Mercato San Severino: appuntamento Caritas, per la raccolta alimentare

Anna Maria Noia

Sabato 19 dicembre l’ultimo appuntamento con la raccolta di cibo, la colletta alimentare organizzata per la seconda volta nell’anno (come di consueto) in “casa” Caritas, l’associazione di entusiasti ed energici volontari, la struttura dipendente dalla Caritas diocesana ed  allocata nelle stanze del convento dei frati francescani di Mercato S. Severino, sede della parrocchia di S. Antonio al capoluogo.Abbiamo scritto: “la seconda volta” perché un primo momento cruciale, cogente, “palpabile”, significativo di carità spassionata tuttavia personalizzata, calda, sincera (almeno per i “giovanotti” e le “signorine” – li indichiamo così per affetto – della Caritas sanseverinese) è stato già pienamente vissuto il 28 novembre con la raccolta del banco alimentare Agea – attualmente trasferito da Caserta a Fisciano (presidente: Roberto Tuorto, ciellino che frequenta S. Antonio) per ciò che riguarda il Sud – a livello nazionale, cui pure la solerte associazione sanseverinese ha partecipato con gioia, letizia e non tanta spensieratezza – in quanto tutti i volontari si mettono nei panni degli assistiti ma anche degli altri bisognosi in questa temperie di crisi, economica, sociale e forse molto di più culturale – ma ritrovando ancora una volta la grazia cristiana, francescana del donare, del donarsi e – perché no? – anche per stare qualche ora insieme tra amici (nonostante il freddo) davanti ai supermercati che aderiscono alle due iniziative; mentre per la colletta nazionale i volontari Caritas si sono impegnati “solo” (?) per due supermercati aderenti a richiedere le offerte alimentari a lunga conservazione: latte in busta, olio, pelati, barattoli di legumi, omogeneizzati per bambini, biscotti secchi e quant’altro, (offerti di cuore grazie alla buona disposizione di clienti e dei negozianti che hanno anche gentilmente messo a disposizione cartoni e carrelli), il 19 sono (stati) coinvolti anche altri negozi, sempre alimentari, del Sanseverinese, tra le frazioni e il già citato capoluogo.Nonostante la crisi sia evidente, lo sforzo che i “ragazzi” (chi più, chi meno…) della Caritas testimoniano per gli altri, i soli, i bisognosi, gli sfortunati, i “miseri” (ma non lo siamo forse più noi ricchi e pasciuti?), i nostri “poveri” (?) pensiamo sia per lo meno encomiabile, quanto meno riconoscibile, anche se i giovani appartenenti al sodalizio non operano, non lavorano per darsi una visibilità, una parvenza di ufficialità.Il compito di assistere i “fratelli” che giungono – a volte – dalle più disparate realtà, parrocchiali o meno; da altri comuni della Valle dell’Irno e/o dell’Alto Sarno (vedi Bracigliano) e quindi non soltanto da S. Severino e dalle sue frazioni, è veramente improbo, anche perché gli assistiti sono aumentati: dal 2005 ad adesso, cioè da quando chi vi scrive è parte dell’associazione, da poco più di ottanta il numero di famiglie che ricorrono alle buste alimentari, preparate ogni volta (il giovedì o il venerdì precedenti le date di distribuzione, da due a quattro in un mese) con amore, dedizione e coinvolgimento dai membri Caritas, è diventato di centocinquanta nuclei familiari, pari a circa quattrocento persone: è tantissimo!Ma l’entusiasmo dello stare insieme nel nome di Cristo per i volontari non finisce certo qui: tutti quanti, alcuni legati da amicizie più o meno strette, altri da legami un po’ più “marginali”, si frequentano anche al di fuori della realtà parrocchiale di S. Antonio (retta con dovizia da padre Giuseppe Castronuovo, il parroco; da padre Rocco Ferrara e da padre Tommaso Losenno, umile e simpatico, giovanile guardiano che al momento in cui scriviamo non gode di ottima salute, essendo anche anziano, e per questo gli rivolgiamo gli auguri più sentiti di una immediata guarigione), andando per esempio a mangiare la pizza insieme, ritrovandosi per un compleanno, per un onomastico, una festa o semplicemente per recarsi al cinema o vedere un film a casa di qualcuno.Infatti si è tenuto da poco – in questo mese di dicembre e nei giorni precedenti il Natale – un valido e opportuno ritiro spirituale, presso il convento sanseverinese (per Pasqua e negli anni scorsi era stato scelto quello di Bracigliano), ricco di spunti spirituali, riflessioni, condivisione, gioia, armonia e il bello dello stare insieme, anche tramite un buon pranzo (completo dal primo al dolce, con pasta, pizze rustiche, frittata di maccheroni, parmigiana di zucchine, stuzzichini, patatine e dolce – il tiramisù di Tullio, un esponente Caritas), con portate preparate da ciascun membro della benemerita associazione.In genere, è vero, la gente non spende (o meglio: non dovrebbe) più come prima, in tale congiuntura economica, ma è altrettanto vero che in tutte le due occasioni, sebbene qualcuno rinfacciasse ai volenterosi della Caritas in piedi per ore davanti i magazzini a raccogliere e/o in “sede”, a S. Antonio, a sistemare i pacchi, e/o in giro con l’auto per portare tutti i cartoni dei prodotti racimolati, di essere sempre lì a chiedere roba (non denaro!), tutte le altre persone – la maggioranza – donavano qualche prodotto in più della spesa quotidiana con spirito di sacrificio, volentieri, con gioia e disponibilità, di buon grado.Speriamo sia sempre così, che la gente partecipi in modo “grandioso” anche per le tante altre iniziative Caritas, tra cui ricordiamo “Il fazzoletto di S. Antonio”, la mostra di ricami del Cenacolo e la condivisione della “fresella”, per il 13 giugno, festività del patrono della parrocchia (per l’appunto S. Antonio da Padova); “Le arance della salute”, raccolte dalle piante del chiostro; Babbo Natale (quest’anno venuto il 12 dicembre nel salone dei frati); la Befana (per l’“edizione” 2010: il 9 gennaio); altre iniziative benefiche, quale: “Accendi la carità”, con la vendita di lumini e di mostaccioli per S. Francesco: i lumi, che si possono benissimo adoperare per il mese di novembre, per omaggiare i defunti, sono stati proposti dalla Caritas per porli fuori la finestra in occasione del transito di S. Francesco di Assisi, tra il 3 e il 4 ottobre; i mostaccioli sono invece – è realtà storica – il dolce preferito dal serafico stigmatizzato, che lo volle assaggiare in punto di morte.