L’insegnamento necessario

 Giovanna Rezzoagli

Mentre una buona parte d’Italia chiude occhi, orecchie e coscienza per tuffarsi, in preda alla smania vacanziera, nel “divertimento necessario”, si creano le condizioni ottimali per preparare il terreno o per legiferare limitando o, perlomeno, procrastinando le reazioni della cosiddetta opinione pubblica. Nell’inerzia agostana del 2006 venne dato corso all’indulto che il governo Prodi aveva appena approvato il 31 luglio, le reazioni al provvedimento si susseguirono per mesi ed ancor oggi le critiche non si risparmiano ( Cesare Salvi venerdì mattina a Radiouno esprimeva le  proprie coerenti perplessità sul provvedimento affermando che, forse , sarebbe stato  opportuno limitare l’indulto alle pene detentive non superiori ad un anno anziché ai tre legiferati). Quest’anno la proposta estiva è venuta da Umberto Bossi la scorsa settimana. A Umberto Bossi il Tg1 Rai ha dedicato un breve servizio alle 13,30 di domenica 2 agosto. Il leader della Lega è apparso, forse per la prima volta, dietro una scrivania. La troupe del Tg1 ha registrato poche parole del leader leghista. Nessun annuncio importante, nessuna replica all’avversario di turno, ma la necessità, da parte di Umberto Bossi, di ribadire che loro al dialetto che si studia nelle scuole ci tengono eccome. Punto e basta. Perciò, porteranno avanti la questione in sede parlamentare. E’ assai probabile che questa idea del Ministro leghista sia presto presa in considerazione dal Ministro Mariastella Gemini che sull’argomento ha trovato una immediata sintonia con i promotori leghisti di una norma che propone test di “ingresso” ai docenti che vengono dal Sud e vogliono insegnare nella Padania. “E’ bene che sappiano dove si trovano ed è bene anche che si trovi il modo di darci un taglio a questo flusso di professori dal sud verso il nord, che mette in crisi la scuola italiana perché poi vogliono tornare a casa e l’insegnamento ne risente.”ha affermato il Ministro Gelmini. Il problema politico e le ripercussioni sul sociale sono intuibili facilmente. Ma le domande non si limitano a questi due parametri, per quanto importanti. Come più volte evidenziato a livello europeo, gli studenti italiani sono tra i meno preparati da un punto di vista didattico. Dal punto di vista educativo e sociale non è necessario scomodare le classifiche europee: è sufficiente uscire di casa, a meno di avere la fortuna di vivere lontano da bar, discoteche o strade troppo trafficate di giorno e troppo buie di notte. E’ assolutamente necessario che questi giovani apprendano una grammatica ed una sintassi corretta del dialetto di origine, nonché un eloquio fluente. I Ministri Bossi e Gelmini forse trascurano il fatto che, per imparare bene una “lingua”, occorre conoscerne almeno una di base, altrimenti la traduzione ahimè risentirà di errori sistematici. Come faranno i nostri studenti che in quanto ad italiano zoppicano un poco a tradurre bene il dialetto? Sempre che gli insegnanti siano essi stessi adeguatamente preparati. Dopo la legge, preannunciata da Bossi, la Gelmini istituirà i corsi di laurea abilitanti a questi fondamentali insegnamenti? Sarebbe la logica conseguenza, poiché nel nostro Paese la laurea serve anche solo per respirare, figuriamoci per insegnare. Ma allora, sempre logicamente, dovrebbero essere banditi concorsi per reclutare i nuovi docenti per insegnare nelle nuove Facoltà di Lingua e Letteratura Dialettale. Chissà, forse è la volta buona che anche il figlio di Bossi si sistema: la cattedra di dialetto Padano non gliela negherebbe nessuno. Peccato che tra ironie e satire sin troppo scontate, l’amara realtà è quella di una Italia divisa drammaticamente in due.