Vita di Missione: Alfabeto Africano, C come Calcio

Padre Oliviero Ferro

La domenica non è solo il giorno del Signore,ma anche il giorno della partita di calcio. Lo stadio della città accoglie i tifosi. Certo non sono i nostri stadi con le poltroncine, ma, all’entrata, si compera un pezzo di giornale o chi può affitta una sedia, e ci si accomoda sui gradini. Nell’attesa, ci sono i venditori ambulanti. Chi ti propone le arachidi, chi le caramelle, chi dei panini o dei dolci. Naturalmente c’è anche chi comincia a scaldarsi prima del tempo. Aveva già fatto fuori qualche birra nei bar intorno allo stadio. In basso, vicino al campo, le squadre e gli arbitri si stanno vestendo. Di spogliatoi, neanche l’ombra. Finalmente la partita incomincia. Nel frattempo è arrivato il servizio d’ordine. Sarebbe meglio chiamarlo di disordine. I soldati, armati di tutto punto, con scudi trasparenti e manganelli, pronti a mettere in ordine le schiene e le teste dei tifosi più scalmanati. Come in tutti gli stadi del mondo,si fischia, si grida, si danno dei complimenti sia all’arbitro che agli avversari. Quando qualcosa non va, allora si avvicinano minacciosi ai bordi del campo. E’ il momento scelto dal servizio d’ordine per dare sfogo alle proprie capacità. Per fortuna che finisce il primo tempo. I commenti si sprecano sui giocatori e sull’arbitro. Si riprende la partita e il teatro continua. Al gol, tutti saltano in aria, danzano, gridano. C’è sempre una piccola orchestra di tifosi che accompagna la partita. Alla fine si esce dallo stadio, più o meno contenti. Per fortuna non è piovuto, altrimenti avremmo assistito a una partita di pallanuoto. Ma non finisce lì. Nei vari campetti improvvisati della città, i futuri calciatori si esercitano, con o senza scarpe, con un pallone di stracci o di plastica. L’importante è giocare. L’importante è sognare.