Università, via libera alla riforma. Negli atenei più meritocrazia

 Salvatore Ganci

Contratti triennali per i ricercatori. Limite massimo di 8 anni al mandato dei rettori. (Il Rettore Pasquino resisterà ancora?). Aumenti solo ai professori “migliori”. Questo in sintesi è il “riassuntivo” della riforma. Un “pout- pourri” di buone intenzioni che riduce corsi di Laurea inutili, introduce contratti a tempo determinato per i soli Ricercatori (i professori, specie i più “brunettianamente”  fannulloni, continueranno a stare tranquilli) come ben poche cose cambieranno visto che l’Autonomia resta non toccata. Elemento nuovo e misterioso è l’Istituto dell’abilitazione nazionale. Forse è una “riscoperta” della vecchia “Libera Docenza”? E tutti quei poveri diavoli idonei nei concorsi del passato e messi da parte perché non avevano lo sponsor? Non troverebbe giusto annullare la decadenza dell’idoneità per mancata chiamata? Almeno avrebbero in vecchiaia la magra soddisfazione di dire “toh, almeno la libera docenza l’ho meritata”. Così parte la riforma. Ma mi chiedo: rimarrà l’attuale struttura Laurea breve/Laurea Magistrale/Dottorato? Ahi noi … a che servirà il “Dottorato”? a lasciare la possibilità di più docenti “specialistici” per ciascun corso? Pur apprezzando le buone intenzioni, soprattutto di riduzione di spesa per un carrozzone in cui pochi credono, visto che chi può , manda i figli a studiare all’estero e fin qui lo sapevano anche i bambini.  Ma secondo un editoriale su il Secolo XIX di oggi 28 ottobre a firma di Giorgio Bertone (docente genovese di Letteratura Italiana) il fenomeno dello studio all’estero inizia ad interessare già alla fine della scuola media inferiore. Beato chi può … cos’è rimasto credibile in Italia?