Venerdì Santo meditato dall’ Abbazia Della Scala

Padre Abate Dom Donato Ogliari

 Ascoltando il racconto della Passione, abbiamo seguito Gesù nelle ultime ore della sua vita, soprattutto lo abbiamo visto investito dallimpero delle tenebre, martoriato nel corpo e nella dignità, travolto da un dolore che liniquità delluomo gli aveva procurato. Eppure nel contemplarlo così, Gesù ce lo sentiamo ancora più vicino, non solo perché con la sua passione e morte ha assunto su di sé tutto limmane peso delle nostre colpe, ma anche perché , così facendo, ha dato alle nostre sofferenze umane la dignità del suo patire. In Lui e con Lui ogni nostro dolore, ogni nostra sofferenza, trova un significato  e diventa addirittura veicolo di salvezza. Ma come comprendere e fare nostra questa verità? Il primo passo, indicatoci dallo stesso Gesù, è quello della preghiera. Il racconto della Passione ha esordito col dirci che, uscito dal cenacolo è il luogo dellintimità e dellamicizia con i suoi discepoli. Gesù si è diretto verso lorto degli ulivi. Ci va spinto da una ragione precisa e impellente, come seguendo una strada interiore a lui consueta, quella della preghiera. E che cosa potrebbe fare Gesù alla sera della sua vita se non suggellarla andando dove è sempre andato: ad incontrare il Padre nella preghiera? Fortificato da questo incontro orante, Gesù può ora affrontare e vivere la sua ora è decisiva, lora della verità e dellamore, lora del dono totale di sé. Questora che sintreccia inestricabilmente con lora delle tenebre, di fronte alla quale, però, Gesù non ha paura. Nel suo intimo e orante colloquio col Padre ha compreso che quel calice amaro fa parte del suo disegno damore e che la morte che lattende sulla croce ne sarà la piena manifestazione. Sì, in quella carne appesa al legno della croce cè il mistero della nostra salvezza.La carne di Gesù, quella carne fiorita dalla maternità verginale di Maria, quella carne assunta nel mistero dellinfinito amore di Dio, quella carne già data in cibo e viatico agli uomini nel Cenacolo, la carne dellUomo-Dio, quella carne che merita di essere adorata perché è la carne del Figlio di Dio, eccola [lì, inchiodata sulla croce]! Cè nello strazio del corpo del Signore tutta la storia dei peccati degli uomini; gli uomini che si lasciano guidare dalla carne più che dallo spirito; gli uomini che si lasciano imprigionare dalla materia e che si abbandonano alla perversione di Satana. È tutto lì, nella carne del Signore. Tutto ciò che si doveva rovesciare sulla carne del peccatore si rovescia su di Lui. La carne del peccatore avrebbe raccolto il frutto della salvezza. Proprio perché questa carne straziata di Gesù è una carne innocente, la redenzione matura e la remissione dei peccati si sta compiendo (A. Ballestrero). Sì, sulla croce, dove alla pazzia dellodio si contrappone drammatica e solenne- la forza dellamore che salva, tutto è compiuto. È compiuto, perché la morte di Gesù è la morte di un Vincitore. E dunque, tutto comincia. È finita la vittoria del maligno sulluomo ed è cominciata la vittoria di Dio e del suo amore, il cui cammino inarrestabile attende solamente di ricongiungersi con la manifestazione finale di tale vittoria alla fine dei tempi. In questottica, il Signore chiede anche a noi di portare la nostra croce ogni giorno, di non rifuggirla, ma di trasformarla insieme con Lui in un cammino di redenzione, di amore, di vita.

 In un racconto anonimo, leggiamo: «Un uomo, sempre scontento di sé e degli altri, brontolava con Dio dicendo: Ma dove sta scritto che dobbiamo portare la nostra croce? Possibile che non esista un modo per evitarla? Il buon Dio gli rispose allora con un sogno: In esso quelluomo vide che la vita degli esseri umani sulla terra era una sterminata processione. Ognuno camminava con la sua croce sulle spalle. Lentamente, ma inesorabilmente, un passo dopo laltro. Anche quelluomo era nellinterminabile corteo di quella folla immensa e avanzava a fatica con la sua croce personale. Dopo un po si accorse che la sua croce era troppo lunga: per questo faceva tanta fatica ad avanzare e a rimanere con gli altri. Sarebbe sufficiente accorciarla un po si disse e tribolerei molto meno. Quindi si sedette lungo la strada, e con un taglio deciso accorciò dun bel pezzo quella croce così inutilmente pesante. Quando riprese il cammino, si accorse che ora poteva camminare molto più spedito e leggero, e senza tanta fatica giunse a quella che sembrava essere la meta verso la quale tutti quegli uomini si dirigevano. Era un burrone: una larga ferita nel terreno, oltre la quale si intravedeva la terra della felicità eterna. Era una visione incantevole quella che si intravedeva dallaltra parte del burrone. Siccome, però, non cerano ponti né passerelle per attraversarlo, ognuno si toglieva la propria croce dalle spalle, lappoggiAggiungi un appuntamento per oggiava sui bordi del burrone e, passandoci sopra, giungeva dallaltra parte. Le croci sembravano proprio fatte su misura. Congiungevano esattamente i due margini del precipizio. E tutti passavano, eccetto lui, quelluomo che aveva accorciato la sua croce e che ora essendo troppo corta non poteva essere appoggiAggiungi un appuntamento per oggiata sullaltra parte del precipizio. Allora quelluomo si mise a piangere e a disperarsi, dicendo: Ah, se lavessi saputo!». Se noi siamo qui, oggiAggiungi un appuntamento per oggi, a volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto, è perché sappiamo che, per noi cristiani, quella della croce non è una via facoltativa, bensì la via che Gesù stesso ci ha insegnato a percorrere per poter incontrare il cuore di Dio e raggiungere la felicità eterna. Eppure, quanto ci è difficile accettare questa verità! Vorremmo anche noi, istintivamente, poter fare a meno di quelle croci di cui è disseminato il nostro cammino. Forse, vorremmo anche noi poter accorciare quelle che ci sembrano troppo pesanti. Anche Gesù ha avuto questa tentazione quando, nel Getsemani, ha chiesto al Padre: Padre mio, se è possibile, passi via da me queto calice!(Mt 26,42). Ma si è subito ripreso dicendo: Però non come voglio io, ma come vuoi tu! (Ib.). E allora, se c’è qualche palpito nel nostro cuore che non è in sintonia con l’ amore che ha trionfato sulla croce,deponiamolo ora nel cuore squarciato di Cristo. Sia il suo amore a purificare i nostri cuori, a renderli generosi, a renderli veri. Veri, soprattutto (…) Il Sangue di Cristo è in noi per l’ amore di Dio. Questo amore ci aiuta a capire Dio (…), a capire noi stessi e a capire i nostri fratelli e a capire che tutto il mistero della vita dell’ uomo è una partecipazione continua dell’ amore di Dio e un pellegrinare verso questo amore (A. Ballestrero).Un pellegrinare che, per noi cristiani,  si identifica appunto con la croce che è compresa e vissuta nell’ ottica dell’ amore  fa fiorire l’ autenticità del nostro stesso essere e la verità del nostro stesso vivere. Ci doni il Signore Gesù di entrare, con lo sguardo orante e contemplante, nel cuore di questo mistero! Amen