Prima di essere individui cittadini di una stessa comunità

  Giuseppe Lembo

Nel mondo della globalizzazione sono cambiate tante cose. Sono cambiati i comportamenti umani; sono cambiate le attese di futuro; sono cambiati i rapporti tra gli uomini e tra le razze ed i popoli della Terra. Per i tanti cambiamenti in atto è necessario saper guardare al mondo nella sua dimensione sempre più globale. È necessario per tutti ed ovunque uscire dagli schemi di un provincialismo nazionale e territoriale che non ci permette di respirare l’aria nuova della Terra, da intendere sempre più come casa comune. Bisogna saper lottare per cercare di unire le tante cose ancora divise e che rappresentano, per egoismi e potere, le tante “diversità del mondo” e le sempre più gravi distanze tra i paesi ricchi ed i paesi poveri, tra chi consuma in eccesso e chi lotta per avere, come di diritto, quella porzione quotidiana di cibo e di acqua che deve garantire, la sopravvivenza anche all’ultimo della Terra. Le distanze umane, sociali e quindi economiche non sono elementi di virtuosità per l’uomo del nostro tempo; sono, piuttosto elementi di divisione che non forniscono la costruzione di un mondo di condiviso, solidale e più umano nell’interesse generale dell’uomo della Terra, di cui spesso, in tanti ne dimenticano la centralità ed il diritto ad esistere. Tanto ancora oggi succede nonostante le buone intenzioni dei trattati di carta che hanno sancito universalmente, oltre al diritto ad esistere, anche il diritto alla dignità, alla legalità, all’istruzione, alla vita libera dal bisogno.Il globale ha finalmente fatto esplodere a livello planetario le tantissime contraddizioni tra gli uomini ed i popoli della Terra, spesso indifferenti ai più; le atrocità delle guerre dimenticate, i bambini soldati, l’infanzia violentata e/o le donne senza diritti, vittime in ambito sociale e familiare delle prepotenze maschili esercitate, nel ruolo di padre-padrone dai propri padri, dai propri fratelli ed ancor più aggressivamente dai propri mariti, sono alcune delle gravi sofferenze umane che anche nel Terzo Millennio ancora causano sofferenze e morte.La globalizzazione non si pone, né si può porre nei confronti del mondo in termini astratti; è concretezza in tutto e per tutto; è consapevolezza di quanto succede nel mondo; fa parte del proprio se, sia in termini di umana conoscenza, sia soprattutto in termini del fare solidale per gli altri e dell’agire per il bene comune che non deve, né può interessare il solo uomo legato a circoscritti ambiti nazionali e/o territoriali, ma l’uomo nella sua dimensione sempre più globale e quindi universale.Il pianeta Terra da questa nuova condizione può uscire rigenerato se i comportamenti umani saranno virtuosi e rispettosi l’uno dell’altro, sia nelle azioni che riguardano la natura che nelle azioni antropiche che riguardano l’uomo. Se dovesse mancare più a lungo o protrarsi sine die questo necessario comportamento virtuoso, allora, dietro l’angolo, ci sarà la catastrofe per tutti; prima di tutto di tipo ambientale, in quanto le sofferenze della natura sono ormai ad un punto limite e senza ritorno; antropica, in quanto l’uso/abuso delle risorse sempre più esauribili, è causa di crescenti egoismi, con conflitti non facilmente sanabili tra chi pretende per sé l’accaparramento di nuove risorse e chi nel mondo non vuole più morire di fame, di sete, di malattie, di degrado e/o di indifferenza umana.Qui sta il punto.Questo è il problema che la globalizzazione, in questo inizio del Terzo Millennio, deve saper affrontare nell’interesse dell’uomo e della dignità umana su tutto il pianeta Terra, un pianeta in grande sofferenza ed al limite del collasso uomo/natura, tale da poter portare alla catastrofe con effetti devastanti per la vita umana e rigeneranti per la natura che si riapproprierebbe di quanto, negli ultimi decenni, l’insipienza umana le ha portato via.Il mondo globale è fortemente squilibrato; per questo occorrono azioni riequilibranti capaci di restituire anche agli “ultimi “ la dignità umana negata ai più.La globalizzazione può essere determinante per riequilibrare le sorti del mondo.È possibile se l’uomo saprà essere interessato al progetto uomo senza confini, divisioni, steccati, ma come atto di amore e di solidarietà verso il proprio simile, purtroppo dimenticato e spesso considerato con atteggiamenti di assoluta inciviltà un rifiuto vivente, non meritevole di alcuna considerazione.La nuova cultura dello stare insieme globale, la comunicazione del vivere costantemente in rete, la forza di un’agorà ideale nella quale tutti sono protagonisti del proprio essere uomini sono, insieme ad altri, i punti di forza, per cambiare le sorti del pianeta e dare a ciascuno uomo la grande ricchezza di una civiltà globale, per effetto della quale è possibile riequilibrare il mondo eliminando la povertà e l’abbandono che colpiscono da sempre gli ultimi della Terra.