Dall'antichità ai tempi moderni: la sacralizzazione del dolore

Maurizio Manzo
Nel premettere che nella maggior parte delle religioni, tra cui la cristiana, alberga un importante nucleo di fautori del modello di partnership a fronte del modello della dominanza; pur tuttavia gli elementi del modello della dominanza, contenuti nelle religioni, sono serviti, e continueranno a servire, come potenti strumenti di condizionamento, al fin di fare accettare a donne ed uomini un’autorità ingiusta e addirittura santificarla, avvalendosi di metodi che Johnson definisce di forte impatto su questioni basilari che riguardano il corpo, il dolore, il piacere. Infatti la differenza iconografica tra le immagini sacre dell’era arcaica (orientate sulla partnership) e molte delle immagini sacre ad oggi conosciute riguarda proprio il corpo, il dolore, il piacere. Se guardiamo le immagini sacre (tenendo presente il modello della dominanza) vediamo che contemplano l’inflizione del dolore, anziché il piacere, sia che si tratti di divinità olimpiche in lotta tra loro, sia di cruente ostilità tra Dee e Dei, sia la crocifissione e il martirio dei Santi. La sacralizzazione del dolore invece che del piacere mostra tutto il suo significato politico, in quanto queste immagini si formano in una società in cui il massimo potere è quello di dominare e di distruggere. In tale tipo di società gli individui siano stati indotti e condizionati ad associare il piacere all’egoismo, all’insensibilità, al predominio, alla sottomissione, e nel caso del piacere sessuale, al sadismo, al masochismo, al fare o farsi male. Nel modello del partenariato l’immagine più importante è il calice che da la vita ed illumina; nel modello della dominanza l’immagine è la spada che minaccia la vita e la distrugge, come nelle rappresentazioni del sacro in cui si vedono immagini sacre raffiguranti il corpo umano trafitto, crocifisso, bruciato, decapitato, visibili nei nostri musei e chiese. Dalla visione partenariale delle relazioni umane la sacralità deriva dal rispetto per la vita nella sua fase attuale, più che considerarla in forma mistica dopo la morte, poi detta sacralità non tende alla scissione tra la vita umana e quella che assurge al divino, senza far distinguo (o senso di inferiorità) di quello che la vita ha di corporeo o carnale. In questa visione partenariale grande importanza assumo gli scritti teleologici di Carol Christ, Matthew Fox, Elisabeth Donson Gray, Carter Heyward; questa spiritualità esprime il nostro bisogno umano di connessione in senso corporeo e il nostro struggimento per l’intimità con ciò che chiamiamo divino.