Giovanni Calvino e gli angeli

 don Marcello Stanzione

Giovanni Calvino (1509-1564) insieme a Lutero, uno dei massimi riformatori protestanti, non aveva alcun dubbio sull’esistenza degli angeli, dati i numerosi riferimenti espliciti presenti nelle Scritture. Considerava poco cristiano interrogarsi sull’aspetto, i ruoli ed il numero degli angeli: tutte caratteristiche destinate a svalutare l’autentico significato degli angeli che rappresentano una testimonianza vivissima della grandezza della creazione. Per Calvino, offrire agli uomini eccessive speculazioni intorno agli angeli, abbassando la loro dimensione su un piano troppo umano, era un modo per perdere di vista la fede ed i misteri della Bibbia.  Il trattato di Calvino sugli angeli si limita a ciò che egli dedusse dalle Sacre Scritture, dicendo che «questo era tutto ciò che Dio voleva farci sapere sugli angeli». Egli cominciò a dar corpo al conservatore credo protestante in maniera più esplicita quando disse di «non parlare, pensare o anche solo desiderare di conoscere cose oscure, o comunque che non ci siano state rivelate dalla Parola di Dio». Nella sezione delle Istituzioni della Religione cristiana sottotitolata Gli angeli come protezione ed aiuto dei credenti scrive: «La Scrittura insiste fortemente nell’insegnarci ciò che maggiormente ci è di consolazione e di rafforzamento per la nostra fede: ci insegna che gli angeli sono dispensatori e amministratori della benevolenza di Dio nei nostri confronti. Per questa ragione la Scrittura ripete più volte che essi vigilano sulla nostra salvezza, prendono le nostre difese, dirigono i nostri passi e si curano che nessun nemico possa farci inciampare». Questo passo è seguito da non meno di una dozzina di citazioni e commenti. Alla domanda «se a ogni singolo credente sia o meno stato assegnato un singolo angelo, non oso dichiararmi», disse, e spiega il suo riserbo. In Matteo 18, 10 Cristo dice che «i bambini sono affidati a dei particolari angeli», ma «questo non ci dice se per ognuno di noi sia così. Se un uomo non è soddisfatto del fatto che esistano intere schiere celesti che si occupano della sua salvezza, non vedo quale beneficio egli possa trarre dal sapere di avere un solo angelo che bada a lui. Inoltre sarebbe un’ingiustizia nei confronti dell’immenso amore che Dio ha per noi, credere che Egli ci abbia dato un solo angelo per aiutarci». Calvino non è neanche sicuro che gli angeli svolgano un ruolo nell’intero processo della creazione, perché visto che Dio può fare tutto quanto da solo, non avrebbe bisogno della loro collaborazione nel governare il mondo, né tanto meno servirebbe a Cristo l’appoggio delle schiere angeliche per compiere la sua opera di salvezza. Calvino rifiuta anche gli elaborati trattati sugli angeli di San Tommaso riguardo alla natura degli angeli e ai loro compiti nell’ambito della creazione, sostenendo che essi non hanno alcuna base scritturale. San Tommaso affermò che «il numero degli angeli è straordinariamente superiore alle cose materiali», ma egli dissentì sostenendo che «queste cose appartengono al mistero, la cui piena rivelazione si avrà nell’Ultimo Giorno». Calvino elaborò anche una tesi su La gerarchia celeste di Dionigi, sui cori e le gerarchie angeliche. La definisce non priva di ingegno, ma, se osservata attentamente, costituita di chiacchiere senza senso. In particolare critica il fatto che l’autore dia l’impressione di aver visto con i propri occhi ciò che descrive. Erasmo e Lutero, già prima di Calvino, avevano discusso se Dionigi fosse o no l’Areopagita incontrato da San Paolo, e l’ormai avanzante movimento protestante usò la scoperta, considerandolo un impostore, per screditare la Chiesa. Calvino sostenne anche che l’evidenza scritturale sull’effettiva esistenza degli angeli, doveva far rifiutare la concessione degli angeli come dei meri simboli. Si oppose alla frequente insorgenza di superstizione, dovuta al culto angelico. Discusse sulle difficoltà che San Paolo dovette affrontare circa i riti agli angeli, che erano un rimasuglio della pratica e della filosofia pagana. «Dite addio, dunque, alla filosofia platonica che cerca di accedere a Dio tramite gli angeli, e ai riti in loro onore, nel cercare di rendere Dio più vicino a noi. Poiché questo è stato ciò che uomini superstiziosi hanno cercato di fare nella nostra religione, dall’inizio ai nostri giorni». Per quanto riguarda gli spiriti del male, le opinione dei riformatori a malapena si differenziano da quelle dei cattolici. Infatti, come spiega Lutero, per quale motivo avremmo ancora bisogno di Cristo come Salvatore se non esistesse il diavolo né la minaccia della dannazione? Egli vedeva la propria vita come una costante guerra contro Satana. Mentre da una parte si batteva contro le forme più diverse di superstizione presenti nella Chiesa, dall’altra non si oppose mai a quella paura persino ossessiva del diavolo e dei demoni che si era diffusa già verso la fine del Medioevo. I teologi protestanti discussero molto sulla corruzione umana e sulla costante presenza di Satana e dei diavoli. Lutero scrisse che «La conoscenza degli angeli è necessaria nella Chiesa. Perciò i ministri di Dio dovrebbero insegnare questo in maniera logica. In primo luogo essi dovrebbero mostrare quali sono le creature spirituali senza corpo. Secondo, quali spiriti sono ritenuti male da Dio, non perché lui li abbia creati così, ma a causa della loro ribellione a Lui e alla loro conseguente caduta; questa contesa cominciò in Cielo e continuerà contro Cristo e la sua Chiesa fino alla fine del mondo. il Diavolo è sempre intorno a noi, che minaccia i nostri passi, per far sì che perdiamo la vita, la speranza e la salvezza. Ma i santi angeli ci difendono da Lui, tanto da renderlo incapace di attuare tutto il male che vorrebbe». Calvino, nelle Istituzioni della Religione cristiana, punta l’attenzione su una «coincisa informazione concernente la natura dei diavoli; essi, al momento della creazione, erano angeli di Dio, ma degenerando hanno rovinato se stessi e sono divenuti strumenti di perdizione». Satana «non può fare nulla contro la volontà ed il consenso di Dio». Satana «prova a fare le cose che egli crede siano più contrarie a Dio», ma «Dio lo trattiene con la briglia della sua potenza», tanto da «permettergli di fare solo cose che sono divinamente concesse».