Salerno: finestra sull’Arcivescovo Pierro, fatti poco “Sacerdotali”

Aldo Bianchini

Stare alla finestra a volte ha i suoi pregi, permette di guardare con maggiore attenzione ciò che accade e forse  di poterne cogliere meglio l’anima che muove cose e persone. Da tempo venivo colto da un dubbio, quasi uno scrupolo, e cioè se nonostante il mio unico obbiettivo fosse la ricerca della notizia vera e la lettura di essa, non avessi esagerato nei confronti della Chiesa. In effetti al di là della mia fede religiosa ho sempre scorto nella Chiesa un baluardo saldo contro l’immoralità e un punto di riferimento e di confronto obbligato per tutti. Un po’ cinicamente è anche vero che la risposta alla mia perplessità è giunta sempre dal fare di Mons. Pierro, che probabilmente alla Chiesa stessa ha creato più problemi di quanto ne possa aver procurato io. Ma la certezza che il mio “pungere” fosse ben poca cosa e quasi innocuo me l’ha data Mons. Mario Salerno, che ultimamente ha tenuto banco sulle pagine dei giornali locali. Si è di fatto incartato e incamminato per strade che al di là dell’illusione di un benefico tornaconto si sono ritorte contro di lui. Come ha potuto credere di difendere l’Istituto del Sostentamento del clero salernitano, di cui è presidente, cadendo in una serie di accuse fondate su autoaccuse, e quindi dall’inevitabile effetto boomerang, nei confronti di colleghi che l’hanno preceduto? A dire il vero il tutto mi è parso come una strategia tesa più a confondere il successore di  Mons. Pierro che dovrà decidere anche delle sorti  di Mons. Salerno, in altre parole un mettere le mani avanti. In fondo Mons. Mario Salerno è prigioniero di un evidente “conflitto d’interessi”. Si trova ad essere contemporaneamente al vertice di un istituto che per sua natura gestisce denaro non destinato alla beneficenza bensì a produrre interessi  e ad essere vicario per la carità cioè braccio del vescovo per coordinare le attività caritative e la conseguente elargizione di denaro di beneficenza. Non è un’ipotesi remota quella del rischio che corre il monsignore presidente, di essere colui che difende uno sfrattato dalla casa e ritrovarsi nella stessa persona di colui che determina lo sfratto. Quale scelta di campo opererebbe infatti nel caso un poveraccio non riuscisse a corrispondere all’istituto il corrispettivo per il fitto di una casa del medesimo? Prevarrebbe il ruolo di procacciatore di interessi o di aiuto umanitario? Non vorrei essere nei suoi panni. Tuttavia dal modo caritatevole con cui tratta i preti come lui, un’idea me la sono fatta. Da laico provo profonda tristezza. La stessa tristezza che mi coglie di fronte all’imbarazzante silenzio verbale del capo della curia Mons. Pierro, che nulla opera per porre freno allo squallore delle accuse fratricide tra preti a mezzo stampa e che invece parla pur non proferendo parole, benedicendo un’imponente statua che lo raffigura. Penso a proposito alla reazione di P. Pio quando vide che in vita già lo raffiguravano con dei simulacri! Penso ancora all’idolatria delle immagini, che caratterizzavano la nomenclatura della vecchia Unione Sovietica o del ventennio fascista. Ma il silenzio assordante mi sconcerta, pure se in realtà è caratteristica dell’intero episcopato salernitano dell’arcivescovo, circa le scottanti questioni che lo hanno visto alla ribalta ormai internazionale, considerato che della sua statua, si sono interessati pure noti motori di ricerca di internet. Un fare silenzio che pur con qualche sbavatura è riuscito a trasmettere a qualcuno dei suoi collaboratori come per esempio Mons. Michele Alfano, presidente del tribunale ecclesiastico, che ancora non ha risposto alle domande che gli ho pubblicamente e direttamente posto circa i “miracoli” del suo tribunale e le “intemperanze” del suo cancelliere Lorenzo Grimaldi, sotto processo per diffamazione aggravata. Si direbbe un “reatuccio”, per chi dovrebbe difendere a denti stretti l’onorabilità della dignità umana. Ma come promesso, su questo ritornerò molto presto con un’interessante sorpresa.  Tutto sembra essere posto in secondo piano dal toto vescovi, che in questi giorni ha monopolizzato l’attenzione circa gli eventi che riguardano la Chiesa salernitana. Stento a credere che la lentezza con cui il Vaticano ha deciso la successione di Pierro, sia addebitabile all’essersi fatti cogliere di sorpresa. Non è credibile, alla luce dei tentativi che per anni hanno operato per convincere alle dimissioni Mons. Pierro prima del tempo, e quindi il temporeggiare può avere due sapori. Uno, quello di un autoritario esercizio di potere temporale che vuol dimostrare che nonostante tutto, anche un pesante e gravissimo rinvio a giudizio, loro decidono quando gli pare e piace e noi dobbiamo tenerci ciò che abbiamo, l’altro legato a lotte sempre di potere temporale tra il Vaticano, la conferenza episcopale italiana e il card. Sepe. Tutti vorrebbero un nome a loro gradito, ma la posizione di Sepe appare legata alle vicende altalenanti delle case di “Propaganda Fide” che un tempo presiedeva (anche qui si parla di case vendute e comprate), altro che visita pastorale a Teggiano. Una vicenda che potrebbe spiegare l’indulgenza di Sepe nei confronti di Pierro, tra l’altro legato a un monsignore che compare nelle stesse vicende, il cerimoniere Camaldo. Ma delle vicende poco sacerdotali di Pierro, Sepe e Camaldo, temo che ci ritroveremo a parlarne in futuro e chissà che non saranno chiavi di lettura per molte vicende salernitane e campane. Alla prossima!