Vita di Missione: Alfabeto Africano, M come Mamma

Padre Oliviero Ferro

Hai mai visto le mamme africane? Sono splendide. Quando hanno il bambino in braccio, lo riempiono di tutto il loro amore. Gli danno da mangiare, lo coccolano. Quando devono andare al lavoro, se lo mettono dietro le spalle. Arrivate nel campo, lo depositano ai piedi di un albero e cominciano a zappare. Ogni tanto il figlioletto piange, grida. Lo lasciano cantare come desidera. Poi, lo riprendono in braccio e gli danno il latte. Così rimane tranquillo e pensa alla prossima poppata. Finalmente il lavoro, per oggi, è finito. Se lo rimettono dietro le spalle e in testa portano quello che hanno raccolto. Lui non si lamenta. E’ in buone mani. Arrivate a casa, lo affidano alla figlia più grande che se lo coccola, pensando a quando anche lei ne avrà uno a cui badare. Quando vanno alle feste o in chiesa, allora si mettono a danzare,seguendo il suono del tamburo. E lui, il pargoletto, danza con loro. Insomma insieme al latte,gli fanno bere la musica. E poi li si vede, quando cominciano a camminare, anche loro danzeranno così semplicemente. E’ uno spettacolo unico, vedere un bimbetto che da solo danza. E’ un raggio di sole che si specchia in un lago.  Quando i figli cominciano a crescere, le preoccupazioni crescono insieme. Bisogna pensare a dargli da mangiare, da vestire,pagare la scuola. Insomma tutto quello a cui un bambino ha diritto. Certo che in casa nessuno resta con le mani in mano. Piano piano imparano a prendersi le loro responsabilità. Cominciano a spazzare il cortile, lavare il pavimento, andare a prendere l’acqua alla fontana,fare la spesa al mercato.  I fannulloni non devono esistere. E poi la mamma è sempre la mamma. Raccoglie le confidenze, i sogni, le speranze dei figli. A volte,li difende anche dalla violenza del padre. E’ l’ultima ad andare a dormire e la prima a svegliarsi al mattino. Sembra che non sia mai stanca. Ma se guardi in fondo ai suoi occhi, trovi sempre una domanda silenziosa:”come sarà il futuro dei figli? Vorrei riposarmi, ma non posso”. E’ bello fermarsi con loro, seduti davanti alla porta di casa e parlare di tante cose. Ti fanno ricordare i genitori che hai lasciato in Italia. E poi, ti adottano come loro figlio. Insomma ti trovi a casa tua.