Mercato San Severino: comunità San Vincenzo

 

Anna Maria Noia

Una comunità che vive, lotta e spera, insomma che va avanti con irrefrenabile entusiasmo pone al centro dell’attenzione di tutti i suoi entusiasti membri l’unità che la Chiesa, rappresentante le membra di Cristo, da sempre proclama, diffonde, auspica con ardore: è così anche per la piccola ma grande (nell’animo e nella gioia della risposta alla vocazione cristiana che il Signore le richiede continuamente) collettività religiosa di S. Vincenzo, frazione – sempre più popolata – di Mercato S. Severino. Qui, grazie alla proficua azione dei Redentoristi, fondati dal serafico e attivo S. Alfonso Maria dei Liguori nel ‘700 e da tempo immemore attivi e operanti nella cittadina, si stanno attuando varie iniziative per ricollegarsi alla volontà del Padre; tutto grazie alla operosità appunto dei Liguorini: di quelli già trasferiti, come padre Francesco Visciano e il superiore padre Salvatore Brugnano, ma anche (e forse soprattutto) dei “nuovi” vertici della parrocchia, intitolata ai santi Vincenzo, Martino e Bartolomeo ma comunque in S. Vincenzo. Tali “pastori” sono il nuovo superiore e particolarmente il parroco padre Carmine Ascoli. Egli ha sempre cercato di riunire “nuovamente” (dopo le “divisioni” dovute alla dislocazione delle piccole parrocchie tra le varie frazioncine e/o casali intorno a S. Vincenzo, tra cui Carifi, Lombardi, Torello…) l’insieme pastorale costituito da queste minuscole realtà. Ciò si è visto e in gran parte concretizzato durante le appena trascorse festività pasquali, durante le quali la parrocchia è potuta essere unica e salda, veemente di unione cristiana.Infatti, durante la bella e suggestiva celebrazione notturna della “madre di tutte le veglie” il sabato santo ma anche durante l’omelia mattutina di domenica 12, padre Carmine ha ribadito fortemente la sua intenzione di riunificare le piccole parrocchie in una, appunto quella di S. Vincenzo, e non vi devono essere – riguardo tale intenzione sicuramente dettata da motivi di catechesi e pastorali – discordie e/o divisioni campanilistiche tra le frazioni e i casali.Ciò padre Carmine lo ha specificato con forza e ardore. Anche se il convento dei Padri Redentoristi (oltre che a Pagani) sorge a Ciorani, altra popolosa frazione di S. Severino, sui terreni del barone Sarnelli – il cui figlio è il beato Gennaro Maria, seguace ardente e valoroso di S. Alfonso e di S. Gerardo Maiella – il titolo di parrocchia “unica” è a S. Vincenzo.Insomma, ciò è stato specificato durante le SS. Messe di Pasqua, concelebrate da padre Carmine.Nel complesso la cerimonia pasquale notturna è stata attraente e sentita, commossa, partecipata, con grande affluenza di pubblico che assiepava il gazebo appositamente collocato in fondo alla chiesetta di S. Vincenzo, che padre Ascoli ha intenzione di allargare.Importante è il saluto che si deve effettuare e formulare invece della semplice ma abusata parola “Auguri!”.Padre Carmine Ascoli infatti ha sostenuto sull’altare che invece di “Auguri!” si debba dire: “Cristo è risorto!”, a cui rispondere: “E’ veramente risorto, alleluia!”.Novità di Pasqua, nella struttura di S. Vincenzo, è stata la presenza del fonte battesimale recuperato da un angolo della chiesa mentre era lì abbandonato per l’incuria e forse per l’ignoranza di chi ha preceduto i Liguorini nella conduzione della parrocchia. Il fonte, pesantissimo, è tutto in un blocco, di pietra serena di Costa: un particolare materiale delle zone e delle cave sanseverinesi. Ma non solo S. Vincenzo è una collettività in crescita, alacre, religiosamente attiva: anche la parrocchia di S. Antonio al capoluogo di S. Severino (convento francescano) , retta egregiamente da padre Giuseppe Castronuovo – il parroco – ma anche dal guardiano padre Tommaso Losenno, è molto fervida e ricca di fermenti.Così come le sue attività sono sempre all’opera: la Caritas parrocchiale, ad esempio ha potuto vivere – grazie all’impegno di tutti, volontari, simpatizzanti, amici – dei bei giorni di riflessione e spensieratezza. Il primo momento è stato il ritiro per prepararsi alla Pasqua di metà marzo presso il convento di Bracigliano, gentilmente messo a disposizione dai frati locali; il secondo più conviviale il 13 aprile (lunedì in albis) a casa di una giovane volontaria Caritas che parte per la naja a Taranto (Marina Militare).In entrambe le occasioni ci si è divertiti e si è ringraziato il Signore per essere così uniti e solidali tra una chiacchiera e l’altra, mangiando insieme e condividendo questo tempo di grazia che il Signore stesso, nella sua infinita misericordia, ha voluto concedere.A pranzo in tutte e due le giornate si è preparato di tutto e di più: pastiere di maccheroni, pasta, pizze rustiche, cotolette, salame, prosciutto e dolci di tutte le fogge a marzo; una grande quantità e varietà di pizze cotte al forno di campagna nonché torte “speciali” in questi ultimi giorni.