GIP e della Cassazione; ed infine il perché di interpretazioni all’incontrario di verbali di indagine redatti, sottoscritti o filmati dalla Polizia Giudiziaria. Non ci resta che riprendere la nostra inchiesta per una vicenda che merita attenzione e riflessione da parte dell’opinione pubblica, cioè del popolo, che deve avere fiducia nella magistratura, sempre. Ma in maniera convinta, non per abitudine o per interesse specifico. “Esami senza ombre, assolti Ingenito e altri 4” oppure “Esami venduti, assolto il professore Ingenito”, questi a grandi linee i titoli di prima pagina sui quotidiani locali per celebrare l’assoluzione del prof. Michele Ingenito, associato di lingua inglese presso l’Università degli Studi di Salerno. Adesso che i riflettori si sono spenti ed è subito calata l’attenzione c’è l’obbligo di approfondire quanto è accaduto, tutto quello che è accaduto, senza tacere o nascondere nulla. Ad assoluzione conclamata sembrerebbe, quindi, che giustizia sia stata fatta. Subito, però, da cittadino ancor prima che da giornalista, mi chiedo se è sufficiente un’assoluzione per ripagare otto anni di tempesta giudiziaria, ma anche fisica, mentale ed ormonale che una persona deve subire prima di arrivare ad un verdetto che, pur nella sua limpidezza, lascia sconcertati: “assolto perché il fatto non sussiste”. Ma come è possibile rimanere in silenzio di fronte ad un fatto che non sussiste e per il quale la Procura della Repubblica di Salerno si è talmente incattivita, tanto da richiedere l’arresto in carcere del professore, da opporsi alla decisione del Gip dr.ssa Emilia Giordano, da ricorrere al Tribunale del Riesame e di non tenere in alcun conto le determinazioni della Cassazione che “aveva dichiarato la insussistenza degli indizi di colpevolezza ponendo fine alla querelle sulla libertà del docente e chiarendo i termini giuridici di una imputazione alquanto imprecisa”. E come è possibile che il pm dr. Roberto Penna, dopo tutto questo e dopo anni e anni di indagini, nel febbraio 2010 chieda “il rinvio a giudizio dell’imputato”, mentre, dopo poco più di quaranta giorni, senza alcuna altra indagine suppletiva, il pm di udienza (dr. Vittorio Santoro) chieda addirittura l’assoluzione per insussistenza dei fatti addebitati. Solitamente un pm di udienza che non conosce il caso, quando si trova dinanzi al Gip, si rimette alle richieste della Procura; ed è sbalorditivo che, in una fattispecie così complicata, il p.m. dr. Santoro abbia addirittura richiesto l’assoluzione. Insomma il caso Ingenito riapre l’eterno interrogativo: “Siamo di fronte alla sconfitta di un pm troppo accanito o alla conferma di una cattiva amministrazione della giustizia?”. La giustizia, per poter essere considerata tale, non può e non deve mai accanirsi, perché essa è uno strumento del popolo affidato a persone che non devono mai utilizzarla in maniera autoritaria. La giustizia, saggia obiettiva ed equilibrata, non va alla ricerca di strumentalizzazioni o di eventi che si pensa debbano accadere a tutti i costi, ma soltanto della verità, quella possibile, ovviamente. Invece, nel caso in specie, sembra che tutti si siano dimenticati della loro specifica funzione istituzionale, sociale e morale. E’ accaduto di tutto e di più in questa vicenda in cui è stato catapultato (forse dall’interno di un Campus troppo chiacchierato?) il prof. Michele Ingenito: intercettazioni ambientali, microtelecamere, interrogatori, divulgazione di segreto istruttorio, rapporti privilegiati tra Procura e qualche giornalista, attività investigativa svolta dal capo della Digos e dal sub commissario-capo della polizia del Campus che, all’epoca, erano anche “cultori della materia” nell’università per la quale indagavano, probabile alterazione dei videofilmati della Polizia -come nel caso di Una-Bomber – (a proposito, ordinati da qualcuno?), per arrivare al doppiopesismo dell’Università che prende fischi per fiaschi e parte lancia in resta contro il noto professore, mentre avrebbe fino ad oggi taciuto su un altro caso eclatante di un docente condannato da anni in via definitiva dalla Cassazione con interdizione dai pubblici uffici e tuttora in servizio. Alla luce della recentissima sentenza di assoluzione del prof. Ingenito qualcuno degli attori della vicenda dovrebbe chiedersi perché è accaduto tutto questo, perché qualcuno passò notizie false e tendenziose alla redazione salernitana de “Il Mattino” di Napoli che l’8 dicembre 2004 titolò a tutta pagina: “Università, sesso e soldi per un diciotto” seguito da un occhiello di tutto rispetto: “Salerno, si allarga lo scandalo degli esami a pagamento: in alcune foto gli approcci con le studentesse”. Falsità su falsità. E perché? Il professore Ingenito, forse, dava fastidio, era scomodo, era troppo preparato? La vicenda nasce, dicono le cronache, nel 2003 con una telefonata anonima. Tutto questo e tanto ancora cercherò di analizzare, senza sconti per nessuno, nelle successive puntate di questa inchiesta.

Un pensiero su “Università: tra verità e doppiopesismo

  1. Purtroppo le voci LIBERE come la sua sono pochissime ,con il rischio di essere denunciati.Comunque ci sono tante persone benpensanti come Lei,noi Le chiediamo di continuare con queste inchieste e di portarle all’attenzione nazionale.
    auguri
    Tonia

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