Riceviamo e pubblichiamo: In ricordo di un prete di paese

La morte di Don Domenico Cruoglio rappresenta per Valva un avvenimento epocale  pari solo al terremoto del 1980. E’ uno di quegli avvenimenti che lasciano un prima e dopo. È avvenuta il 2 di Febbraio dopo una lunga e dolorosa agonia per una malattia incurabile. Ordinato nel 1955 ha svolto il suo apostolato interamente a Valva. E’ stato un prete di paese che ingannava le apparenze, sempre in tonaca nera mai in clergy,  riservato, poco appariscente, si esprimeva quasi sempre in italiano e a volte, quando si trovava in situazioni a lui poco abituali, sembrava che volesse scomparire. Eppure è stato il più grande innovatore della comunità valvese del 1900 e ha investito tutte le sue energie nei giovani. All’inizio ha ereditato un paese che si affacciava al miracolo italiano con mille contraddizioni. A fare due conti risultava, per quanto forse più povera, una comunità molto viva ed operosa: tre frantoi, quattro ciabattini (di quelli in grado di fare le scarpe), due sarti (di quelli in grado di confezionare vestiti), tre negozi di frutta e verdura, due di scarpe, uno di elettrodomestici, due di vestiti, tre bande musicali, uno spaccio di prodotti per l’agricoltura, i bar veri erano tre a cui si aggiungevano almeno altri quattro forniti di bottega, un’edicola, almeno tre falegnami e un negozio di mobili, c’era anche una specie di albergo/pensione e due noleggiatori altro ancora e scuole affollate. L’azienda del marchese aveva diversi mezzadri, un amministratore, un frantoio interno e un’ottima cantina che all’epoca della vendemmia reclutava molte braccia, questo succedeva anche con la raccolta delle olive. Proprio in quegli anni iniziò un lento e continuo declino che solo all’apparenza sembrava ulteriore sviluppo. Una incredibile e imponente emigrazione. Giovani coppie appena sposate che andavano in Germania, per quelle un po’ più attempate andava solo il maschio, all’inizio i giovani non partivano rimanevano in paese a studiare oppure ad apprendere un mestiere. Darmstadt, Rossdorf, Montpellier, Torino, Asti, poi Lugo di Romagna, Bologna, Mestre, Londra e qualcuno in svizzera. Certo che a Pasqua, a Natale e ad Agosto era un gran via vai di macchinoni con il volante di pelliccia, il canino che faceva si e no e il clacson che faceva il verso del toro. Tutti noi conoscevamo le parole baustelle, faust, arbeit, liebe…. e sapevamo contare almeno fino a dieci in francese e tedesco. Le rimesse venivano utilizzate per acquistare la casa e terreni da coltivare oltre che per far studiare i figli. In questa confusione i giovani, i figli di questi emigranti a cui badavano le poche vedove bianche o principalmente i nonni, non erano in balia di se stessi anzi, insieme a quello che era un controllo di tutti erano in qualche modo cresciuti ed educati alla vita da Don Domenico. Lui ha sempre organizzato una specie di circolo aperto ai giovani e senza il ricatto di frequentare la messa. Ping-Pong, di cui era un ottimo giocatore, calcio balilla, proiezioni di film e accesi cineforum.  Chi non  ricorda quando abbuiava la proiezione con la mano nel momento in cui negli spaghetti western l’eroe baciava l’innamorata?  Don Domenico più che uomo di Chiesa è stato un uomo di religione, di etica. Volendo abbinare ricordi personali a Don Domenico allora sono uova sode e polpette che si consumavano alle gite, a Pompei ed ad Edenlandia, all’anno santo di Paolo VI a Roma e anche al quel suo strano modo di reagire quando si trovava in situazioni che lo sorprendevano: un leggero scatto accompagnato da una alzatina della spalla sinistra e l’inarcarsi della sopraciglia destra ripetendo l’ultima parola. Quando mio suocero (uomo del nord) venne a conoscere il paese l’incrociò gli disse “buonasera reverendo” (reverendo termine poco usato) lui fece tutte le sue mosse rispondendo “buonasera, buonasera”. Se aveva da comunicare qualcosa allora lo faceva nelle prediche della domenica. Non è stato mai banale o neutro. L’unica volta che lo ricordo sconvolto fu all’epoca del terremoto quando insieme alla sua gente, accampato in un garage, pregava, pregava e pregava quasi fosse il preludio alla fine del mondo. In quel periodo è stato a fianco della sua comunità, in maniera costante, ha aspettato che le cose in qualche maniera si sistemassero e ho visto che ha riaperto il suo circolino per i giovani sempre frequentatissimo. Cultore della Madonna ha fondato il G.A.M. di cui era animatore. Ottimo grecista e latinista, si racconta che fosse esorcista e che operasse i suoi riti con discrezione. Uomo e sacerdote compassionevole ha visto nascere e morire a poco a poco persone e la sua comunità. Nelle prediche dei funerali era solito tratteggiare il carattere del defunto e ne elogiava, quando era il caso, i pregi altrimenti non diceva niente. E il popolo, raccolto in chiesa per queste occasioni, oramai non è più neutro o spettatore, se condivide le parole del sacerdote partecipa attivamente, e allora fa scattare l’applauso a mò di santo subito o nomination. Oggi Valva è un altro paese, distrutto e ricostruito è anche bello. Oggi chi emigra lo fa per sempre, i giovani appena possono vanno via. Le scuole sono meno affollate a parte qualche bar, più numerosi, e qualche piccolo market, di artigiani ne sono rimasti pochi e così per le botteghe. I mesi del ritorno sono uguali agli altri: è cambiata l’aria! C’è poca armonia e molta divisione e tutto ciò è sproporzionato rispetto alla vitalità e come se all’aumentare della decadenza la gente diventasse più cattiva. Di questo Don Domenico, per quanto non si occupasse di politica, soffriva molto anche se ritrovava forza nei suoi giovani. Però per quanto divisa da piccole beghe Valva si è riunita compatta per rendere omaggio al suo pastore ed ha accompagnato con un applauso fortissimo l’uscita dalla chiesa madre della salma di Don Domenico Cruoglio. Egli  aveva espresso la volontà di essere tumulato nel suo paese ma, i familiari, l’hanno portato a Palomonte nella tomba di famiglia; a nulla sono valse le proteste e le suppliche dei suoi parrocchiani. Oggi Valva è un paese senza nemmeno la salma tumulata del suo prete, ancora più decadente e sempre divisa. Storicamente le vie del paese hanno sempre avuto denominazioni neutre al massimo risorgimentali o unitarie: via del plebiscito, congregazione, roma; piazza castello, della rimembranza, al massimo personaggi storici L.go moncada oppure la piazza intitolata al giovane scienziato valvese Fasano morto per cause poco chiare. Qualche anno fu deciso di intitolare una via ai “martiri delle foibe” per ricordare quell’orrenda vicenda rompendo quella che era la tradizione neutrale della toponomastica locale. A molti parve un gesto facile per apparire, perché ancora oggi molti valvesi, anche giovani, conoscono poco di quell’orrenda vicenda; gesto a mio parere reiterato intitolando la piazza più grande del paese ai martiri di Nassirya. Se è vero come è vero che raccogliamo sempre quello che seminiamo e che per giustificare un fine non si possono utilizzare tutti i mezzi (la guerra non produrrà mai pace) è giunto il momento di mettere a dimora un buon seme dedicando una via a Don Domenico Cruoglio in modo che sia veramente una rinascita comunitaria.

 

2 pensieri su “Riceviamo e pubblichiamo: In ricordo di un prete di paese

  1. Anche io ho tanti ricordi belli di don Domenico. lo ricordo sempre disponibile con tutti e anche se spesso stanco e ammalato non sapeva dire di no a nessuno e si rendeva disponibile a celebrare le messe in più chiese che non avevano il parroco. Ricordo la sua estrema povertà, aveva una tonaca lisa e rattoppata e spendeva tutti i soldi per la chiesa e per i poveri e lui,proveniente da famiglia ricca, viveva come un pezzente…

  2. Con Don Domenico ho trascorso l’estate del 1976 ripetevo latino, mi sorprese che mi chiese di andare da lui a ripetizione già dai primi giorni di Giugno (allora si facevano gli esami a settembre), il risultato fu evidente già trascorsi 15 giorni.
    Mi ha colpito una mattina era più teso del solito, a tal punto che io chiesi se avesse avutio qualche problema di salute, da li a poco si confidò dicendomi che doveva celebrare un funerale di una persona che in vita non era stato proprio un modello da imitare.
    Mi aggiunse che non sapeva cosa dire nell’omelia che si sarebbe celebrata la mattina successiva…
    La curiosità mi spinse il giorno dopo a partecipare al funerale, ricordo che mi fissò con lo sguardo dall’altare…
    Il giorno dopo mi recai come tutte le mattine a casa sua per la lezione di latino… bravo, mi disse con ironia sei venuto al funerale spinto dal desiderio di conoscere cosa avrei detto su quell’uomo.. mi “punì” dandomi una versione in più da tradurre.
    Cosa disse di quell’uomo?
    Si raccomandò al Signore…. implorando il perdono….

    Va da se che la preaprazione in latino fu quasi perfetta, ancora oggi attingo a quel bagaglio che Don Domenico mi offrì senza ricevere in cambio nulla…. ricordo una citazione che amava fare:
    Che cos’è la vita rispetto all’eternità? e l’incresparsi di un’onda nell’immensità di un’oceano…..
    Teodosio

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