Spiritualità: San Girolamo Emiliani, i Somaschi e gli angeli
San Girolamo Emiliani nacque a Venezia 1486, nobile di estrazione perse nella guerra tra Venezia e la lega di Cambrai, il proprio castello di Castelnuovo di Quero sul Piave. In seguito alla sconfitta i francesi s’impossessarono di tutti i suoi beni e fu sottoposto al carcere duro dal Maresciallo di La Palisse. In prigione Girolamo fece voto alla Madonna di cambiare vita qualora gli fosse concessa la Grazia di ottenere la libertà. Girolamo riuscì a scappare dal carcere e finita la guerra tornò a Venezia per sciogliere il suo voto. Così Gerolamo, figlio di un Senatore della Serenissima e di una discendente dei Dogi, nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso, promise alla Madonna di spendere il resto della sua vita ad aiutare il suo prossimo a vivere meglio. Dopo l’insorgere di una tremenda carestia, cui fece seguito una grave epidemia di peste, si dedicò completamente al servizio dei poveri e alla cura degli ammalati. A contatto con gli appestati, ne contrasse il morbo. Guarito miracolosamente e diede inizio a quella che sarebbe stata la sua missione di vita: la cura di tutti i bisognosi, dagli orfani agli anziani abbandonati alle prostitute. Girolamo curò particolarmente i ragazzi poveri ed abbandonati che vagavano per le calli in cerca di cibo. Per aiutarli fondò il “San Basilio”, il primo orfanotrofio retto con concezioni moderne, nel quale il santo si impegnò non solo a sfamare gli orfani ma anche a dar loro una educazione religiosa e ad insegnare loro un mestiere. Dopo aver ottenuto la miracolosa guarigione dalla peste, su consiglio di san Gaetano da Tiene e del cardinale Carafa – poi diventato Papa Paolo IV- cominciò a girare l’Italia per aprire numerosi orfanotrofi. Riunendo i suoi più fedeli collaboratori una prima volta a Merone fondò la Compagnia dei “Servi dei poveri di Cristo”, due anni più tardi a Somasca, un paesino presso Bergamo, si incontrarono nuovamente per formulare la struttura giuridica della sua opera, e da allora dal nome della città, in cui egli morì l’8 febbraio 1537 vennero fuori gli attuali Chierici Regolari Somaschi. San Girolamo molto devoto agli angeli custodi, affidò la Compagnia sotto la protezione della Vergine, dello Spirito Santo e dell’Arcangelo Raffaele, componendo anche una orazione all’Arcangelo che egli chiamava “la nostra orazione”: “Dolce Padre nostro, Signore Gesù Cristo noi ti preghiamo per la tua infinita bontà di riformare il popolo cristiano a quello stato di santità che fu al tempo dei tuoi apostoli. Ascoltaci o Signore perché benigna è la tua misericordia e nella tua immensa tenerezza volgiti verso di noi. Signore Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, abbi pietà di noi (ripetere per tre volte). Nella via della carità, della pace e della prosperità, mi guidi e mi difenda la potenza del Padre, la sapienza del Figlio e la forza dello Spirito Santo, la gloriosa Vergine Maria, l’angelo Raffaele che era sempre con Tobia sia anche con me in ogni luogo e via”. E’ tradizione antichissima tra i padri Somaschi che nella loro benemerita congregazione si è sempre dato grande impulso, fin dai primi tempi, alla devozione degli angeli custodi. I seguaci di san Girolamo avendo la cura di orfani, sentivano forte il dovere di far sentire a questi bambini che non erano orfani nel senso integrale della parola. Gesù aveva detto: “Non vi lascerò orfani” e Dio e la madonna erano indicati come il loro Padre e la loro Madre. I bambini sentivano il bisogno di un compagno, di un amico invisibile che tangibilmente li assistesse anche nelle necessità materiali. Se proprio non si trovano documenti irrefragabili che la devozione agli angeli sia stata insegnata da san Girolamo, però troviamo che è stata divulgata dai primi religiosi delle congregazione. Il padre Evangelista Dorati, essendo rettore a San Benedetto di Salò, il 25 gennaio 1600 scriveva a Roma al Procuratore informandolo di aver eretto presso l’Accademia di Salò la confraternita degli angeli custodi. La devozione angelica fu favorita dai Somaschi nei loro istituti che sempre istituirono le confraternite dell’Angelo Custode tra i loro educandi. Anche il padre Agostino Tortora fu un altro Somasco che diffuse grandemente l’amore agli angeli santi. Egli soprattutto si valse delle sue frequenti predicazioni alle quali era stato destinato dai suoi superiori nelle più importanti città italiane. La prima compagnia dell’Angelo Custode il p. Tortora la eresse nella chiesa di Santo Spirito a Genova, ed era formata quasi tutta da nobili. Nel 1616 l’associazione contava più di 2000 soci. Le devozioni stabilite dal p. Tortora in onore degli Angeli Custodi erano le seguenti: 1. ogni anno nella vigilia dei Santi Angeli Custodi digiunare e fare qualche elemosina; 2. ogni mese nell’ultima domenica, visitare l’altare dell’Angelo Custode, e farvi celebrare una messa votiva; 3. il martedì di ogni settimana recitare nove Pater ed ave in onore dei nove cori degli Angeli; 4. ogni giorno recitare l’ufficio piccolo dell’Angelo Custode, per chi non poteva, recitare un pater ed un’ave con l’Angele Dei. Dopo Genova il p. Tortora fondò compagnie in onore degli angeli anche nella Cattedrale di Brescia, di Alessandria e di Vicenza, anche una ne fondò nella chiesa parrocchiale di santa Croce di Padova e in varie altre città della Lombardia. Il p. Tortora compose anche un opuscolo in onore degli spiriti celesti, inoltre presentò alla Santa Sede l’ufficio proprio degli angeli custodi nel rituale proprio dei Somaschi. L’approvazione della Santa Sede fece si che quello che prima era stato praticato spontaneamente dai Padri, fosse proclamato come un obbligo generale di tutta la congregazione, cioè di divulgare la devozione angelica sia tra i loro educandi che tra tutti i fedeli cattolici. Infatti i Somaschi dedicarono diversi loro collegi agli angeli custodi.