La libertà di amare

 Giovanna Rezzoagli

Come per la pace, coloro che chiedono con maggiore insistenza l’amore sono spesso quelli che lo esprimono meno. Renderci capaci di dare amore e prepararci a riceverlo è il sommo problema dell’integrazione; anzi, la chiave della salvezza”. Lewis Mumford, sociologo statunitense. Renderci capaci di dare amore. In una semplice frase è racchiuso il dilemma in cui ci dibattiamo, a volte, per tutta la vita. A volte, senza nemmeno rendercene conto. Renderci capaci di dare amore significa, ipso facto, concederci la libertà di amare. Noi siamo forse liberi di amare? Dipende. Da un’infinità di variabili. Tutto ruota attorno ai significati che ciascuno di noi attribuisce ai termini “libertà” ed “amore”. Partendo dal presupposto che ogni essere umano sano è in grado di amare e di comprendere l’amore, resta il dilemma di cosa sia l’amore, e quando l’amore è sano, o meno. Se è impossibile definire univocamente l’amore, assai più semplice una valutazione, seppur per sommi capi, di quando sia sano o patologico l’amore. L’alexitimia è un disturbo psicopatologico che rende un soggetto incapace di esprimere emozioni, secondo alcuni studiosi anche di provarle. Un soggetto alessitimico sarebbe incapace di amare? Forse, di certo non sarebbe libero di esprimere il suo amore, incatenato dalla malattia. Ritorniamo al concetto di libertà. Genericamente, la libertà è la condizione in cui un soggetto può esprimere ed esercitare la propria volontà in assenza di vincoli e costrizioni. Quando avviene ciò? Nella mia esperienza, di fatto, mai. Paradossalmente, ma solo in apparenza, i vincoli e le costrizioni più rigide alla nostra libertà li dettiamo noi. Nella misura in cui impariamo a conoscere, definire e rispettare le nostre emozioni e, di conseguenza, quelle altrui. Le nostre emozioni sono risonanze affettive di breve durata ma di forte intensità, che caratterizzano la nostra esistenza dai primi agli ultimi istanti. Paura, gioia, dolore, tristezza, euforia, malinconia. Tutte emozioni che conosciamo, ma che siamo in grado di distinguere? Non è affatto scontato. Il presupposto necessario per vivere liberamente le proprie emozioni è quello di conoscerle e riconoscerle. Conoscerle e riconoscerle significa dominarle quando serve e esprimerle quando serve. Le competenze di gestione emozionale ed affettiva si apprendono sin dalla più tenera età, in primis attraverso lo scambio emotivo ed empatico con i genitori, poi via via crescendo, con gli altri agenti socializzanti. La scuola, il gruppo dei pari, la società, tutto concorre a formare l’educazione emotiva dei giovani. Dopo la fase di ribellione tipica dell’età adolescenziale, in cui ci si deve mettere alla prova, dovrebbe subentrare quella della maturità. Anche emotiva. In un mondo ideale, gli adulti dovrebbero amarsi abbastanza da concedersi di amare e ricevere amore. Dovrebbero amarsi abbastanza da concedersi la libertà di amare e di ricevere amore. Invece tanti adulti confondono il bisogno di essere amati con la solitudine, e credono di innamorarsi “liberamente” di qualcuno, mentre invece, con tutta probabilità cercano di trovare un antidoto al vuoto profondo. Capita sovente che si ami qualcuno perché non liberi di amare qualche altro, per convenzione, o per false convinzioni. Succede di confondere l’amore con l’odio, per non soccombere ai sensi di colpa, per ipocrisia o puro istinto di autoconservazione. Succede. Agli esseri umani normali, succede. Rifletterci è il primo, modestissimo passo del lungo percorso che conduce alla libertà di amarsi, almeno un poco.

2 pensieri su “La libertà di amare

  1. Bellissimo articolo questo sulla libertà di amare.Anche per me
    esiste l’Amore e il surrogato del’amore . Esiste l’Amicizia ed il surrogato dell’amiciziia. Mi fermo a questi due sentimenti perchè sono i più importanti per tutta una serie di motivi, ma soprattutto perchè sono i più rari e i più preziosi..
    Amore – Spesso ci si “sforza” o meglio ci si illude d’innamorarsi, giustificando con mille alibi la propria scelta, ma poi se si scava più in profondità con occhi più sereni o con uno sguardo più distaccato,ci si accorge che esso non è un sentimento “libero”; spesso è condizionato da paure: la solitudine, gli anni che passano, il timore crescente di rimanere soli senza l’opportunità di farsi una famiglia, o ,parlo come donna, il timore di non poter più avere l’età per generare; andar via di casa, dalla propria famiglia; non riuscire ad affrontare le spese da solo dunque per un motivo economico ecc..ecc…L’Amore veramente scevro da qualunque condizionamento più o meno consapevole,é molto molto raro, come giustamente Lei afferma sig. Giovanna. Io però ho qualche idea che mi conforta e che si basa anche sulla mia esperienza personale. Io credo che si possa parlare di Amore libero e si possa avere la capacità di amare liberamente, solo quando abbiamo imparato innanzitutto a: VIVERE DA SOLI,vincendo in tal modo la paura della soltudine; a STAR BENE CON NOI STESSI; a VOLERCI BENE e ad AUTOSTIMARCI: se non lo facciamo noi, come possiamo aspettarci che lo facciano gli altri? Solo allora siamo veramente pronti e in grado di amare liberamente un’altra persona, senza vincoli o timori di alcun genere.Vedo spesso amici che avviano una nuova storia mentre ancora non si è del tutto conclusa laprima,giustificandosi:” mi dispiace, ma io non so stare neanche un giorno da solo, mi sentirei troppo male” e così si buttano a capofitto in una nuova storia che puntualmente poi è destinata a finire male anch’essa”. Questo perchè non c’è stata nessuna elaborazione della prima, nessuna presa di coscienza dei propri errori e si finisce per ripeterli o per farli pesare sul compagno/a del momento. Così si continua poi di storia in storia fino a quando si riuscirà a vivere quella più duratura.Nel frattempo ci si è fatti una sbornia di illusioni, delusioni, dolori, sofferenze che per forza di cose alla fine un pò ti costringono a maturare.
    Amicizia- analogo il discorso sul’amicizia. Si dice “chi trova un amico, trova un tesoro (amicizia vera)ma chi trova un tesoro se ne frega dell’amico (surrogato di amicizia).
    Tante sono le “sembianze di Amicizia”.La più moderna accezione di essa quale surrogato è Facebook. Frasi del tipo “chiedere /dare amicizia- avere 4100 amici- parlare con amici in tutto il mondo, concedere negare amicizia in facebook” .Sinceramete è una cosa che trovo alquanto deprimente: un sentimento che viene trattato alla stregua di un oggetto; un pò come quando si sente dire “esportare la democrazia”.Per me sono semplicemente dei non-sense un “usa e getta” o comunque un parlare in modo improprio di sentimenti bellissimi che in questo modo vengono però sviliti e privati del loro valore originario che è fatto innanzitutto di relazioni, di conoscenza fisica, di sguardi, di contatto, di complicità, di sorrisi, di risate, di abbracci, salti di gioia, di lagrime; tute cose che un mezzo come facebook non può farti vivere.. Certo è un ‘opportunità, non si può negare, ma non si può sostituire al vero sentimento.Senza parlare di tutte le implicazioni di rischio che esso comporta.Tutta la moderna tecnologia è senz’altro utile e preziosa da un certo punto di vista, ma è anche alienante e soprattutto favorisce una forte spinta all’auotisolamento e io lo noto specialmente nei ragazzi e nei giovani.Oggigiorno si comunica molto, si è semptre in rete , in contatto virtuale con qualcuno, ma si è anche molto più SOLI e meno comunicativi con le persone che ti circondano. Si tende sempre più a preferire questo genere di contatto alle relazioni vis-a-vis perchè certamente quelle virtuali sono meno impegnative.Ma io sono del parere che siano addirttura deleterie ,dal punto di vista della socializzazione da parte dei giovani e degli adolescenti i quali tendono a rinchiudersi nel loro mondo e finiscono poi per scambiare la realtà virtuale con quella vera. Allora sono guai!

  2. Cara Civetta, grazie per l’apprezzamento. Lei ha giustamente centrato il punto cardine del mio aricolo, anche se apparentemente non lo nomino mai. L’autostima. Chi ha, o impara ad avere un buon rapporto con se stesso, aumenta la propria autostima e la propria libertà individuale. E’ un percorso spesso tormentato e travagliato, io lo so bene per averlo affrontato ed essere tutt’ora in itinere. Studiando per conseguire il diploma in Counseling ad indirizzo in Scienze Sociali prima e poi conseguendo la specializzazione in Psicodinamica applicata, è inevitabile mettersi in totale discussione. Io ne ho guadagnato in autostima, e probabilmente anche in libertà personale. Mi permetto di disquisire sulle trappole che la nostra psiche ci tende ogni giorno perchè ho sperimentato su me stessa il loro potere, affrancandomene lentamente e dolorosamente, proprio come un Linus che vede la propria coperta disfarsi sotto i propri occhi. E’ un percorso che dura anni ed anni. Condivido appieno la Sua posizione verso internet. La mia personale avversione verso i social network nasce dal fatto che già ora si evidenziano i danni sociali dell’abuso che tanti, specialmente giovani, ne fanno. Non appena si paventa il danno sociale di queste false relazioni, scattano le difese di chi vi trova inconsapevolmente sollievo alla solitudine. Tra qualche anno, temo, si evidenzierà appieno il problema. Già oggi da noi il social problem della violenza fine a se stessa è macroscopico, negli Stati Uniti è noto da più tempo. Ma questo è un altro tema da approfondire. Concludo con un nuovo spunto di riflessione, offerto, da Lei in verità. Siamo sicuri che oggi si comunichi davvero tanto? O si è alla perenne ricerca di qualcuno che ci convalidi e ci riconosca? Una relazione umana, di qualunque natura, se soddisfacente, è vita. Ma ai facebookiani, mi passi il neologismo, questo non lo accettano, scambiando la parola amicizia con ben altro. Qualche ora di sano volontariato, quello che ti mette in gioco non protetto da uno schermo o identità sublimate, no. Ci si gioca l’autostima, meglio vedersi riflessi nel computer…
    Un cordiale saluto
    giovanna rezzoagli

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