Una sentenza a favore della vita

A Salerno il primato di considerare possibile la fivet, genetica pre impianto. La sentenza del giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, rimette di nuovo in campo la discussione sugli aspetti etici della procreazione assistita. Unica in Italia, tale sentenza  pone al centro dell’attenzione giuridica la possibilità di fare un distinguo tra il problema morale che ha fatto nascere svariati dibattiti e la reale necessità di poter concepire un figlio sano, che senza tale tecnica medica non potrebbe mai venire al mondo. In un recente passato le coppie con un membro della famiglia affetto da una malattia ereditaria erano costretti o ad astenersi dall’avere bambini e optare per un’adozione o ad accettare il  rischio o, dopo aver effettuato la diagnosi prenatale, effettuare l’interruzione terapeutica. I dati statistici, infatti, dimostrano che molte coppie a rischio genetico sono costrette ad affrontare ripetute interruzioni di gravidanza prima di poter avere un bambino sano. La PGD, quindi, permette di evitare il ricorso all’aborto terapeutico, un traguardo etico di grande importanza, nonostante i tanti giudizi negativi, da parte una parte di società, verso la vita programmata in laboratorio. Quello che dobbiamo considerare al riguardo è che la vita in laboratorio non è un pericolo, in caso di necessità terapeutica, ma una possibilità in più di mettere al mondo bambini senza patologie che comprometterebbero tutta la loro esistenza.  La scoperta del “codice della Vita” – così si può definire la mappatura del genoma umano e lo studio della funzione dei geni – ha di fatto prodotto la più grande rivoluzione culturale della storia recente dell’uomo. Nel DNA abbiamo trovato l’alfabeto per leggere il libro della biologia sulla Terra e ci troviamo a dover elaborare un nuova etica che tenga conto di un fatto inedito: la biologia umana non differisce molto da quella degli altri esseri viventi, ma l’uomo è l’unico in grado di intervenire su ogni forma di vita, incluso la propri. Dobbiamo pensare agli scienziati come persone che lavorano per ciò che è utile all’uomo e non demonizzare le scoperte che danno una nuova possibilità di salute, ma pensare a leggi che tutelando i principi morali legati alla vita non sbarrino la strada al progresso ed ad un futuro, che possa davvero prevenire mortalità infantili e malattie. Ecco perché credo dobbiamo apprezzare la sentenza e sostenere in tal senso la donazione del cordone ombelicale lasciando che gli studi delle cellule staminali possano salvare sempre più  persone, perché se l’uomo durante il corso della sua storia avesse bloccato le scoperte scientifiche oggi forse non saremmo qui a raccontare lo sviluppo umano.

Lucia de Cristofaro