Di Pietro: ho imparato molto

Aldo Bianchini

La voce del Procuratore Generale presso il Tribunale di Salerno, Lucio Di Pietro, è stentorea quando dice: “… ho imparato molto dalla relazione del professor Introna”. Oggi è Lui che domina e gestisce i mezzi d’informazione con serenità, professionalità ed anche con estrema padronanza. Qualcuno dice che la storia si ripete. E nel caso di Di Pietro si è ripetuta nel senso che anche quel lontano 17 giugno 1983 era di venerdì quando da pm napoletano fece arrestare il volto di Portobello e della televisione italiana, Enzo Tortora, con l’accusa devastante di “sospetta appartenenza all’associazione camorristica Nuova Camorra Organizzata (NCO). Quasi trent’anni dopo, sempre di venerdì, la scena si è ribaltata ed è lui, Lucio Di Pietro, che governa la situazione dall’alto di un’esperienza giudiziaria di altissimo profilo. Nell’83 fu letteralmente massacrato dai mass-media, probabilmente bisognava difendere ed a tutti i costi Enzo Tortora la cui storia fra qualche anno andrebbe comunque rivista e riletta. L’avesse incontrato allora uno come Introna forse anche la sua storia personale sarebbe stata molto diversa. Oggi, per non sbagliare, legge un documento di quattro pagine per tratteggiare tutti i particolari dell’inchiesta, specialmente dal 17 marzo in poi, cioè dal momento in cui nel sottotetto della chiesa della SS. Trinità di Potenza è stato ritrovato il corpo quasi scheletrito di Elisa Claps.  Spiega anche perché il caso è ancora a Salerno in quanto avocato dalla Procura Generale dopo la scadenza, nell’ottobre 2009, dei termini massimi previsti per le indagini preliminari. Apprendiamo così con certezza che il corpo ritrovato a Potenza è quello di Elisa, che la stessa ha subito un tentativo di violenza carnale e che è stata uccisa con almeno tredici coltellate. Da qui la concordanza degli elementi a carico di Danilo Restivo e l’emissione del mandato europeo di cattura in carcere. Non spiega e non può spiegare altro il Procuratore Generale, tutto il resto è tuttora avvolto dalla cortina fumogena del segreto di indagini tuttora in corso su più fronti investigativi. Non è compito suo derimere i misteri non svelati di questa vicenda, misteri che partono da lontano, dalla presunta parentela della mamma di Restivo con l’ex ministro Emilio Colombo, dalla pochezza delle prime indagini dopo la scomparsa, dal presunto interessamento dei servizi segreti, dall’amicizia del padre di Restivo con il marito della pm Genovese, per arrivare alla rivelazione dell’ex ispettore di polizia che dice di essere stato fermato all’epoca dei fatti, alle indagini condotte dalla pm potentina Felicia Genovese, all’inchiesta portata avanti dai pm salernitani Rosa Volpe e Luigi D’Alessio a carico della collega potentina, all’archiviazione dell’inchiesta sulla Genovese avvenuta nell’agosto 2001 su richiesta dei pm e parere conforme del gip Vito Colucci, fino alla pratica conclusione delle indagini preliminari nell’ottobre 2009. Soltanto ora è chiaro che “i resti di Elisa”, tragicamente parlanti, hanno prodotto un’accelerazione dell’inchiesta ed alla cui accelerazione non si sono sottratti i due pm (Volpe e D’Alessio) che con grande trasparenza, è doveroso dirlo apertamente, hanno indagato con assoluta incisione anche a costo di contraddire il loro stesso lavoro. Solo con il ritrovamento dei resti i due pm hanno potuto individuare l’obiettivo e centrarlo già sapendo che, forse, questa conclusione rimescolerà anche le ombre del passato. E qui il salto di qualità di quest’inchiesta, è qui l’azione brillante, decisa ed incisiva dei due pubblici ministeri e delle forze dell’ordine che li hanno affiancati. Dal 17 marzo 2010 non ci sono stati tempi morti fino all’ 11 maggio quando è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare personale della custodia in carcere nei confronti di Danilo Restivo, richiesta accolta il 22 maggio dal gip Attilio Orio. Come dicevo ora sull’intera vicenda calano le ombre del passato, di un passato non molto specchiato per tutti, magistrati, forze dell’ordine, chiesa cattolica e semplici cittadini che sapevano, sanno e non hanno mai parlato. Molti passaggi non sono ancora chiari, uno su tutti che caratterizza le “stranezze” dell’inchiesta. All’epoca della scomparsa di Elisa a Potenza era capo della procura della repubblica il compianto Gelsomino Cornetta che assegnò il caso alla pm  Genovese. Quando il caso viene trasferito a Salerno per l’inchiesta a carico della Genovese, guarda caso il procuratore capo di Salerno è ancora Gelsomino Cornetta che assegna al caso ai due pm Volpe e D’Alessio che assolvono la collega nel 2001. Stranezza e casualità, quella della continuità di presenza del Capo della Procura da Potenza a Salerno. Probabilmente si, anche se un’ultima riflessione andrebbe fatta sulla domanda che segue: “Perché nel novembre 1993 il procuratore Cornetta scrisse al PG di Potenza per ottenere l’iscrizione di Restivo come sospetto autore di un delitto che all’epoca non era ancora conclamato? E perché lo stesso Procuratore poi ha abbandonato tale ipotesi? La serenità e l’esperienza del procuratore generale Lucio Di Pietro possono, da sole, preludere a risposte concrete. Le indagini, ricordiamolo tutti, sono ancora aperte e dirette anche sulle ombre del passato.