Vita di Missione: Mama Afrika

 Padre Oliviero Ferro

C’è l’abitudine in Africa che i lavori di casa siano fatti dalle donne. Per un uomo è una vergogna. Ecco cosa è successo un bel giorno. C’era un’incontro di giovani. Il padre missionario dice:”Le ragazze preparano il pranzo.Voi,ragazzi,laverete i piatti. D’accordo?”. I giovani cominciano a protestare. Ma il missionario risponde:”Se non lavate,non mangerete”. Allora,per amore dello stomaco vuoto e anche perché cominciavano a riflettere,hanno lavato i piatti e le pentole,senza vergogna. Nella nostra casa c’era un bel cane grande grosso. Si chiamava Simba(leone). Ci difendeva,faceva parte della nostra famiglia. Ormai non potevamo farne a meno. Di sera,quando i gufi e i pipistrelli volavano intorno alle piante di mango,lui cercava di prenderli. Insomma mi è rimasto nel cuore. Lo sapete che quando lei arriva, è perché nessuno l’ha invitata. Si fa precedere da brividi di freddo  e dal dolore alle ossa. E’ la malaria. Ti fa sudare,dimagrire, ti toglie la voglia di mangiare. Allora,per cacciarla via ci vuole il chinino. E la battaglia si fa dura. Per 3 giorni c’è silenzio,intontimento. Poi piano piano si arriva alla tregua. Lei deve andarsene,ma lascia i segni del suo passaggio. Ti lascia debole e senza forze. E allora quando senti “padiri,uko tayari?(Padre,sei pronto), ti accorgi che i bambini sono venuti a bussare alla tua porta. Con loro andiamo a visitare gli anziani del paese. E’ un momento di gioia per loro e per me. Passando di capanna in capanna,parlando,ascoltando,scoprivo tante cose nuove. E i bambini, con la loro semplicità e furbizia,me lo facevano notare. Persone sole,abbandonate,tristi, ma che ritrovavano il sorriso,vedendo la spensieratezza dei bambini. Erano contenti che il missionario li visitasse con il suo gruppetto di “terremoti”(“watoto wa fujo=bambini che fanno confusione). Tornando a casa con i bambini e chiacchierando con loro,ho imparato a guardare gli altri con occhi più puliti.