La strategia evolutiva vincente

Giovanna Rezzoagli

Nel periodo della prima infanzia ed in quello prepuberale, le azioni comportamentali dei bambini non differiscono sostanzialmente in ragione del sesso di appartenenza. E’ la cultura di appartenenza che impone, spesso molto precocemente, l’adesione a modelli predefiniti. Si inizia con l’occidentale (e relativamente recente) consuetudine di appendere un fiocco rosa o celeste alla porta di casa per annunciare la nascita di una bimba o di un bimbo. Si prosegue con l’abbigliamento e con i giochi, rigorosamente distinti tra “lei” e “lui”. Il consumismo detta le proprie regole e, negli ultimi anni, siamo persino giunti ad acquistare il classico uovo di Pasqua con la sorpresa personalizzata per maschietti o per femminucce. In realtà, la preferenza per bambole ed abitini rosa da parte delle bimbe o per macchinine e costruzioni da parte  dei bimbi, è maggiormente frutto di proiezioni genitoriali e di costume sociale che di inclinazioni infantili. Non è affatto raro trovare maschietti che apprezzano orsacchiotti e pelouches, così come non è infrequente che le femminucce preferiscano i modellini degli escavatori alle bambole con gli abitini provvisti di trine. In sintesi, le differenze tra maschietti e femminucce in epoca infantile sono prevalentemente stigmatizzate dalla società e hanno poca aderenza con la percezione soggettiva che i bimbi posseggono di se stessi. Con l’avvento della pubertà e dell’adolescenza, l’identità sessuale assume connotati più precisi. Sempre più precocemente le ragazze diventano consapevoli del loro ascendente sull’altro sesso, ed imparano ad esercitare l’arte seduttiva in diversi ambiti. I ragazzi generalmente impiegano un poco di tempo in più ad accorgersi della cosiddetta altra metà del cielo. I modelli imperanti nella cultura odierna inneggiano ad una precoce attività sessuale, con frequente disprezzo del corpo femminile, sempre più spesso visto come “mezzo” attraverso il quale ottenere in breve tempo ciò che si desidera. Purtroppo modelli come veline, varie miss, e, temo assai presto, anche “escort”, trasmettono questo messaggio. Ma dal punto di vista antropologico come si colloca questo fenomeno? Si colloca in una strategia di sopravvivenza vecchia come l’essere umano stesso, e come tutti i primati suoi antenati. Da sempre il maschio ha avuto come “scopo” primario la prosecuzione della specie, della propria linea genetica. Da sempre la femmina ha avuto come “scopo” la sopravvivenza dei propri figli, a qualunque costo. Tra i nostri antenati il modello evolutivo rappresentato dalla coppia stabile si è imposto proprio perché “vincente” per la salvaguardia dei piccoli. Indispensabile alla stabilità della coppia la “disponibilità” ad avere rapporti sessuali da parte della femmina anche nel periodo non fertile, proprio per limitare le distrazioni maschili. La femmina ha imparato a gestire la propria attrattiva sessuale nei confronti del maschio, col tempo ha elaborato vere e proprie strategie remotivanti il comportamento maschile. Usando il sesso per ottenere vantaggi. Per le nostre antenate, un vantaggio era dato dall’evitare l’uccisione dei propri piccoli, rendendosi disponibili anche ad avere rapporti con un maschio particolarmente aggressivo. Le epoche si sono evolute e succedute, i contesti anche, ma le strategie remotivanti continuano ad essere applicate, anche inconsciamente. Ancor oggi per l’uomo il sesso è prevalentemente collegato alla dimensione materiale dell’esistenza, e la pubblicità lo sa bene, per la donna attiene indissolubilmente e prevalentemente la sfera emotiva.