Gubitosi, perfido genio!
A 18 anni, tanti sembra ne avesse il nostro genio, ‘inventò un’idea’: creare un festival del cinema per ragazzi, ragazzi-giudici. ‘Inventare’ un’idea è doppiamente difficile. Non due, tre volte difficile. Si inventano, di solito, cose concrete, non i sogni. L’invenzione dei sogni è, di per sé, cosa irraggiungibile; solo aspirazioni giovanili vissute nel dramma di una intima, consapevole irrealizzabilità. Svanito il dramma, sfiorisce la pena per un’’invenzione’ perduta.E’ anche vero, però, che i sogni non sempre nascono per morire; benché le linde armonie del loro essere e del loro sentire volino talvolta, spesso, quasi sempre, forse sempre, oltre il confine della terra natìa. Essi s’involano, così, come desiderio prepotente, vincendo il guado ostile; lontano, però, là dove luoghi nuovi tradiscono desideri contrari, abbarbicati alla terra di un’origine mai tradita, nell’eterna amarezza dell’abbandono. Riuscire, infine, ad ‘inventare l’idea’, il ‘sogno’ nella propria terra financo sperduta, ignota al mondo e nel mondo di un profondo Sud, vuol dire ben altro. Vuol dire genio; lucido, freddo, razionale, ‘perfido’ genio; per una ‘perfidia’ che nulla, però, condivide con i suoi deteriori sinonimi. ‘Perfido’ genio traduce in un caparbio, perseverante e per fortuna cocciuto sudista quell’intima volontà di credere e di creare a tutti i costi nei propri luoghi, luoghi dimenticati quaranta anni ieri e ieri stesso reinventati in dono al mondo, ove il sapore della creazione si nutriva tutto al più di una vivacità felicemente mediocre, di un’ironia incolta e riluttante, dalla quale solo il ghiazzerino garantiva una rassicurante difesa; il ghiazzerino della volontà e della tenacia a tutti i costi, contro ogni scettica, ritrosa illusione. Il profeta di tutti e di nessuno, ma di se stesso, irrigava l’idea, tenendosi lontano dai getti violenti di una diffidenza insipida, di quella riluttante volontà di guardare lontano, convincendo e vincendo, con puntuale sofferenza, contro i rigurgiti delle barriere; di tante piccole paure che neutralizzavano il niente, il niente della illusione che tale non era. Necessitava un po’ di perfidia allora, quel pizzico di vincente risolutezza che era distacco da un piccolo mondo antico incapace di guardare lontano, mentre un orizzonte terso si avvicinava all’incontrario, dando corpo alla speranza, nutrimento all’illusione, calore alla realtà. Pungeva il freddo vento invernale, ma non gelava il sogno, non spezzava l’idea, non alimentava il vuoto di un intorno troppo vecchio per capire e sostenere. E quando cieli sfarzosi si aprirono al sogno di un’’estate’ ormai completa, d’improvviso, come sempre o quasi sempre accade, il piccolo mondo e i suoi dintorni compresero: il piccolo mondo antico, il villaggio, la cheta e diffidente gente dei campi votata alla terra fedele che le dava risorse e pace. La mente in fermento del ‘perfido’ genio vinceva, intanto, nonostante tutto, dentro le proprie mura, mentre il tempo e i suoi orizzonti squarciavano alla distanza gli ultimi veli. E fu subito amore. Non è stato facile per questo mecenate di un’arte creata dal nulla trasformarla in ricchezza. Ricchezza di idea, di armonia di pensiero, di volano di sapere: per lui, per tutti, per la sua terra, per le terre straniere. Così come per il cinema, per questa nobile arte che riproduce la vita dell’essere, le sue passioni, l’amore. Ed ora, quaranta anni dopo, anche per Gubitosi (e per i suoi ragazzi), il futuro gli appartiene. Per avere creduto, come E. Roosvelt, nel “futuro che appartiene a coloro che credono nella bellezza dei loro sogni.”Buon ‘compleanno’, dunque, ‘perfido’ e solare genio del nostro Sud!